DECRETO “CURA ITALIA”: I PROCESSI DECISIONALI A DISTANZA NEGLI ORGANI COLLEGIALI PUBBLICI E NELLE ASSEMBLEE DI SOCIETÀ PRIVATE

L’approfondimento a cura degli Avv.ti Daniele Bracci e Alessio Cicchinelli

Il D.L. n. 18 del 17.3.20 ha introdotto un complesso di norme, riguardanti molteplici ambiti del nostro ordinamento giuridico (dalla sanità alla giustizia, dal lavoro pubblico e privato ai trasporti, dall’istruzione alla materia fiscale) in ossequio alla “straordinaria necessità e urgenza di contenere gli effetti negativi che l’emergenza epidemiologica COVID-19 sta producendo sul tessuto socio-economico nazionale”.

Per quanto d’interesse nel presente contributo, nell’ottica di garantire un minor rischio di contagio e, contemporaneamente, una maggior speditezza dei processi decisionali, il D.L. in commento incoraggia l’utilizzo di modalità telematiche ed a distanza per l’esercizio di attività aventi natura tipicamente collegiale. E ciò, sia nel settore pubblico che in quello privato.

Più precisamente, l’art. 73, D.L. n. 18/20, in tema di “semplificazione in materia di organi collegiali” dispone che “1. Al fine di contrastare e contenere la diffusione del virus COVID-19 e fino alla data di cessazione dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020, i consigli dei comuni, delle province e delle città metropolitane e le giunte comunali, che non abbiano regolamentato modalità di svolgimento delle sedute in videoconferenza, possono riunirsi secondo tali modalità, nel rispetto di criteri di trasparenza e tracciabilità previamente fissati dal presidente del consiglio, ove previsto, o dal sindaco, purché siano individuati sistemi che consentano di identificare con certezza i partecipanti, sia assicurata la regolarità dello svolgimento delle sedute e vengano garantiti lo svolgimento delle funzioni di cui all’articolo 97 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché adeguata pubblicità delle sedute, ove previsto, secondo le modalità individuate da ciascun ente. 2. Per lo stesso tempo previsto dal comma 1, i presidenti degli organi collegiali degli enti pubblici nazionali, anche articolati su base territoriale, nonché degli enti e degli organismi del sistema camerale, possono disporre lo svolgimento delle sedute dei predetti organi in videoconferenza, anche ove tale modalità non sia prevista negli atti regolamentari interni, garantendo comunque la certezza nell’identificazione dei partecipanti e la sicurezza delle comunicazioni”. Specularmente, l’art. 106 dello stesso D.L. dispone che “2. Con l’avviso di convocazione delle assemblee ordinarie o straordinarie le società per azioni, le società in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, e le società cooperative e le mutue assicuratrici possono prevedere, anche in deroga alle diverse disposizioni statutarie, l’espressione del voto in via elettronica o per corrispondenza e l’intervento all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione; le predette società possono altresì prevedere che l’assemblea si svolga, anche esclusivamente, mediante mezzi di telecomunicazione che garantiscano l’identificazione dei partecipanti, la loro partecipazione e l’esercizio del diritto di voto, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 2370, quarto comma, 2479-bis, quarto comma, e 2538, sesto comma, codice civile senza in ogni caso la necessità che si trovino nel medesimo luogo, ove previsti, il presidente, il segretario o il notaio”.

Il combinato disposto delle due norme appena trascritte, dunque, rappresenta un forte impulso a trasformare i tradizionali processi deliberativi e decisionali collegiali attraverso l’utilizzo di strumenti telematici che consentano di prescindere dalla presenza fisica dei singoli componenti in un unico luogo.

Sebbene trovino giustificazione nell’ambito dell’emergenza sanitaria in essere, le disposizioni sopra citate offrono significativi spunti d’interesse, anche nell’ottica di un consolidamento di modalità alternative di svolgimento dei processi deliberativi e decisionali, a prescindere dalla situazione di straordinaria necessità ed urgenza nella quale sono state così fortemente auspicate.

