L’INAMMISSIBILITÀ DELL’AVVALIMENTO SOVRABBONDANTE
Il commento a cura degli Avv.ti Daniele Bracci e Patrizio Giordano
La Sezione V del Consiglio di Stato, con la Sentenza n. 4208 del 1° giugno 2021, ha ribadito l’inammissibilità del c.d. avvalimento sovrabbondante. Quest’ultimo ricorrerebbe quando il ricorso all’istituto disciplinato dall’art. 89 del D.Lgs. n. 50/2016 non sarebbe in realtà necessario ai fini della ammissione dell’impresa la quale possiederebbe in proprio tutti i requisiti per partecipare autonomamente alla gara.
Ebbene, nel caso al vaglio del Collegio, l’operatore economico che aveva presentato la propria offerta era stato escluso poiché il contratto di avvalimento presentato in corso di procedura era nullo per indeterminatezza ed indeterminabilità del suo oggetto.
Il soggetto escluso, tuttavia, aveva dedotto in giudizio l’illegittimità dell’esclusione, sostenendo, in via principale, la validità del contratto di avvalimento e, in subordine, contestando l’operato della commissione di gara che avrebbe dovuto verificare se possedesse, a prescindere dal contratto di avvalimento, i requisiti necessari per partecipare alla procedura i quali, a suo dire, avrebbero potuto ricavarsi dalla relazione tecnica.
Il Consiglio di Stato ha respinto le doglianze del ricorrente escluso, confermando sul punto la sentenza del giudice di prime cure, affermando che la decisione della stazione appaltante fosse in linea con la giurisprudenza in tema di avvalimento c.d. sovrabbondante. In particolare, la sezione ha:
- dapprima dato atto che l’avvalimento sovrabbondante sarebbe ammesso, solo da una parte della giurisprudenza, nell’ipotesi eccezionale in cui “dalla dichiarazione resa in sede di presentazione della domanda di partecipazione risulti che l’impresa abbia in proprio i requisiti di partecipazione, ma abbia scelto e dichiarato di fare ricorso all’istituto dell’avvalimento”;
- salvo poi aderire alla giurisprudenza ancor più rigorosa secondo cui “qualora l’operatore economico abbia inequivocabilmente dichiarato, con dichiarazione resa unitamente alla domanda di partecipazione alla gara, di soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di partecipazione, in tutto o in parte, avvalendosi delle capacità di altri soggetti (producendo altresì tutta la documentazione all’uopo richiesta dall’art. 89 del dlgs. n. 50 del 2016), non possa poi, in corso di procedura e men che meno all’esito di questa, mutare la propria originaria dichiarazione, manifestando l’intenzione di soddisfare in proprio la richiesta relativa al possesso dei requisiti, anche quando risulti dai servizi già dichiarati che il concorrente avrebbe potuto fare a meno dell’avvalimento”, ostandovi i principi di auto-responsabilità del dichiarante e di par condicio dei concorrenti (Cons. Stato, V, 15 gennaio 2020, n. 386), nonché i principi in base ai quali non è l’astratto possesso del requisito ad assumere rilievo in sé, bensì la concreta spendita di questo da parte del concorrente, non passibile di modifiche successivamente alla presentazione delle domande”.
Il Collegio, inoltre, ha ulteriormente specificato che il possesso dei requisiti deve essere dichiarato nella documentazione amministrativa e, dunque, nel caso di specie, non poteva affatto essere ricavato dalla relazione illustrativa dell’offerta tecnica, come avrebbe preteso il ricorrente, in quanto detta relazione “ha tutt’altra finalità e non è idonea a supplire alla mancanza della dichiarazione del possesso dei requisiti in proprio nella documentazione amministrativa”.
In definitiva, il Consiglio di Stato ha confermato l’esclusione dell’operatore economico escludendo che, nell’attuale sistema di selezione degli operatori economici partecipanti alle pubbliche gare, sia configurabile la fattispecie dell’avvalimento c.d. ad abundantiam. A tal fine, difatti, in caso di inadeguatezza o invalidità dell’avvalimento, osterebbero sia il principio di auto-responsabilità dei concorrenti, sia ragioni di par condicio competitorum.