Il Consiglio di Stato offre importanti indicazioni in materia di distanze tra fabbricati ai sensi del D.M. n. 1444/1968, sulle deroghe che possono essere introdotte dalle Regioni in materia di distanze e sulla possibilità di acquisire titoli edilizi per silentium in aree paesaggisticamente vincolate.

 

Il Consiglio di Stato offre importanti indicazioni in materia di distanze tra fabbricati ai sensi del D.M. n. 1444/1968, sulle deroghe che possono essere introdotte dalle Regioni in materia di distanze e sulla possibilità di acquisire titoli edilizi per silentium in aree paesaggisticamente vincolate.

Importanti indicazioni in materia di distanze tra fabbricati

A cura dell’Avv. Giulia Cerrelli

Con la recente sentenza n. 4933 del 17 maggio 2023 il Consiglio di Stato si è pronunciato sulla natura delle disposizioni in tema di distanza tra costruzioni di cui al D.M. n. 1444/1968, nonché sulla possibilità, per il privato, di acquisire un titolo edilizio per silentium, ossia tramite il mancato riscontro dell’istanza con cui si è chiesto al Comune il permesso di costruire. I Giudici di Palazzo Spada hanno anche chiarito a quali condizioni le Regioni possono introdurre deroghe al sistema delle distanze di cui al D.M. n. 1444/1968

 

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Nell’affrontare la questione ad esso sottoposta, il Consiglio di Stato ha anzitutto confermato che, in materia ambientale e paesaggistica, non è possibile usufruire del meccanismo del silenzio-assenso. Ciò in ottemperanza delle prescrizioni di cui all’art. 20 della L. 241/90, che espressamente prevede l’inapplicabilità dell’istituto del silenzio “agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la tutela dal rischio idrogeologico, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità….”.

Conseguentemente, ove sull’area interessata dalla richiesta edilizia insistano vincoli paesaggistici, i titoli potranno essere acquisiti esclusivamente tramite provvedimenti espliciti e, anche in caso di mancato riscontro da parte dell’Amministrazione, il privato non potrà vantare la formazione di un idoneo titolo edilizio, né invocare un legittimo affidamento in proposito. 

Nella sentenza medesima, inoltre, il Giudice d’appello si è pronunciato sulla natura delle disposizioni di cui al richiamato D.M. n. 1444/1968, con particolare riguardo all’art. 9 concernente i limiti di distanza tra i fabbricati. 

Richiamando i propri precedenti, ha ribadito che trattasi di norme imperative a carattere inderogabile in quanto poste a tutela delle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e sicurezza, perciò non suscettibili di essere derogate neppure dalle disposizioni urbanistiche adottate del Comune.

Nel provvedimento si legge: “i limiti fissati nel suddetto decreto integrano il regime delle distanze nelle costruzioni con efficacia precettiva, in quanto perseguono l’interesse pubblico di tutela igienico sanitaria collettiva, e non la tutela del diritto dominicale dei proprietari degli immobili confinanti alla nuova costruzione (regolata e tutelata, invece, dal codice civile).

Ragion per cui, le distanze (10 mt) tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti devono ritenersi inderogabili, come tali vincolanti sia per i comuni in sede di formazione o revisione degli strumenti urbanistici (Cons. di Stato n. 7029/2021), sia per i privati (i confinanti non potrebbero, con patti stipulati tra loro, derogarle)”.

Nella medesima sentenza, però, il Consiglio di Stato si è soffermato anche sulle disposizioni di cui all’art. 2 bis del T.U. edilizia, le quali consentono alle Regioni ed alle province autonome di Trento e di Bolzano di prevedere, con proprie leggi e regolamenti, disposizioni derogatorie al citato decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, finalizzate ad “orientare i comuni nella definizione di limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani consolidati del proprio territorio”.

La disposizione legislativa introduce, quindi, la possibilità – a determinate condizioni – di derogare al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444.

E proprio su questo aspetto si è pronunciato il Consiglio di Stato con la sentenza in commento. Il Giudice d’appello, infatti, ha sottolineato la necessità, ai fini della deroga al DM 1444/68, del previo esercizio della potestà legislativa da parte della Regione, a mezzo di una previsione atta a consentire l’intervento a livello comunale. 

In altri termini, solo qualora la Regione abbia previsto tale possibilità il Comune potrà derogare alle prescrizioni del DM citato.

È da precisarsi che la trasversalità della materia e l’incerta ripartizione delle competenze fra Stato e Regioni, hanno costretto la giurisprudenza ad intervenire più volte in tema di rapporti tra DM. 1444/68 e legge regionale (da ultimo, con l’ord. 1949/2022, il Consiglio di Stato ha investito la Corte costituzionale della questione di costituzionalità afferente al citato art. 2 bis del T.U. Edilizia alla luce degli artt. 3 e 117 Cost., e la Corte, con sentenza del 4 maggio 2023, n. 85, ha dichiarato la questione inammissibile).

In tale assetto, la pronuncia il Consiglio di Stato n. 4933 del 17 maggio 2023 fornisce un importante riferimento interpretativo alle amministrazioni, con particolare riguardo a quelle decentrate, chiarendo non solo la natura delle disposizioni in tema di distanze tra fabbricati ma altresì il rapporto tra esse e le previsioni adottate in sede territoriale.

 

Distanza tra Fabbricati
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