COLLEGIO CONSULTIVO TECNICO: LE INDICAZIONI DEL CONSIGLIO SUPERIORE DEI LAVORI PUBBLICI E DELLA CONFERENZA DELLE REGIONI

L’approfondimento a cura dell’ Avv. Stefano De Marinis

Due importanti prese di posizione dal significato politico, oltre che operativo si registrano, quasi in contemporanea nello scorso dicembre, per sollecitare l’attivazione da parte delle stazioni appaltanti dei Collegi Consultivi Tecnici (CCT), uno degli strumenti più significativi messi in campo dal Decreto Semplificazioni (n.76/25020) per la ripresa: le linee guida del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici per l’omogenea applicazione dell’istituto; le modalità di individuazione, per parte pubblica, dei titolari degli incarichi ad opera della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome.

Al riguardo, infatti, nonostante la legge avesse disposto precisi obblighi temporali per provvedere, specie per il caso degli appalti di lavori d’importo comunitario in corso al 17 luglio 2020, quasi nulla risultava fatto, cosa che ha determinato soprattutto il Ministero delle Infrastrutture ad un duplice intervento: prima la Circolare 18 novembre 2020, n. 45113, per richiamare le stazioni appaltanti sull’applicazione del decreto in tutte le potenzialità (provvedimento analizzato qui); successivamente l’iniziativa delle linee guida qui in esame.

Peraltro, quale strumento di tempestivo quanto efficace supporto alle decisioni dei RUP destinate a dirimere o prevenire il contenzioso ed ancor più, nell’ottica del D.l. Semplificazioni, a riavviare appalti fermi o a prevenirne il blocco, l’attività del CCT beneficia di una doppia copertura rispetto all’ordinario regime di responsabilità erariale: a quella specifica del comma 3 dell’articolo 6 si aggiunge, infatti, il nuovo regime generale dell’articolo 23, ciò che rende ancor meno giustificata la sua mancata applicazione.

Nel merito, l’intervento ministeriale evidenzia come, a fronte di un onere per la parte fissa dei costi del Collegio di gran lunga inferiore di quello di una commissione di collaudo tecnico-amministrativo in corso d’opera, il ricorso al CCT consente, tra l’altro, di limitare il ricorso alle altre procedure di risoluzione delle controversie sicuramente più onerose per le parti, riducendo gli oneri per consulenze di natura tecnica e legale. 

Circa l’ambito applicativo, le linee guida rendono una lettura ampia della norma, indicando come destinatarie siano tutte le stazioni appaltanti, incluse quelle operanti nei settori speciali e nell’ambito delle concessioni, nel senso che l’obbligo, ovvero la facoltà nel sotto soglia ed in fase pre-gara, di attivare il Collegio riguarda anche gli appalti banditi dai concessionari. Ancora, si legge che la costituzione dei collegi è disposta ogni qualvolta la parte dei lavori supera la soglia comunitaria, il che implica che lo strumento vale anche laddove l’appalto sia di servizi ed abbia al suo interno una componente lavori che, ancorché complessivamente minoritaria, superi in assoluto i 5 milioni e 350.000 euro; sul punto, vi è differenza rispetto alla posizione della Conferenza delle Regioni, che esclude l’applicabilità dell’istituto nei contratti di manutenzione. Secondo le linee guida ministeriali il CCT dovrà essere obbligatoriamente costituito anche nel caso in cui l’importo dei lavori superi la soglia comunitaria a seguito di varianti durante la fase di esecuzione del contratto, indicando di procedere addirittura prima dell’approvazione della variante, al fine di poter disporre dei relativi pareri già nella fase preparatoria dell’atto aggiuntivo al contratto.

Sulle modalità di individuazione dei componenti dei collegi, sia il Ministero che la Conferenza concordano che l’attività da svolgere è comparabile con quella dei servizi d’arbitrato e di conciliazione, con il che la scelta per parte pubblica, laddove si ricorra a soggetti esterni alla stazione appaltante, esula dall’applicazione del Codice dei contratti; ciò salvo il richiamo della Conferenza all’osservanza dell’articolo 4 del Codice ed il suggerimento di dare vita ad elenchi di professionisti di natura aperta, periodicamente aggiornati, previa pubblicazione di appositi avvisi di manifestazione di interesse. 

Specifica attenzione entrambi i documenti pongono al dettaglio, peraltro diverso nei due apporti, dei requisiti soggettivi e di qualificazione professionale da possedere da parte dei potenziali affidatari degli incarichi. Sorprende al riguardo come quanto dalla stessa legge espressamente richiesto circa il necessario possesso di specifica conoscenza di metodi e strumenti elettronici quali quelli di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture (BIM), nelle griglie puntualmente proposte tanto dal Ministero che dalla Conferenza non venga in alcun modo ripreso, né tantomeno declinato. 

Da notare, infine, un ulteriore significativo portato dell’intervento ministeriale, ovvero la costituzione presso il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici di una sorta di banca dati centralizzata, per la verifica dell’osservanza dei limiti numerici di incarico disposti dalla legge per l’assunzione del ruolo di Presidente ovvero di componente del Collegio, mentre discordanza significativa tra le indicazioni Ministeriali e quelle della Conferenza sussiste circa la quantificazione dei relativi appannaggi.

Entrambi i riferiti interventi testimoniano, dunque, il rilievo dello strumento messo in campo dal legislatore, rispetto al quale l’auspicio è che la relativa attuazione anche da parte delle singole stazioni appaltanti possa intervenire in modo efficace, recuperando in qualche modo il tempo perduto nel rispetto delle indicazioni della legge. 

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