Tale articolato normativo, in primo luogo, ha il pregio di porre nuovamente al centro dell’analisi giuridica un tema, quello del voto e della modalità deliberativa elettronica, che, seppur già attenzionato a livello europeo[1], nell’ordinamento nazionale ha sino ad ora subito una marcata connotazione politica e solo un parziale approfondimento circa la reale possibilità di un radicale ripensamento dei processi deliberativi pubblici e privati; in questo modo, dunque, vi è anche a livello normativo un riconoscimento espresso di come “l’erompere della tecnologia e la sua interazione con la nostra realtà sociale a tutti i livelli, ha offerto – e sempre più sta offrendo – agli ordinamenti democratici nuove modalità e soluzioni di espressione del suffragio a distanza, aprendo, inevitabilmente, verso nuovi scenari[2].

In secondo luogo, il complesso normativo in commento individua alcuni requisiti di base che gli strumenti telematici utilizzati per i processi deliberativi collegiali devono obbligatoriamente osservare. Quanto agli organi collegiali di natura pubblicistica, infatti, tali strumenti devono identificare con certezza i partecipanti ed essere tali da assicurare la regolarità dello svolgimento delle sedute, nel rispetto di criteri di trasparenza e tracciabilità. In modo parzialmente analogo, gli stessi strumenti applicati alle assemblee di società private devono garantire l’identificazione dei partecipanti, la loro partecipazione e l’esercizio del diritto di voto. Che si tratti di organi collegiali pubblici o assemblee di società private, dunque, gli strumenti elettronici utilizzati devono garantire la tracciabilità delle operazioni, attraverso l’identificazione dei singoli componenti partecipanti e, ancor più in generale, la loro effettiva e regolare partecipazione.

In tal senso, allora, un valido supporto tecnologico alla realizzazione di tali finalità potrebbe provenire dalle tecnologie basate sul modello del distributed ledger, tra cui la blockchain, quale sistema di tracciabilità di dati, approvati dal meccanismo di validazione su base algoritmica e non manipolabili per via della immutabilità delle registrazioni effettuate nei blocchi[3], di recente espressamente riconosciuta anche a livello legislativo[4].

In questo modo, le necessità rappresentate dagli artt. 73 e 106 del D.L. n. 18/20 potrebbero spingere con ancor più forza verso l’estensione di applicativi già esistenti su tecnologia DLT per l’identificazione su blockchain dei componenti partecipanti ad un organo collegiale di natura pubblicistica o di un assemblea di società privata, al fine di un ulteriore e definitivo passo verso il trasferimento, su modalità telematica ed a distanza, dei processi decisionali e deliberativi pubblici e privati.

[1] Cfr., a titolo esemplificativo, Commissione di Venezia, Rapporto sulla compatibilità del voto a distanza e il voto elettronico con gli standard del Consiglio d’Europa, 58ma Sessione plenaria, 12-13 marzo 2004, p. 11 e ss., nonché lo studio del Parlamento europeo del 2011 intitolato “E-public, e-participation and e-voting in Europe. Prospects and challenges”.

[2] Cfr. F. Clementi, Proteggere la democrazia rappresentativa tramite il voto elettronico: problemi, esperienze e prospettive (anche nel tempo del coronavirus). Una prima introduzione, del 18.3.20 disponibile su www.federalismi.it.

[3] Sul tema delle prime applicazioni della tecnologia blockchain in materia di governance societaria, cfr. L. Cantisani, L’uso della blockchain per la corporate governance nelle società per azioni, in AA.VV., Blockchain e Smart Contract, Giuffrè Francis Lefebvre, 2019, pagg. 419 e ss.

[4] Cfr. l’art. 8-ter del cd. Decreto Semplificazioni, di cui al D.L. n. 135 del 15.12.18, convertito con L. n. 12 del giorno 11.2.19.

 

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