IL CONTRIBUTO DI COSTRUZIONE PER LE OPERE DI MODELLAZIONE DEL SUOLO
a cura di Mauro Miccio, Pierluigi Rufini, Francesco Anastasi
Articolo pubblicato su Edilizia e Territorio del 21 settembre 2016
Consiglio di Stato, Sez. IV, 28 giugno 2016, n. 2915
IL CASO
Il Consiglio di Stato, sezione IV, con sentenza del 28 giugno 2016 n. 2915, si è pronunciato sul ricorso in appello proposto dal Comune di Monterosi nei confronti della società Astrea Tre S.r.l. per la riforma della sentenza T.A.R. Lazio, sezione II bis, n. 9118/2013, nell’ambito di un procedimento concernente l’accertamento della legittimità del contributo di costruzione per le attività di modifica e alterazione del paesaggio derivanti da opere di modellamento di un campo da golf.
La questione sottoposta all’attenzione del Consiglio di Stato concerneva l’accertamento della sussistenza del diritto del Comune di Monterosi a richiedere alla Astrea Tre S.r.l., società esecutrice dei lavori, il versamento del contributo di costruzione per le opere di sistemazione del campo da golf denominato “Terre dei Consoli”.
A parere dell’Amministrazione comunale appellante, la normativa sul contributo di costruzione si applicherebbe ad ogni modifica e/o trasformazione urbanistica del territorio, anche non comportante la realizzazione di manufatti o costruzioni, a dispetto del diverso convincimento del TAR Lazio, sezione II bis, n. 9118/2013, che in sede di prime cure, accogliendo parzialmente la tesi della società, aveva condannato il Comune al ricalcolo del contributo, sulla base del criterio indicato dallo stesso Tribunale, con l’obbligo di restituzione della quota eccedente. Nella motivazione della sentenza il TAR aveva rilevato che alcune opere, qualificabili come “mere opere accessorie” (tees, bunkers, fairways, rough, movimenti di terra), seppur rilevanti sotto il profilo della sottoposizione alla normativa edilizia, non comporterebbero attività di costruzione o edificazione in senso stretto, e pertanto erano da considerarsi esenti dall’applicazione del contributo di costruzione.
Viceversa, per le altre opere (laghi artificiali impermeabilizzati, centrali di pompaggio, stradine, viali, ponti in legno), il TAR non ne esclude il carattere di costruzione, di fatto rimettendo alla valutazione dell’Amministrazione l’applicabilità del contributo, secondo un giudizio di carattere tecnico che tenga conto del criterio individuato dalla sentenza stessa. Secondo il TAR, infatti, l’applicabilità del contributo di costruzione deve essere limitata a quelle attività che comportino la costruzione di opere edilizie in senso stretto, sulla base di una nozione “tradizionale” di edificio, senza aver riguardo a superfici sulle quali nessuna edificazione sia stata fatta.
Dal canto suo, il Comune, rilevava che le attività realizzate avevano comportato l’esecuzione di una serie di opere stabili e permanenti che avevano radicalmente modificato il preesistente stato dei luoghi. Nel caso di specie, oltre alle movimentazioni di terra erano stati edificati ponti, laghi, stradine e viali. Secondo l’amministrazione, per interventi di nuova costruzione, ai sensi dell’art. 3, lett. e), comma 3, D.P.R. n. 380/2001, si devono considerare tutti quelli che comportano “la trasformazione in via permanente di suolo inedificato”: i 141 ettari di terreno agricola erano stati trasformati in un impianto sportivo con la creazione di fossi, impianti di irrigazione, colline, laghi artificiali, determinando una permanente trasformazione dell’area.
A parere dell’amministrazione comunale, queste modificazioni comporterebbero, pertanto, ai sensi dell’articolo 16 e 19, l’obbligo di corresponsione degli oneri concessori, commisurati nel caso di specie al solo costo di costruzione, non ritenendo ammissibile una interpretazione restrittiva dell’obbligo come correlato alla costruzione di edifici generanti volumetria.
La Astrea Tre S.r.l., sul punto invece, rilevava che il contributo di costruzione fosse dovuto solo in caso di attività edificatoria intesa in senso stretto che si fosse concretizzata nella realizzazione di veri e propri fabbricati e/o manufatti. Secondo l’appellante, infatti, si sarebbe trattato di mere opere accessorie che, seppur rilevanti dal punto di vista edilizio, non avrebbero generato cubatura, in quanto la modellazione di un campo da golf non costituirebbe “opera strutturale” assoggettabile al contributo di costruzione di cui all’art. 16 del TU Edilizia.
La tesi della Società appellata poggia il suo fondamento in una sentenza del Consiglio di Stato (Sez. V, 23-06-2003, n. 3714) secondo la quale, la normativa edilizia che disciplina la corresponsione degli oneri concessori, si riferisce solo a edifici, costruzioni o opere edilizie, a nulla rilevando le superfici su cui nessuna edificazione sia stata realizzata.
