APPALTI, LA MANOVRINA HA RESTITUITO ALL’ANAC POTERI ADEGUATI E NON ECCESSIVI

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Articolo pubblicato su Milano Finanza del 4 luglio 2017

La legge n. 96/2017 (c.d. manovrina) dedicata alla materia finanziaria, ha risolto il vulnus segnalato dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) in merito ai poteri che le erano stati attribuiti con il D.Lgs n. 50/2016 all’articolo 211 del Codice dei contratti pubblici. In altre parole, la modifica restituisce a Cantone parte di quei poteri che erano stati tolti all’Autorità col “decreto correttivo” (D.Lgs. n. 56/2017).

La centralità attribuita all’ANAC, ben scolpita nel sistema disegnato dal codice, è tra l’altro proprio nell’articolo 211 del D.Lgs n. 50/2016 che regola e definisce il ruolo e il potere dell’Autorità Nazionale Anticorruzione di intervento nei confronti delle P.A.

Come è noto, l’art. 211, nel disciplinare i cd. pareri di precontenzioso, prevede la possibilità che l’ANAC si pronunci su questioni che possono insorgere durante lo svolgimento delle procedure di gara. L’Autorità si attiva sempre su richiesta di parte ed esprime parere entro 30 giorni dalla ricezione della richiesta. Il parere è vincolante, nel senso che obbliga le parti che vi abbiano preventivamente acconsentito ad attenersi a quanto in esso stabilito.

Molteplici sono le problematiche cui da spazio l’istituto in parola. In primo luogo, quelle legate alla necessità di coniugare il parere di precontenzioso con i termini processuali che, anche in precedenza di richieste all’ANAC, non subiscono alcuna interruzione. Inoltre, rilevano le situazioni in cui esistano ulteriori parti (ad es. i contro interessati) che, pur non avendo avanzato la richiesta all’ANAC, sono comunque toccati dal parere espresso.

Il secondo comma, dello stesso articolo, poi, prendeva in esame i poteri diretti di ANAC (in assenza cioè, di istanza di parte), qualora la procedura fosse ritenuta viziata. Con raccomandazione l’ANAC poteva inviare la stazione appaltante ad agire in autotutela entro 60 giorni, rimuovendo gli atti ritenuti illegittimi e, in caso di mancato adeguamento alle raccomandazioni, irrorava al funzionario responsabile una sanzione amministrativa pecuniaria tra 250 e 25.000 euro.

Molteplici ed autorevoli erano state le critiche sul punto e sul ruolo stesso dell’ANAC che assorbe in sé funzioni di natura eterogenea; amministrazione attiva, consultiva e addirittura con poteri sanzionatori. Il correttivo D.Lgs 56/2017 è così intervenuto abrogando l’intero secondo comma dell’art. 211, decisione che ha sollevato molte polemiche.

Il Governo, ragionando in un’ottica di prevenzione alla corruzione e di apertura del mercato degli appalti, ha quindi deciso di rimodulare la misura, riformulandola con l’art. 52-ter (D.L. n. 50 manovrina) Legge 21 giugno 2017 n. 96. Sono stati, così, reintrodotti in capo all’ANAC quei poteri di intervento previsto anche dalle direttive europee 23 -24- 25.

In particolare, la nuova disposizione (che è la prima modifica del correttivo D.Lgs. 56/2017 e che interviene a distanza di pochissimo tempo dalla sua entrata in vigore) legittima, in base alla nuova disposizione, ad agire in giudizio per l’impugnazione dei bandi, degli altri atti generali e dei provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, emessi da qualsiasi stazione appaltante, qualora ritenga che essi violino le norme in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.

In ciò fissando i momenti procedurali per l’esercizio di tale potere il comma 1-ter dell’art. 211, dispone che “se l’ANAC ritiene che una stazione appaltante abbia adottato un provvedimento viziato da gravi violazioni del presente codice, emette, entro sessanta giorni dalla notizia della violazione, un parere motivato nel quale indica specificamente i vizi di legittimità riscontrati. Il parere è trasmesso alla stazione appaltante; se la stazione appaltante non vi si conforma entro il termine assegnato dall’ANAC, comunque non superiore a sessanta giorni dalla trasmissione, l’ANAC può presentare ricorso, entro i successivi trenta giorni, innanzi al giudice amministrativo. Si applica l’articolo 120 del codice del processo amministrativo di cui all’allegato 1 annesso al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104”.

Tale potere di impugnativa che può leggersi come un depotenziamento dell’ANAC non si pone quale novità, per il nostro ordinamento. Infatti, un potere simile veniva già attribuito all’ Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) ai sensi dell’art. 21 bis della l. n. 287/1990.

Peraltro è di tutta evidenza come il potere di controllo dell’ANAC sugli atti illegittimi delle stazioni appaltanti a seguito di iniziativa diretta da parte della stessa Autorità, sancisce ulteriormente la subordinazione dell’ANAC al giudice amministrativo. Il parere motivato, non trova diretta operatività nell’ordinamento, ma richiede, in caso di inerzia della stazione appaltante, impugnativa avanti al giudice amministrativo dell’atto.

I poteri che erano stati tolti con l’abrogazione del previgente comma 2, abrogato dal “decreto correttivo” vengono, pertanto, solo parzialmente, reinseriti: viene eliminato il potere sanzionatorio, dell’ANAC rispetto al quale, peraltro, erano state anche sollevate problematiche di contabilità generale, nel caso in cui l’ANAC avesse dovuto rifondere una sanzione cassata dal giudice amministrativo al funzionario colpito dall’ANAC per la procedura utilizzata.

 

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