IL NUOVO PARERE DELL’ANTITRUST SULL’AGGIORNAMENTO DELLE LINEE GUIDA ANAC SULLE CAUSE DI ESCLUSIONE DALLA GARA
Con parere AS1474/2018, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, facendo seguito al precedente parere AS1426/2017, ha formulato alcune osservazioni sul controverso aggiornamento delle Linee Guida n. 6 dell’ANAC, di attuazione del D.Lgs. n. 50/2016, recanti «Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possono considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice».
L’aggiornamento in parola suscita, da alcune settimane, un vivo dibattito tra professionisti ed operatori economici, soprattutto con riguardo alla rilevanza attribuita dall’ANAC alle sentenze penali di condanna non definitive, sulla base delle quali l’impresa può essere legittimamente esclusa da una procedura ad evidenza pubblica.
Con il parere in esame, invece, l’AGCM interviene sulla rilevanza attribuita ai provvedimenti di condanna di propria competenza, nella dichiarata ottica di «contribuire a creare un contesto di maggiore certezza giuridica per le imprese che partecipano agli appalti pubblici».
In particolare, l’Antitrust manifesta di non condividere in toto l’impostazione seguita dall’ANAC nella riformulazione del paragrafo 2.2.3.1 delle Linee Guida n. 6, il quale attribuisce rilevanza ai provvedimenti di condanna dell’antitrust, sebbene meramente “esecutivi”, quali fattispecie idonee ad integrare il grave illecito professionale di cui all’articolo 80, comma 5, lett. c), del Codice.
Invero, l’aggiornamento delle Linee Guida n. 6, per quanto attiene ai provvedimenti sanzionatori dell’Antitrust, ha anticipato la soglia di precauzione: se prima dell’aggiornamento, ai fini della configurazione del grave illecito professionale, era necessaria la presenza di «provvedimenti di condanna divenuti inoppugnabili o confermati con sentenza passata in giudicato», oggi l’ANAC reputa sufficienti «i provvedimenti esecutivi dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato di condanna per pratiche commerciali scorrette o per illeciti antitrust gravi aventi effetti sulla contrattualistica pubblica e posti in essere nel medesimo mercato oggetto del contratto da affidare».
Come noto, la sussistenza di situazioni idonee ad integrare la fattispecie del grave illecito professionale non determina l’esclusione automatica dalla gara, poiché lascia un margine di discrezionalità alla stazione appaltante, chiamata a valutare se tale situazione sia tale da rendere dubbia l’integrità del concorrente (intesa come moralità professionale) o la sua affidabilità (intesa come reale capacità tecnico professionale) nello svolgimento dell’attività oggetto di affidamento.
Tuttavia, in presenza di tali provvedimenti, l’operatore economico corre il serio rischio di essere escluso dalla partecipazione alla gara, specialmente in assenza di misure di self-cleaning, quali la sostituzione del management responsabile dell’illecito (anche accompagnato dall’avvio di azioni di responsabilità nei confronti dello stesso), la dotazione di efficaci programmi di compliance, nonché l’adesione a programmi di clemenza che hanno consentito l’accertamento dell’illecito o che consentano l’accertamento di altri illeciti.
Ecco, allora, che l’AGCM esprime perplessità circa la scelta di anticipare la soglia di precauzione fino a dare rilevanza a provvedimento di condanna non ancora divenuti definitivi né, tanto meno, confermati con sentenza passata in giudicato.
In particolare, l’Antitrust sembra non condividere la nuova impostazione delle Linee Guida, poiché ritenuta fonte di una possibile proliferazione del contenzioso. E, in effetti, non v’è dubbio che gli operatori economici, a fronte di un provvedimento di condanna per illecito antitrust ovvero per pratiche commerciali scorrette, saranno praticamente costretti ad impugnare non solo il provvedimento sanzionatorio dell’autorità amministrativa indipendente ma, altresì, a reagire contro l’eventuale esclusione disposta dalla stazione appaltante sulla base dell’articolo 80, comma 5, lett. c).
Alla luce di questi rilievi, l’AGCM suggerisce all’ANAC una modifica in grado di porre rimedio ai sopra paventati rischi. Segnatamente, l’Antitrust ritiene che debba essere spostata in avanti la soglia di precauzione, ancorando la data dell’accertamento definitivo non a quella del provvedimento esecutivo dell’Autorità (che non è definitivo), ma a quello dell’intervenuta inoppugnabilità dell’accertamento da parte dell’Autorità (nell’ipotesi di provvedimenti non impugnati) o nella pronuncia definitiva del giudice amministrativo (in caso di impugnazione).
La ratio di tale soluzione è duplice: da un lato, si evita che provvedimenti ancora soggetti al controllo giurisdizionale possano avere effetti rilevanti sulle gare in corso; dall’altro lato, identificando l’accertamento definitivo con la conclusione del contenzioso amministrativo, e non con il giudicato formale, si elimina il rischio dell’utilizzo strumentale del ricorso per Cassazione quale mezzo in grado di posticipare l’effetto di un accertamento ormai confermato dal giudice amministrativo.
Tale conclusione, ad avviso dell’AGCM, appare coerente anche con quanto affermato dalla giurisprudenza europea. Ci si riferisce, in particolare, alla sentenza del 18 dicembre 2014 (causa C-470/2013). Nella detta pronuncia, la Corte di Giustizia, riconoscendo la compatibilità di una normativa nazionale che esclude la partecipazione a una procedura di gara d’appalto di un operatore economico che abbia commesso «un’infrazione al diritto della concorrenza, constatata con decisione giurisdizionale passata in giudicato, per la quale gli è stata inflitta un’ammenda», con gli artt. 49 e 56 TFUE, ha confermato l’ascrivibilità dell’illecito anticoncorrenziale all’ipotesi escludente del grave errore professionale (nozione, peraltro, già prevista dalla normativa europea precedente alle direttive del 2014 attuate con il nuovo Codice).
Nell’affermare tale principio, la Corte europea si riferisce anche al considerando 101 della direttiva 2014/24 (non ancora attuata all’epoca dei fatti di causa), che stabilisce che le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero avere la possibilità di escludere operatori economici, segnatamente per errori gravi nell’esercizio della propria attività professionale, come la violazione di regole in materia di concorrenza, perché un errore del genere può mettere in discussione l’integrità di un operatore economico (§ 37).
Oltre questo rilievo assolutamente centrale, anche alla luce del dibattito in corso, l’AGCM esprime perplessità per la scelta di prevedere come possibile esclusione dalla partecipazione alle gare l’esistenza di provvedimenti di condanna per pratiche commerciali scorrette.
Secondo l’Antitrust, infatti, tale tipologia di violazione non appare configurare un illecito professionale riferibile alla contrattualistica pubblica, «non inquadrandosi nell’ambito di un rapporto di consumo la condotta posta in essere nella fase di partecipazione dell’operatore economico alla gara».
Alla luce dei rilievi qui sinteticamente richiamati, l’AGCM suggerisce di modificare il paragrafo 2.2.3.1 delle citate Linee Guida n. 6 con il seguente: «provvedimenti divenuti inoppugnabili o definitivamente confermati dal giudice amministrativo, dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che contengono l’accertamento di illeciti antitrust gravi aventi effetti sulla contrattualistica pubblica e posti in essere nel medesimo mercato oggetto del contratto da affidare».
Conferendo rilevanza, ai fini di una possibile esclusione del concorrente, ai soli provvedimenti che abbiano raggiunto un certo grado di stabilita, secondo l’AGCM si garantirà, da un lato, una maggiore certezza del diritto e, dall’altro lato, un minor rischio di proliferazione del contenzioso.