LA CORTE DI GIUSTIZIA UE SUL C.D. SELF CLEANING: RICADUTE SULLA NORMATIVA NAZIONALE
Il commento a cura degli Avv. Emilia Piselli e Carmela Benedetta Repaci
Con sentenza del 14 gennaio 2021 (causa C‑387/19), la Corte di Giustizia UE ha fornito una interpretazione dell’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva 2014/24/UE[1] del Parlamento europeo e del Consiglio sugli appalti pubblici.
La questione rimessa alla Corte sorge in seguito al ricorso, promosso da alcuni operatori economici, avverso la loro esclusione da una procedura di gara soggetta alla legge belga.
L’esclusione avveniva per gravi illeciti professionali contestati ad alcuni degli operatori partecipanti i quali con ricorso deducevano che, prima di essere esclusi, avrebbero dovuto avere la possibilità di dimostrare di aver posto rimedio alle conseguenze di tali illeciti attraverso l’istituto del self-cleaning.
Di contro, l’Amministrazione sosteneva che l’operatore interessato dovesse dichiarare spontaneamente le iniziative di ravvedimento operoso adottate, senza attendere alcuna richiesta della P.A.
Nell’affrontare la questione, il giudice del rinvio chiede se, stante l’art. 57, par. 6 della direttiva comunitaria 24/2014 sul c.d. self cleaning, possa uno Stato membro prevedere che l’operatore economico sia tenuto a fornire spontaneamente al momento della presentazione della domanda o offerta la prova del ravvedimento operoso nonostante l’esistenza di un motivo di esclusione facoltativo quando tale obbligo non sia previsto né dalla normativa nazionale né dai documenti di gara.
La ricostruzione operata dalla Corte di Giustizia prima di tutto chiarisce l’ambito di applicazione dell’art 57, paragrafo 6, il quale ha introdotto un meccanismo di ravvedimento operoso (c.d. self-cleaning), attribuendo agli operatori economici che si trovino in una delle situazioni di cui ai precedenti paragrafi 1 e 4 dell’art 57 la possibilità di fornire prova del fatto che, nonostante l’esistenza di un pertinente motivo di esclusione, le misure da essi adottate sono sufficienti a dimostrarne l’affidabilità. Se le prove fornite sono ritenute sufficienti, l’operatore economico in questione non è escluso dalla procedura d’appalto.
A tal fine, l’operatore economico può dimostrare di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato da reato o da illecito, di aver chiarito i fatti e le circostanze in modo globale collaborando attivamente con le autorità investigative e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti.
Specifica la sentenza che, seppur dal tenore letterale dell’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva 2014/24 non si evince in che modo o in quale fase della procedura d’appalto possa essere fornita la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso, deve ritenersi che la possibilità lasciata agli operatori economici di fornire la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso adottati possa essere esercitata su iniziativa di questi ultimi o su iniziativa dell’amministrazione aggiudicatrice, sia al momento della presentazione della domanda di partecipazione o dell’offerta sia in una fase successiva della procedura.
Ricorda poi la Corte che, in forza dell’articolo 57, paragrafo 7, le condizioni di applicazione del c.d. self cleaning devono essere specificate dagli Stati membri, ai quali è rimessa definizione delle modalità attuative della direttiva.
Nella loro discrezionalità, limitata dal rispetto dei principi di parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, diritto di difesa, gli Stati membri possono prevedere che la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso debba essere fornita spontaneamente dall’operatore economico interessato al momento della presentazione della sua domanda di partecipazione o della sua offerta, così come essi possono anche prevedere che tale prova possa essere fornita dopo che detto operatore economico sia stato formalmente invitato a farlo dall’amministrazione aggiudicatrice in una fase successiva della procedura.
Secondo quanto stabilito dalla Corte di Giustizia, alla luce di tale discrezionalità l’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva 2014/24 deve essere interpretato nel senso che, se non espressamente previsto dalla normativa nazionale applicabile né dai documenti di gara, non può ritenersi che l’operatore economico abbia un obbligo di fornire spontaneamente, al momento della presentazione della sua domanda di partecipazione o della sua offerta, la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso.
Un simile obbligo può essere eccepito all’operatore economico solo se previsto in modo chiaro, preciso e univoco nella normativa nazionale applicabile e portato a conoscenza dell’operatore interessato mediante i documenti di gara.
Diversamente opinando, l’obbligo non può ritenersi conforme al principio di proporzionalità.
Questa pronuncia è destinata ad avere ripercussioni anche sulla normativa italiana in materia (art. 80, comma 7, d.lgs n. 50/2016), la quale non chiarisce se l’operatore sia tenuto a fornire spontaneamente prova del ravvedimento operoso ovvero se l’amministrazione sia tenuta ad invitare l’operatore a fornirne la prova ed eventualmente se trattasi di obbligo, da espletarsi in un determinato momento della procedura.
Conseguentemente, trasponendo i principi enunciati dalla Corte di Giustizia all’ordinamento nazionale, si può ragionevolmente ritenere contrastante con la normativa comunitaria una norma della lex specialis che – pur nel silenzio del Codice degli Appalti – preveda l’obbligo per l’operatore di dichiarare spontaneamente le iniziative di c.d. self cleaning. A fortiori, non potrà essere motivo di esclusione la mancata spontanea dichiarazione, da parte dell’operatore economico, dei provvedimenti di ravvedimento operoso adottati per dimostrare la sua affidabilità.
[1] Testo del comma 6, art. 57 Direttiva 2014/24/UE: Un operatore economico che si trovi in una delle situazioni di cui ai paragrafi 1 e 4 può fornire prove del fatto che le misure da lui adottate sono sufficienti a dimostrare la sua affidabilità nonostante l’esistenza di un pertinente motivo di esclusione. Se tali prove sono ritenute sufficienti, l’operatore economico in questione non è escluso dalla procedura d’appalto. A tal fine, l’operatore economico dimostra di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall’illecito, di aver chiarito i fatti e le circostanze in modo globale collaborando attivamente con le autorità investigative e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti. Le misure adottate dagli operatori economici sono valutate considerando la gravità e le particolari circostanze del reato o dell’illecito. Se si ritiene che le misure siano insufficienti, l’operatore economico riceve una motivazione di tale decisione. Un operatore economico escluso con sentenza definitiva dalla partecipazione alle procedure di appalto o di aggiudicazione delle concessioni non è autorizzato ad avvalersi della possibilità prevista a norma del presente paragrafo nel corso del periodo di esclusione derivante da tale sentenza negli Stati membri in cui la sentenza è effettiva.