FINANZIAMENTI PUBBLICI E LEGITTIMO AFFIDAMENTO DEL BENEFICIARIO: IL CONSIGLIO DI STATO SUI PROFILI DI RESPONSABILITÀ DELLA P.A.
Nota a Consiglio di Stato, Sezione II, 24 ottobre 2019, n. 7246
L’Amministrazione che si avvede solo tardivamente della inammissibilità della domanda di finanziamento pubblico, inizialmente ammesso e poi annullato, pone in essere un comportamento illegittimo, perché in contrasto con i canoni di correttezza e buona fede.
In tali termini si è espressa la Sezione II del Consiglio di Stato, la quale ha ravvisato una responsabilità in capo alla P.A., proprio per violazione dei principi di cui all’art. 1337 c.c., per l’ipotesi in cui, dopo aver ammesso a finanziamento un’iniziativa imprenditoriale inserendola nella relativa graduatoria per la fruizione delle relative risorse, a distanza di anni, in sede di rendicontazione dell’attività svolta, rappresenti che questa non rientrava fra quelle ammissibili in base alla normativa europea di riferimento (Reg. CE n. 1685/00).
Segnatamente, nella sentenza in commento viene rilevato come il carattere doveroso e vincolato caratterizzante l’attività della P.A. – consistente nell’evitare l’indebita erogazione di risorse pubbliche (ovvero, ove le stesse siano state già erogate, nel loro recupero) – non vale ad escludere che per effetto della pregressa condotta della stessa Amministrazione possa essersi formato in capo al privato un ragionevole affidamento nella legittimità del riconoscimento dei contributi in proprio favore, tale da indurlo a portare avanti l’iniziativa imprenditoriale e a sostenere i relativi oneri, nella legittima convinzione che gli stessi sarebbero stati coperti da contributi pubblici.
Né, secondo la Sezione, il legittimo affidamento poteva essere escluso per il fatto che il bando riservasse in capo all’Amministrazione un potere di rideterminazione – e anche decurtazione – del finanziamento nella fase di rendicontazione, posto che tale previsione logicamente riguardava il controllo sulle attività svolte e non quello sull’ammissibilità delle domande di contributo, che doveva essere svolto a monte della formazione della graduatoria dei soggetti ammessi.
Al contrario, nel caso di specie l’Ente pubblico ha rilevato motivi di inammissibilità della domanda di contributo della Società ammessa solo a diversi anni di distanza rispetto alla emanazione della delibera di ammissione, quando invece la causa di esclusione del soggetto richiedente avrebbe dovuto essere correttamente individuata ab initio.
Invero, come sottolineato dai Giudici di Palazzo Spada, “nonostante la legittimità e la doverosità dell’atto impugnato, connotati rispetto ai quali si palesa recessivo l’affidamento invocato dalla Società, il Collegio ritiene che nella fattispecie possa configurarsi una responsabilità dell’Amministrazione non causalmente riconducibile al doveroso e legittimo esercizio del potere di autotutela, ma piuttosto per il fatto che la stessa si è avveduta dell’inammissibilità della domanda di contributo della Società solo nella fase procedimentale successiva all’emanazione della delibera giuntale n. 1064/2003, cioè una volta decorsi ben cinque anni da tale delibera”.
Di qui l’illegittimità della condotta della P.A. ed il conseguente riconoscimento in favore dell’impresa ammessa al finanziamento del diritto al risarcimento per il danno subito.