ESPORTABILITA’ DEL CONTRATTO DI RETE NEL COMPARTO AGROALIMENTARE
Le reti d’impresa sono forme aggregative disciplinate, prima che in ambito nazionale, dal legislatore comunitario.Le stesse sono considerate positivamente quale strumento aggregativo delle piccole e medie imprese. Peraltro, recentemente, le reti di imprese sono state prese in considerazione anche dal nuovo Regolamento sul sostegno allo sviluppo rurale elaborato del Feasr, il quale ha specificatamente previsto che la costituzione di reti di imprese possa costituire oggetto di cofinanziamento da parte del Feasr. La predetta tensione verso tale nuova forma di aggregazione si coordina con gli obiettivi della politica di sviluppo rurale i quali possono essere realizzati con maggior profitto sostenendo una gamma molto più ampia di forme di cooperazione e di beneficiari, ciò costituirebbe, infatti, un sostegno effettivo per gli operatori delle zone rurali al fine di superare gli svantaggi economici, ambientali e di ogni altro genere derivanti dalla frammentazione.
Organizzare processi di lavoro in comune e condividere impianti e risorse reca con sé il consequenziale beneficio di rendere economicamente redditizia l’attività dei piccoli operatori. Il sostegno alla cooperazione di filiera, sia orizzontale che verticale, nonché ad attività promozionali a raggio locale dovrebbe catalizzare lo sviluppo economicamente razionale delle filiere corte, dei mercati locali e delle catene di distribuzione di prodotti alimentari su scala locale. Nel successivo par. 3 del citato Regolamento viene chiarito che “ il sostegno di cui al paragrafo 1, lett. b), è concesso unicamente a poli e reti di nuova costituzione o che intraprendono una nuova attività ”. L’art. 2, lett. q), del regolamento soccorre poi nella definizione di ciò che costituisce il “ polo ”, da identificare come un “ raggruppamento di imprese indipendenti, comprese “start-up”, piccole, medie e grandi imprese, nonché organismi di consulenza e/o organismi di ricerca, destinati a stimolare l’attività economica/innovativa incoraggiando l’interazione intensiva, l’uso in comune di impianti e lo scambio di conoscenze ed esperienze, nonché contribuendo in maniera efficace al trasferimento di conoscenze, alla messa in rete e alla diffusione delle informazioni tra le imprese che costituiscono il polo ”. Come si vede l’ampiezza della definizione è tale da ricomprendere anche la figura del contratto di rete come strutturato dal legislatore nazionale.
Va ricordato, inoltre, che ai sensi dell’art. 59, par. 4, reg. UE n. 1305/2013, il tasso massimo di partecipazione al cofinanziamento ad opera del Feasr per la misura dell’art. 35 è fissato, in deroga a quanto stabilito in via generale dal par. 3, nella misura dell’80%, aumentabile fino al 90% per le regioni meno sviluppate, quelle ultraperiferiche e per le isole minori dell’Egeo. La formulazione della norma è tale da mantenere distinte le ipotesi aggregative di imprese già diffuse, come quelle delle cooperative, delle organizzazioni dei produttori e delle organizzazioni interprofessionali, che in vario modo danno vita a fenomeni associativi tra una pluralità di imprese nel settore agroalimentare, dai poli e dalle reti di imprese, contemplate, infatti, separatamente, a riprova della intenzione del legislatore dell’UE di considerarle come “ altro ” rispetto a strutture associative e/o societarie già da tempo oggetto di intervento da parte del diritto dell’UE. In ogni caso, va segnalato che la previsione in esame, contenuta nel pacchetto disciplinare della PAC destinata ad operare nel periodo 2014-2020, contribuisce ulteriormente ad alimentare gli elementi di specificità per le reti nel settore agroalimentare, dal momento che solo per queste, purché di nuova costituzione o con riguardo a nuove attività dalle stesse intraprese, è possibile usufruire della specifica agevolazione rappresentata dalla possibile erogazione, nell’ambito delle misure di sviluppo rurale, di un sostegno specifico volto a favorire la stessa costituzione di reti, che va a sommarsi a quelle già previste, in via generale, dalla normativa interna per le reti già costituite.
