DECORRENZA DEL TERMINE PER L’OPPOSIZIONE ALL’OMOLOGAZIONE DEL CONCORDATO PREVENTIVO
Con l’ordinanza n. 22473 del 24 settembre 2018, la Suprema Corte è tornata a pronunciarsi sul problema della decorrenza del termine per l’opposizione all’omologazione del concordato preventivo.
Nel caso esaminato, un Istituto bancario aveva proposto ricorso avverso la decisione della Corte di Appello di Venezia di ritenere inammissibile per tardività il reclamo proposto nei confronti di un provvedimento di omologazione del concordato preventivo.
Secondo i Giudici di Appello, infatti, il reclamo disciplinato dall’art. 183 della legge fallimentare doveva essere proposto nel termine di trenta giorni decorrente dalla data di iscrizione nel Registro delle Imprese del decreto di omologazione.
La Banca ricorrente aveva impugnato la decisione di secondo grado sostenendo che, dal momento che il citato art. 183 L.F. nulla stabilisce in merito ai termini di proposizione del reclamo, limitandosi a prescrivere che la decisione debba essere pronunciata in camera di consiglio, la disciplina applicabile fosse rinvenibile nell’art. 739 cod. proc. civ., dedicato, per l’appunto, ai procedimenti camerali.
Invero, tale articolo prevede che: « (…) Contro i decreti pronunciati dal tribunale in camera di consiglio in primo grado si può proporre reclamo con ricorso alla corte d’appello, che pronuncia anch’essa in camera di consiglio. Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione del decreto, se è dato in confronto di una sola parte, o dalla notificazione se è dato in confronto di più parti».
Pertanto, sempre secondo la tesi dell’Istituto bancario, nel caso di specie, l’opposizione avrebbe dovuto essere formalizzata nel termine di dieci giorni decorrente dalla notificazione, da parte del Commissario giudiziale, del provvedimento di omologazione: in assenza di tale adempimento (omesso dal Commissario) e in presenza di una mera comunicazione di cancelleria, il decreto sarebbe stato impugnabile nel termine lungo di cui all’art. 327 cod. proc. civ.
La Corte di Cassazione non ha condiviso questa ricostruzione, sottolineando l’impossibilità di colmare la lacuna di cui all’art. 183 L.F. attraverso il rinvio all’art. 739 cod. proc. civ., giacché ne deriverebbe l’inaccettabile conclusione della sussistenza di termini di impugnazione distinti a seconda che il Tribunale abbia omologato il concordato, oppure rigettato l’istanza di omologazione senza dichiarare il fallimento, oppure ancora emesso un provvedimento di rigetto con contestuale dichiarazione di fallimento.
Deve, invece, ribadirsi l’orientamento, già espresso in situazioni precedenti dalla giurisprudenza di legittimità, che assoggetta il decreto che abbia deciso (in un senso o nell’altro) sull’istanza di omologazione all’unico termine di trenta giorni.
Come insegnato dalla Suprema Corte, il fatto che il decreto che decide sull’omologazione del concordato preventivo possa essere impugnato contestualmente all’eventuale sentenza dichiarativa di fallimento, determina l’applicabilità dell’art. 18 della legge fallimentare, a norma del quale: «Contro la sentenza che dichiara il fallimento può essere proposto reclamo dal debitore e da qualunque interessato con ricorso da depositarsi nella cancelleria della corte d’appello nel termine perentorio di trenta giorni. (…) ».
La Corte di Appello di Venezia, dunque, aveva correttamente individuato il termine applicabile, ma aveva errato nell’individuazione del dies a quo.
Il termine di trenta giorni, infatti, non decorre dalla data di iscrizione del provvedimento nel Registro delle Imprese, ma dalla notificazione del decreto.
La circostanza che la parte che si oppone all’omologazione sia soggettivamente individuata, esclude la possibilità di applicare in via analogica l’art. 18 L.F. nella parte in cui, al quarto comma, stabilisce che: «Il termine per il reclamo decorre per il debitore dalla data della notificazione della sentenza a norma dell’articolo 17 e per tutti gli altri interessati dalla data della iscrizione nel registro delle imprese».
Il decreto che provvede sull’omologazione è comunicato, da parte della cancelleria, soltanto al debitore e al Commissario giudiziale, il quale, ai sensi del quinto comma dell’art. 180 L.F., deve provvedere a darne notizia ai creditori, sicché, in assenza di notifica, non resta che applicare il termine lungo di cui all’art. 327 cod. proc. civ. estensibile all’impugnazione, non diversamente regolata, di ogni provvedimento giurisdizionale.
Conclusivamente, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, pur sulla base di una motivazione diversa da quella prospettata dalla Banca ricorrente.