CONTRATTO PRELIMINARE E CONTRATTO DEFINITIVO: L’ASSORBIMENTO
Con una recente pronuncia (Corte di Cassazione, Seconda Sezione, sentenza n. 21951 del 2 settembre 2019 ), i Giudici di Legittimità hanno avuto modo di ribadire un principio ormai consolidato: quello del cosiddetto “assorbimento del preliminare” o della prevalenza del contratto definitivo sul compromesso (ex multis, Cass. sent. n. 21656/19).
Invero, la Suprema Corte ha ricordato che il contratto preliminare e il contratto definitivo si differenziano per il diverso contenuto della volontà dei contraenti, diretta, nel primo caso, ad impegnare le parti a prestare in un momento successivo il loro consenso al trasferimento della proprietà; nel secondo, ad attuare il trasferimento stesso senza necessità di ulteriori manifestazioni di volontà.
Da ciò discende che, nel caso di differenze tra compromesso e definitivo, si considerano valide le clausole di quest’ultimo contratto.
Il preliminare determina solo l’obbligo reciproco della stipulazione del contratto definitivo; dunque resta superato da questo, la cui disciplina può anche non conformarsi a quella del preliminare, salvo che le parti non abbiano espressamente previsto che essa sopravviva.
Segnatamente, sul punto la pronuncia precisa che: “Con la conclusione del definitivo, il preliminare, determinando soltanto l’obbligo reciproco della stipulazione del definitivo, esaurisce le sue funzioni e viene superato da quest’ultimo (c.d. assorbimento del preliminare). Il contenuto del preliminare può in astratto essere utilizzato solo per indagare, eventualmente, sulla comune intenzione delle parti. Gli accordi contrattuali contenuti nel definitivo generalmente sono conformi a quanto previsto nel preliminare, ma le parti possono anche prevedere una disciplina difforme o revocare i precedenti accordi. Il definitivo è, infatti un nuovo contratto che le parti stipulano. Se vogliono che la disciplina o parte di essa contenuta nel preliminare sopravviva devono prevederlo espressamente.”
La suddetta presunzione di conformità del nuovo accordo alla volontà dei contraenti può, nel silenzio del contratto definitivo, essere vinta soltanto dalla prova di un accordo posto in essere dalle stesse parti, contemporaneamente alla stipula del definitivo, dal quale risulti che altri obblighi o prestazioni, contenuti nel preliminare, sopravvivono al contratto definitivo. Del resto, diversamente opinando, verrebbe a negarsi il valore di “nuovo” accordo alla manifestazione di volontà delle parti consacrata nel definitivo, che assurgerebbe, quindi, a mera ripetizione del preliminare, ponendosi in tal modo un limite ingiustificato all’autonomia privata; per altro verso, si attribuirebbe natura negoziale all’adempimento, in contrasto con la concezione, ormai dominante, che vede in esso il “fatto” dell’attuazione del contenuto dell’obbligazione e non un atto di volontà.