Sulle spinte centripete della legislazione comunitaria che impone forme di aggregazione sempre nuove nell’ottica di realizzare una PAC efficace, è intervenuto poi il legislatore nazionale, il quale, con L. n.33/2009 ha regolamentato le Reti d’impresa.
Caratteristica del contratto di rete è quella di essere concluso necessariamente tra due o più soggetti che siano tutti imprenditori, indipendentemente dalla loro forma giuridica, per il conseguimento di una pluralità di finalità tra cui figurano anche il mero accrescimento della capacità innovativa e della competitività sul mercato delle imprese che ad essa partecipano. Si tratta, dunque, di uno schema contrattuale volto ad instaurare un rapporto di collaborazione tra due o più imprese. La disciplina interna ha dunque giuridicizzato la Rete che potrà poi strutturarsi con modalità diverse, scegliendo peraltro di acquistare o meno soggettività giuridica. Per un primo inquadramento, va detto che a differenza dei distretti, che pure costituiscono una forma di rete tra più imprese, le reti in senso proprio possono essere concluse tra imprese dislocate anche in località assai diverse, e operare in settori distinti; possono, inoltre, coinvolgere imprese di qualsiasi dimensione. Il contratto di rete è concepito dal legislatore italiano come contratto plurilaterale con comunione di scopo, tale connotazione consente di superare il ricorso ad una necessaria molteplicità di contratti bilaterali tra imprese tra loro collegati ed al tempo stesso, come si vedrà, il contratto di rete può anche non dare vita ad un soggetto terzo rispetto alle imprese stipulanti. Il contenuto del programma di rete è eclettico: le obbligazioni assunte dalle imprese partecipi possono consistere in obblighi di collaborazione in forme e ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle rispettive imprese, oppure anche solo nello scambio di informazioni, o nello scambio di prestazioni industriali, commerciali, tecniche o tecnologiche, per giungere anche al possibile esercizio in comune di una o più attività.
Bisogna dar conto di un’ulteriore modifica, intervenuta a seguito del d.l. 179/2012 (convertito, con modificazioni, in L.221/2012) con cui viene ribadita la possibilità per la Rete di dotarsi di un organo comune e di un fondo comune e le si consente, ai fini dell’acquisto della soggettività giuridica, di richiedere l’iscrizione della Rete nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sua sede. La sussistenza del fondo comune si configura dunque come elemento necessario per la costituzione di una rete dotata di soggettività giuridica c.d. rete-soggetto ma non sufficiente, posto che per godere della soggettività la rete deve essere iscritta nel registro delle imprese e che solo con la detta iscrizione la rete acquista soggettività giuridica. Alla luce soprattutto degli ultimi interventi normativi che hanno interessato il contratto di rete, sembra doversi riconoscere a quest’ultimo la natura di contratto tipico e distinto, dunque, da altri schemi contrattuali esistenti, quali, ad es., i consorzi e le associazioni temporanee di imprese (ATI).
Dato atto della disciplina regolante il contratto di rete in generale, occorre ora verificare se e in che misura la conclusione di un contratto di rete tra imprese agricole, ovvero tra imprese commerciali ed agricole ma avente ad oggetto prodotti agricoli possa usufruire di una disciplina speciale rispetto a quella generale. Nel comparto agroalimentare, allo stato, sono già operanti strumenti aggregativi multiformi rispetto ai quali non sussiste un rischio di commistione con le Reti, ciò per l’evidente diversità di struttura, si vuol far riferimento specificatamente alle Organizzazioni di produttori, le quali dovranno infatti assumere necessariamente una veste societaria, non così per la Rete d’impresa la quale può essere oggetto anche la veste giuridica di un mero Contratto Quadro tra i sottoscrittori i quali si impegnano a perseguire uno scopo comune mediante l’indicazione di generici obiettivi ed attività. Maggiori similarità sussistono tra Reti e Consorzi di tutela di prodotti DOP e IGP anche se in tal caso bisogna dar atto della specifica vocazione funzionalistica della predetta struttura aggregativa, la quale presenta una finalità economica più che giuridica ed un ambito operativo limitato.
