IMPOSSIBILITÀ SOPRAVVENUTA ALLA PRESTAZIONE NEL CONTRATTO D’APPALTO: PRIMA E DOPO IL DECRETO “CURA ITALIA”
L’approfondimento a cura degli Avv.ti Ugo Altomare e Beatrice Iommi
L’ingresso nel nostro ordinamento del Decreto Legge n. 18 del 17 marzo 2020 costituisce spunto per analizzare le innovazioni in tema di risoluzione contrattuale per impossibilità sopravvenuta alla luce delle nuove misure introdotte per contrastare l’emergenza epidemiologica COVID -19.
Il Decreto Cura Italia contenente “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”, pubblicato in GU Serie Generale n. 70 del 17 marzo 2020, ha infatti introdotto due rilevanti previsioni in tema di appalti pubblici all’interno dell’art. 91.
La norma, rubricata “Disposizioni in materia ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall’attuazione delle misure di contenimento e di anticipazione del prezzo in materia di contratti pubblici” introduce nel nostro ordinamento una serie di deroghe e di modifiche in materia di contratti pubblici, finalizzate a consentire alle stazioni appaltanti di fronteggiare la grave situazione di crisi.
La disposizione, nel primo comma, recita infatti che: “All’articolo 3 del decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, dopo il comma 6, è inserito il seguente: “6-bis. Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.”.
A tal fine è utile ricordare che l’art. 1218 c.c. rubricato “Responsabilità del debitore” prevede che “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo e’ stato determinato da impossibilità’ della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.”
Ed ancora che, l’art. 1223 c.c. in tema di risarcimento del danno, precisi come “Il risarcimento del danno per l’inadempimento o per il ritardo deve comprendere così’ la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta”.
Prima del Decreto Cura Italia dunque l’eventuale ritardo o omesso adempimento da parte dell’impresa appaltatrice poteva determinare la risoluzione del contratto a prestazioni corrispettive a meno che il debitore non fosse riuscito a provare che il ritardo o l’inadempimento derivassero da causa a lui non imputabile.
A tal fine soccorre anche il contenuto dell’art 1672 c.c. in tema di impossibilità sopravvenuta che prevede la risoluzione del contratto di appalto quando la prestazione che ne costituisce oggetto diventa impossibile da eseguire per una causa non imputabile a nessuna delle parti (“Se il contratto si scioglie perché l’esecuzione dell’opera è divenuta impossibile in conseguenza di una causa non imputabile ad alcuna delle parti, il committente deve pagare la parte dell’opera già compiuta, nei limiti in cui è per lui utile, in proporzione del prezzo pattuito per l’opera intera”).
Successivamente all’entrata in vigore del Decreto Cura Italia queste disposizioni vanno lette nel senso che, si potrà sempre invocare l’impossibilità della prestazione, in caso di ritardo o omesso adempimento, per rispetto delle misure da contenimento dell’emergenza epidemiologica COVID- 19.
A mero titolo esemplificativo, la carenza di mascherine protettive, da considerarsi anche in relazione al D.Lgs 81/2008, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, in ambienti in cui non sia possibile mantenere la distanza interpersonale di un metro, potrà essere invocata per scongiurare l’applicazione di eventuali penali.
Appare inoltre interessante richiamare in questa sede quanto stabilito dal MIT nel Protocollo Condiviso di Regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nei cantieri edili, pubblicato in data 19 marzo 2019.
L’ultima parte del Protocollo è infatti dedicata ad una tipizzazione meramente esemplificativa delle ipotesi di esclusione della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali, connesse a ritardi o omessi adempimenti.
Tutte le ipotesi individuate all’interno del documento, che richiama il contenuto dell’art. 91 del DL Cura Italia, individuano dunque delle fattispecie cui consegue in ogni caso la sospensione delle lavorazioni.
A titolo esemplificativo si legge nel n.1) “la lavorazione da eseguire in cantiere impone di lavorare a distanza interpersonale minore di un metro, non sono possibili altre soluzioni organizzative e non sono disponibili, in numero sufficiente, mascherine e altri dispositivi di protezione individuale (guanti, occhiali, tute, cuffie, ecc..) conformi alle disposizioni delle autorità scientifiche e sanitarie (risulta documentato l’avvenuto ordine del materiale di protezione individuale e la sua mancata consegna nei termini)”.
Analogamente il n. 2) guarda all’ipotesi dell’accesso agli spazi comune (ad es. la mensa) che non può essere contingentato con la previsione di una ventilazione continua dei locali o di un tempo ridotto di sosta all’interno di tali locali.
Ed ancora il n. 3) relativo al caso di un lavoratore che si accerti contagiato, prevedendo in questa fattispecie la necessaria sospensione dei lavori con conseguente messa in quarantena di tutti i lavoratori venuti a contatto con il primo, senza possibilità di una riorganizzazione del cantiere e del cronoprogramma delle lavorazioni.
In conclusione, si richiama anche il contenuto del documento redatto dell’ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili) e pubblicato in data 18 marzo 2020 che contiene una serie di valutazioni concernenti le misure di contenimento da COVID-19.
Commentando il contenuto dell’art. 91 DL n.18 del 17 marzo 2020, vengono riconosciute, tra le cause esimenti della responsabilità del debitore, “secondo l’interpretazione consolidata, gli eventi di forza maggiore, o anche le ipotesi riconducibili al c.d. “factum principis”, ossia un atto delle pubbliche autorità che renda oggettivamente impossibile proseguire, anche temporaneamente, la prestazione”.