LA TUTELA EUROPEA DELLE VITTIME DI REATO
D. Lgs. 15 dicembre 2015, n. 212
a cura dell’Avv. Mario Antinucci
Pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 5 gennaio 2016, n. 3, il D. Lgs. 15 dicembre 2015, n. 212, finalizzato all’attuazione della direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI.
La novella è senz’altro un’occasione per razionalizzare e dare sistematicità alle numerose disposizioni che, in particolare negli ultimi anni, hanno modificato le prerogative ed i poteri delle persone offese nel contesto processuale; si affronta in dettaglio il delicato tema della prevenzione degli episodi di c.d. vittimizzazione secondaria, efficace espressione con cui – in ambito comunitario e convenzionale – si indicano i rischi di trauma per le persone offese, legati tanto alle possibili minacce ed intimidazioni provenienti dagli accusati, quanto agli incontri diretti tra vittima ed incolpato ed ai possibili pregiudizi psicologici derivanti dalla necessità processuale di evocare i fatti di violenza subiti, assumendo l’ufficio di testimone e sottoponendosi alle domande critiche della controparte processuale, nella dinamica della cross examination[1].
E mentre in ambito comunitario si delinea un vero e proprio statuto della prova dichiarativa del soggetto debole, cambia il concetto giuridico di vittima del reato a seguito delle profonde innovazioni introdotte dalla novella dettata dall’art. 1 rubricato “Modifiche al Codice di procedura penale” che al comma 1 lett. a) prevede che dopo il comma 2 dell’art. 90 C.p.p. sia inserito il seguente disposto normativo: 1) «2-bis. Quando vi e’ incertezza sulla minore eta’ della persona offesa dal reato, il giudice dispone, anche di ufficio, perizia. Se, anche dopo la perizia, permangono dubbi, la minore età e’ presunta, ma soltanto ai fini dell’applicazione delle disposizioni processuali.»; 2) al comma 3, dopo le parole: «prossimi congiunti di essa», sono aggiunte le seguenti: «o da persona alla medesima legata da relazione affettiva e con essa stabilmente convivente».
In questo senso non solo rileva l’ampliamento del concetto di “nucleo familiare” in chiave di apertura alle unioni spirituali non formalizzate, ma soprattutto si estendono al minore vittima di reato le stesse garanzie in vigore per l’imputato minorenne.
Per altro verso, alcune prerogative processuali tradizionalmente riservate a determinate categorie di soggetti e più in generale le garanzie di informazione e partecipazione al processo vengono estese alla vittima di reato che non conosca la lingua italiana (cfr. art. 90 bis, C.p.p.); non può sfuggire all’interprete la lettura in chiave sistematica della novella con la disciplina già modificata, recentemente, in occasione del recepimento della direttiva 2010/64/UE sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali a favore dell’indagato/imputato (cfr. art. 143 C.p.p. come mod. dall’art. 1,1° co., lett. b), del D. L. vo 4 marzo 2014, n. 32).
In prospettiva operativa è significativa l’introduzione dell’art. 90 – ter C.p.p., il quale prevede che alla vittima di un illecito commesso con violenza alla persona, sia immediatamente comunicato il provvedimento di scarcerazione, di cessazione della misura di sicurezza detentiva, di evasione dell’imputato.
L’art 90 – quater C.p.p., poi, definisce un nuovo concetto di particolare vulnerabilità della persona offesa, prevedendo che tale condizione debba essere desunta, oltre che dall’età e dallo stato di infermità o di deficienza psichica della stessa, anche dal tipo di reato, dalle modalità e dalle circostanze del fatto.
Il decreto modifica dunque la disciplina dell’incidente probatorio e della prova testimoniale attraverso modalità protette, disponendo l’applicazione delle specifiche tutele ivi previste in tutti casi in cui si proceda all’esame di una vittima vulnerabile, indipendentemente dal catalogo dei reati presupposti che fino ad oggi ne legittimava l’adozione. Con questa novella, viene dunque recepito l’invito, rivolto agli Stati membri dalla direttiva, ad uniformare i criteri atti a riconoscere lo status di vittima vulnerabile, senza per questo vincolare tale accertamento al meccanico ricorso a presunzioni, connesse a condizioni soggettive o al tipo di illecito oggetto del giudizio, ma valorizzando invece un tipo di valutazione fondata anzitutto sulle caratteristiche della persona e del caso concreto: ai sensi dell’art. 90-quater la condizione di “particolare vulnerabilità” è desunta, oltre che dall’età e dallo stato di infermità o di deficienza psichica, dal tipo di reato, dalle modalità e circostanze del fatto per cui si procede, e si tiene conto se il fatto risulta commesso con violenza alla persona o con odio razziale, se è riconducibile ad ambiti di criminalità organizzata o di terrorismo, anche internazionale, o di tratta degli esseri umani, se si caratterizza per finalità di discriminazione, e se la persona offesa è affettivamente, psicologicamente o economicamente dipendente dall’autore del reato
L’art. 2 della novella specifica le modifiche alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del Codice di procedura penale; in particolare vengono introdotti, l’art. 107 – ter, rubricato come “Assistenza dell’interprete per la proposizione o presentazione di denuncia o querela” e l’art. 108 – ter, “Denunce e querele per reati commessi in altro Stato dell’Unione”.
Il 20 gennaio 2016 è la data di entrata in vigore delle importanti nuove norme destinate ad incidere significativamente sul sistema processuale penale italiano.
[1] Sul punto cfr Ferrante, Brevi riflessioni sulla vittima del reato, in vista del recepimento della direttiva 2012/29/UE, in Cass. pen., fasc. 10, 2015, pag. 3415 b.