Rispetto alle nuove indicazioni fornite dalla L.179/2012 rispetto alla forma imposta al contratto di rete nel settore agricolo, si rileva come lo stesso possa essere sottoscritto con scrittura privata non autenticata sempre che, in favore delle imprese stipulanti, vi sia l’assistenza di una o più organizzazioni professionali agricole dotate di rappresentatività sul territorio nazionale. Tuttavia, rispetto a ciò, giova rilevare come il predetto regime derogatorio sconti, come contropartita, la mancata esatta identificazione del presupposto applicativo della predetta disciplina, non tracciando delle coordinate precise che valgano ad identificare quale attività/soggetto debba dirsi rientrante nel settore agricolo. Ulteriore elemento da segnalare, nel corso di detta, seppur sommaria, analisi della normativa risultante dal d.l. n.179/2012, è indicato dall’art. 36 co. 2 ter, laddove si prevede la possibilità di costituire un fondo di mutualità tra gli aderenti alla rete, il quale partecipa al Fondo mutualistico nazionale per la stabilizzazione dei redditi delle imprese, punto di non poco interesse atteso che il medesimo si compone, non solo dei contributi dei singoli operatori aderenti ma viene ad essere implementato anche da contributi pubblici.
Ulteriore intervento normativo di rilievo si è avuto a seguito del d.l. n. 91/2014, poi convertito in legge 116 /2014 nel quale, all’art. 3 viene riconosciuto alle imprese che producono prodotti agricoli rientranti nell’allegato I del TFUE e alle piccole e medie imprese agroalimentari dedite alla produzione di beni diversi da quelli dell’allegato I che istituiscano nuove reti d’impresa ovvero svolgano nuove attività in una rete già esistente, un credito d’imposta pari al 40% delle spese per nuovi investimenti sostenuti per lo sviluppo di nuovi prodotti, pratiche, processi e tecnologie e per la cooperazione di filiera in ogni caso non superiore a 400.000 euro, nel periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2014 e nei due successivi, il tutto con i limiti di spesa indicati nel comma 5° del medesimo articolo. Il successivo comma 4 bis chiarisce che, in realtà, il menzionato credito di imposta può applicarsi anche alle imprese diverse dalle piccole e medie: in tal caso, la misura di aiuto necessita, tuttavia, della verifica del rispetto deli limiti di cui ai Regolamenti UE n. 1407/2013 e 1408/2013, nonché del reg. UE n. 717/2014, relativi all’applicazione degli artt. 107 e 108 TFUE agli aiuti de minimis. Il predetto intervento del legislatore ha esteso la sua portata anche nell’ambito della legge finanziaria del 2005, in cui al comma 361°.1, è previsto che “ le risorse previste dal comma 354° sono destinate anche al finanziamento agevolato di investimenti in ricerca ed innovazione tecnologica che siano eseguiti da imprese agricole, forestali e agroalimentari che partecipino ad un contratto di rete (…), per le finalità proprie del medesimo contratto di rete ” . In favore di tali imprese il comma 2° dell’art. 6 bis attribuisce anche il diritto di priorità nell’accesso ai finanziamenti previsti dalle misure di sviluppo rurale della programmazione 2014-2020, fatti salvi, tuttavia, i limiti previsti dall’ordinamento europeo.
Da quanto detto traspare la propensione del legislatore per lo strumento aggregativo dato dalle Reti di impresa laddove esse coinvolgano imprese agricole o agroalimentari, disponendo rilevanti benefici fiscali. Tra le misure ricordate quella più significativa riguarda senz’altro il ricordato credito d’imposta.
A margine di dette valutazioni si rileva, tuttavia, come residui un difetto di coordinamento in ordine all’individuazione dei possibili beneficiari delle misure stante il riferimento normativo indeterminato alle “imprese che producono prodotti agricoli, della pesca e dell’acquacoltura di cui all’allegato I del TFUE” rispetto a cui si rileva come nel predetto allegato compaiono prodotti che non possono essere considerati agricoli secondo il diritto interno (si pensi, ad es., alla farina o allo zucchero). Da ciò ne consegue come, la predetta misura del credito d’imposta vada a beneficio anche di coloro che tecnicamente imprese agricole, secondo la normativa nazionale, non sono.