IL TRASFERIMENTO DELLE ATTESTAZIONI SOA IN CASO DI CESSIONE DEL RAMO D’AZIENDA
Pubblicato sulla rivista Teme Luglio/Agosto 2018 l’articolo “Il Trasferimento delle attestazioni SOA in caso di cessione del ramo d’azienda”, a cura degli Avv.ti Pierluigi Piselli e Francesco Anastasi.
La questione del trasferimento delle attestazione SOA costituisce una delle principali problematiche della contrattualistica pubblica.
In particolare la dottrina e la giurisprudenza, per lungo periodo hanno avuto modo di dibattere sulla trasferibilità delle attestazioni SOA in caso di cessione e/o trasferimento del ramo d’azienda.
Va precisato, innanzitutto che per ramo autonomo d’azienda, suscettibile di trasferimento, deve ritenersi “ogni entità economica organizzata in maniera stabile che, in occasione del trasferimento, conservi la propria identità; il che presuppone però una preesistente realtà produttiva funzionalmente autonoma e non anche una struttura produttiva creata ad hoc in occasione del trasferimento”.
Più in particolare l’articolo 2112 del c.c. al quinto comma afferma che il ramo d’azienda è un’articolazione, un settore, organizzato in maniera autonoma all’interno di un’impresa.
In questo contesto, due orientamenti hanno dominato la scena giurisprudenziale attesa la elasticità della normativa.
Un primo orientamento sosteneva che un’attestazione SOA non è mai cedibile e resta connessa al soggetto giuridico che l’ha conseguita. Tuttavia, possono essere trasferiti ad altra azienda tutti i requisiti necessari all’ottenimento di una nuova Attestazione.
Secondo questo orientamento, pertanto, l’attestazione è legata indissolubilmente all’azienda che ne ha fatto originariamente domanda e non può mai essere ceduta, in quanto viene rilasciata al termine di un procedimento istruttorio diretto ad accertare il possesso dei requisiti previsti dalla legge in capo al solo soggetto giuridico che ha provveduto a richiederla.
Questa teoria, che viene definita anche soggettiva, fa quindi, riferimento al soggetto che ha ottenuto la attestazione SOA, collegando la attestazione indissolubilmente a quest’ultimo.
Tuttavia, secondo questi interpreti potrebbe essere possibile, per l’azienda, sia cedente che cessionaria, ottenere una nuova attestazione, ma questa dovrà essere ancora passata al vaglio della SOA e, a seguito di tale richiesta, la società di attestazione provvederà a instaurare ex novo un procedimento di valutazione dei requisiti oggetto di trasferimento e di quelli acquisiti successivamente allo stesso.
In conclusione si può dire che a parere di questo orientamento, l’attestazione di qualificazione rilasciata non è cedibile, proprio in considerazione della circostanza che essa viene rilasciata al termine di un procedimento valutativo svolto esclusivamente con riferimento ad un’unità imprenditoriale.
Sotto un altro profilo, la tesi sostanzialistica o oggettiva, valorizza il dato testuale dell’art. 76, comma 11, del D.P.R. n. 207/2010.
Difatti, ai sensi della norma citata, se il cessionario non acquista automaticamente la qualificazione, simmetricamente deve escludersi che il cedente possa automaticamente perderla. Le fattispecie di cessione contemplate dalla disposizione in questione sono solo quelle che implicano il trasferimento di tutte quelle risorse aziendali (considerate dall’art. 79 del DPR n. 207/2010 requisiti d’ordine speciale), le quali, proprio perché suscettibili di dar vita ad un nuovo soggetto e di sostanziarne la sua qualificazione, presuppongono che il cedente se ne sia definitivamente spogliato. Non vi rientrano, invece, le diverse fattispecie di cessione di parti del compendio aziendale, le quali, ancorché qualificate come trasferimento di “rami aziendali”, si riferiscono, in concreto, a porzioni prive di autonomia funzionale e risultano pertanto inidonee a consentire al cessionario di ottenere la qualificazione.
È evidente che si realizzerebbe un paradosso se si consentisse, da un lato, all’impresa che abbia richiesto nei prescritti termini la verifica triennale del proprio attestato SOA di partecipare alle gare indette dopo il triennio, anche se la verifica sia compiuta successivamente, fermo restando che l’efficacia dell’aggiudicazione è subordinata all’esito positivo della verifica stessa (Cons. Stato, Ad. Plen, 18 luglio 2012, n. 27), dall’altro vietando la partecipazione alle gare per il sol fatto di avere stipulato un negozio avente il nomen iuris di cessione del ramo d’azienda, persino quando la verifica triennale del proprio attestato SOA concluda, poi, per l’irrilevanza dell’atto ai fini della qualificazione.
Sul punto, a risoluzione del dibattito giurisprudenziale e dottrinario esistente, è intervenuta la Adunanza Plenaria con la sentenza n. 3 del 2017 la quale ha condiviso la tesi sostanzialistica, ancorché per argomenti in parte diversi da quelli sinora richiamati.
Punto di partenza dell’indagine non può che essere la disposizione interessata, che conviene esaminare con riferimento anche alle disposizioni immediatamente precedenti. Stabilisce l’art. 76 D.P.R. n. 207/2010, commi 9-11:
Pertanto, allo stato, secondo l’interpretazione della Adunanza Plenaria, non automaticamente in caso di trasferimento del ramo d’azienda sono trasferiti anche i requisiti SOA. In particolare, è ben possibile che la cessione di parti dell’azienda, ancorché qualificate come ramo aziendale, si riferisca a porzioni prive di autonomia funzionale nel contesto dell’impresa e comunque non significative, quindi non sia tale da generare la perdita in capo al cedente (e il correlato acquisto in capo al cessionario) dei requisiti di qualificazione.
Se non sono trasferiti i requisiti di qualificazione, non possono esserlo le qualificazioni che ad essi si riferiscono.
Pertanto a parere dell’Adunanza Plenaria ha rilevato che la cessione del ramo d’azienda non comporta automaticamente la perdita della qualificazione, occorrendo procedere a una valutazione in concreto dell’atto di cessione, da condursi sulla base degli scopi perseguiti dalle parti e dell’oggetto del trasferimento.
Pertanto, in ipotesi di cessione di un ramo d’azienda, l’accertamento positivo effettuato dalla SOA, su richiesta o in sede di verifica periodica, in ordine al mantenimento dei requisiti di qualificazione da parte dell’impresa cedente, comporta la conservazione dell’attestazione da parte della stessa senza soluzione di continuità.
Allo stato attuale, nonostante l’intervento nomorfilattico della Adunanza Plenaria, non pare che tutti gli interpreti si siano piegati a questa interpretazione caso per caso e basata sulla valutazione delle circostanze concrete.
Il richiamato intervento del Supremo Consesso Amministrativo ha però risolto una delle più controverse questioni in tema di qualificazione delle imprese per la partecipazione alle gare pubbliche, e si auspica cheproprio questo intervento potrà consentire, sebbene con un certo rigore, una maggiore fluidità nella circolazione dei requisiti per l’attestazione SOA, in modo da garantire una migliore qualità e una maggiore concorrenza nel mercato.