RICLASSAMENTO CATASTALE STANDARD? ACCERTAMENTI NULLI
Così la Sez. 61 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma (Pres. Michelozzi, Rel. Rosi) con la sentenza, n. 15525/61/15, depositata l’8 luglio u.s., ha statuito a proposito della legittimità di alcuni avvisi di accertamento per riclassamento catastale, emessi dall’Agenzia del Territorio – Ufficio provinciale di Roma, in uno dei numerosi giudizi pendenti avanti la medesima CTP.
Gli accertamenti, adottati nell’ambito della ricognizione, operata dal Comune di Roma, ai sensi dell’art. 1, comma 335, della L. n. 311/04, sono stati ritenuti dal Collegio giudicante nulli per motivazione “totalmente insufficiente, e come tale inidonea, a supportare le ragioni della revisione di classamento, per cui tale richiamata motivazione risulta, nella sostanza, del tutto mancante”.
Peraltro, l’ardimentosa sentenza in commento si è posta in aperta contrapposizione con la differente linea di pensiero di altre sezioni della stessa CTP di Roma (cfr. CTP Roma, Sez. 23, sent. 25319/14) che, almeno sino ad oggi, risultavano essere più a tutela del modus agendi et operandi dell’Agenzia del Territorio.
Per i Giudici tributari, al di là della ripartizione dell’onus probandi – che nel caso di specie è stato supportato da due perizie dei ricorrenti – la mera descrizione delle caratteristiche generali, senza nulla specificare in merito agli immobili oggetto di accertamento, dimostra l’assenza nelle valutazioni dell’Ufficio di “quegli elementi individualizzanti indispensabili a far comprendere le ragioni della rideterminazione effettuata”, limitandosi ad evidenziare la conformità del proprio agire alla sola normativa vigente in materia. Nessuna indicazione sui criteri utilizzati per le stime, né sulle metodologie comparative, né sull’organo tecnico che ha operato a riguardo, ciò in totale spregio al principio di garanzia che tutela la conoscibilità di tali azioni a favore dei contribuenti.
Pertanto, il richiamo generico alla perequazione delle rendite catastali sugli immobili, ricadenti in determinate microzone, non rispetta l’obbligo di motivazione cui il provvedimento di riclassificazione è tenuto, posto “che non si concilia (specie in ipotesi in cui l’Amministrazione intenda modificare le risultanze di un pregresso atto di classamento già definitivo) con una modalità di redazione del tessuto motivazionale del provvedimento in termini tali che esso si risolva in un insieme di espressioni generiche, adattabili a qualsivoglia situazione di fatto e di diritto, mediante le quali l’ufficio sembra far coincidere la motivazione del provvedimento con la fonte normativa che ne consente l’emanazione” (cosi la Corte di Cassazione con sent. n. 4712/15).