LA DECISIONE
Il Consiglio di Stato, nel decidere se le opere “di modellamento” dell’area verde possono essere considerate rientranti tra quelle per cui è dovuto il contributo ex art. 16 del TU, pur non essendo propriamente “edilizie, ha ritenuto di adottare una interpretazione evolutiva dell’istituto fondata sul concetto di trasformazione del territorio, riconoscendo che il contributo di costruzione è dovuto anche per opere non strettamente qualificabili come “edificio”, utilizzando come parametro il c.d. “incremento valoriale” (TAR Lombardia, Milano, n. 5452/2007; TAR Veneto n. 449/2006; TAR Trentino-Alto Adige, Bolzano, 278/2000).
Nello stesso senso la giurisprudenza del Consiglio di Stato aveva già precedentemente rilevato che, sebbene il contributo di costruzione fosse correlato all’“attività costruttiva ex se considerata”, l’onere, avendo carattere paratributario, è comunque dovuto in presenza di trasformazione edilizia produttiva di valore, ovvero di vantaggi economici connessi all’utilizzazione, non rientranti nella categoria del reddito agricolo.
Sul punto si era espressa anche la giurisprudenza di legittimità (Cass. pen. n. 48479/2011) ritenendo che per l’attività di sbancamento di un terreno agricolo finalizzata all’esercizio di attività diverse da quelle strettamente “agro-silvo pastorali”, era in ogni caso necessario il rilascio del premesso di costruire, con la conseguente applicazione dei relativi oneri concessori.
Nel solco della giurisprudenza di legittimità, la quarta sezione del Consiglio di Stato ha affermato che l’attività costruttiva, avendo determinato una modificazione e/o alterazione del paesaggio e del territorio, doveva rientrare nel concetto ampio di “trasformazione edilizia”. Peraltro, nel caso di specie, essendo questa trasformazione produttiva di vantaggi economici non pertinenti all’esercizio di un’attività propriamente agricola, doveva essere sottoposta al pagamento del contributo di edificazione.
Il Supremo Consesso amministrativo riconosce al contributo di edificazione un carattere diverso dal semplice “pagamento degli oneri di urbanizzazione”: in questa sentenza, infatti, viene prospettata una visione ben più ampia del contributo di edificazione.
Partendo dalla definizione della disciplina dell’uso del territorio fornita dalla normativa urbanistica, che si ricava dall’art. 80 del D.P.R. 616/1977, il Consiglio di Stato ha affermato che le amministrazioni non possono esimersi dal valutare, ai fini dell’applicazione del contributo, tutte le trasformazioni del territorio senza limitarsi alle mere attività edificatorie.
A parere della quarta sezione del Consiglio di Stato, in conclusione, qualunque alterazione diversa da quella fondiaria dovrà essere esposta al regime concessorio e al pagamento del relativo contributo, onde evitare che la morfologia del suolo e del territorio venga alterata ad libitum.
La pronuncia in questione, quindi, sovverte il parametro indicato dal giudice di prime cure, soffermandosi sulla necessità di avere riguardo a tutte le alterazioni del territorio a prescindere dal fatto che si tratti di opere di opere edificatorie strictu sensu intese.
Questa interpretazione produce una distorsione dell’originario presupposto per l’applicazione del contributo di costruzione. Come stabilito dall’art 16 del TU sull’Edilizia e come chiarito dagli stessi giudici di seconde cure, il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione dell’opera eseguita. Ebbene, mentre la quota relativa al costo di costruzione afferisce alla mera attività costruttiva in sé valutata, intesa quale evento suscettibile di produrre ricchezza connessa all’utilizzazione edificatoria del territorio e alle potenzialità economiche che ne derivano, la quota per gli oneri di urbanizzazione assolve ad una funzione recuperatoria delle spese sostenute dalla collettività comunale in relazione alla trasformazione del territorio assentita al singolo. Nel caso di specie l’attività di modellamento del campo da golf non ha comportato alcun onere di urbanizzazione a carico della collettività, trattandosi di opere che hanno inciso solo sull’assetto paesaggistico dell’area.
Nonostante ciò il Consiglio di Stato ha valutato comunque legittima l’applicazione del contributo di costruzione, anche in carenza di uno dei due presupposti, quello appunto relativo agli oneri di urbanizzazione. Il Collegio ha ritenuto infatti di agganciare il contributo di costruzione solo ed esclusivamente al parametro del costo di costruzione (escludendo quindi gli oneri di urbanizzazione), essendo in presenza di una trasformazione edilizia che, indipendentemente dall’esecuzione fisica di opere, si è rivelata produttiva di vantaggi economici ad essa connessi. In questo modo, quindi, si apre all’applicazione del contributo di costruzione a tutte quelle attività che configurano il presupposto della modificazione del territorio diversa da quella meramente fondiaria.
Introducendo la possibilità di applicare il contributo di costruzione con riferimento al solo parametro del costo di costruzioni, il Consiglio di Stato ha significativamente innovato la materia, aprendo a una interpretazione il cui confine è difficilmente tracciabile.
Se da un lato questa interpretazione rischia di dare il via ad una stagione di interventi esattivi delle Amministrazioni Comunali volti al recupero del contributo di costruzione per tutti gli interventi di alterazione dei territori che non presentino carattere agricolo, si deve ritenere che il Consiglio di Stato abbia voluto, nel caso di specie, dare rilievo al carattere particolarmente invasivo dell’intervento sul territorio, astenendosi tuttavia dall’emettere un principio di diritto applicabile tout cour e propendendo invece per una valutazione che tenesse conto, caso per caso, della reale portata dell’azione edificatoria.