LE CLAUSOLE SOCIALI EX ART. 50, D.LGS. N. 50/16.

a cura della Dott.ssa Valeria Ciociola

La III Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5444 del 18 settembre 2018, ha esaminato la questione circa l’interpretabilità della clausola sociale, in quanto suscettibile di imporre continuità di retribuzione in favore dei lavoratori impiegati nella commessa.

La società appellante, terza classificata nella graduatoria finale di una gara per l’affidamento del servizio di call center di un’Azienda Sanitaria Locale, contestava il giudizio di congruità dell’offerta aggiudicataria espresso dalla Stazione Appaltante all’esito del relativo sub-procedimento.

Secondo quanto illustrato dall’impresa, l’Amministrazione non avrebbe considerato adeguatamente lo scostamento del trattamento retributivo previsto nell’offerta rispetto a quello garantito dall’appaltatore uscente ai lavoratori destinati ad essere riassorbiti dal subentrante, in applicazione della specifica disposizione inserita nel bando di gara ai sensi dell’art. 50 del D.lgs. n. 50/2016.

Nello specifico, la ricorrente sosteneva che la clausola sociale inserita nella lex specialis avrebbe imposto ai concorrenti di applicare determinate condizioni salariali, con l’applicazione di uno specifico CCNL, vale a dire quello già in uso nel rapporto in essere.

Tale disposizione, però, non sarebbe stata rispettata dall’aggiudicataria, la quale, invece, impostava la propria offerta facendo riferimento ad un CCNL riguardante una diversa categoria di lavoratori e con una retribuzione oraria ridotta.

Sul punto, il Consiglio di Stato ha chiarito che “la clausola sociale deve essere interpretata conformemente ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale riconosciuta e garantita dall’art. 41 Cost. a fondamento dell’autogoverno dei fattori di produzione. Volendo ritenere altrimenti si finirebbe per far luogo ad una sostanziale lesione della concorrenza che finirebbe per scoraggiare la partecipazione alla gara e limitando ultroneamente la platea dei partecipanti e violare l’autonomia di gestione propria dell’archetipo del contratto di appalto. Alla clausola sociale non può essere dunque attribuito alcun effetto automaticamente e rigidamente escludente, ma deve essere armonizzata e resa compatibile con il contesto dello stesso appalto e con l’organizzazione di impresa prescelta dall’imprenditore subentrante”.

In altri termini, i Giudici di Palazzo Spada hanno affermato che non solo detta clausola non comporta alcun obbligo per l’impresa aggiudicataria di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica tutto il personale già impiegato dall’impresa precedente ma, addirittura, non implica nemmeno il dovere di assicurare ai lavoratori riassorbiti identità di condizioni contrattuali (cfr. ex multiis Cons. St., Sez. V, 17 Gennaio 2018, n. 272; Cons. St., Sez. V, 18 Luglio 2017, n. 3554).

Dunque, la clausola sociale non può imporre all’impresa subentrante di avvalersi di un determinato contratto collettivo, potendo essa scegliere, invece, un contratto collettivo diverso, applicabile all’oggetto dell’appalto e che salvaguardi i livelli retributivi dei lavoratori riassorbiti in modo congruo ed adeguato.

In tale prospettiva non può, pertanto, considerarsi anomala un’offerta, quando essa è riconducibile al minor costo del lavoro per il contratto applicato dall’impresa al proprio personale rispetto a quello applicato dalla precedente affidataria, se, nella lex specialis, si richiede di specificare il contratto applicato e se le mansioni richieste per l’esecuzione del servizio sono riconducibili a figure professionali, inquadrabili anche all’interno di una diversa tipologia contrattuale, sulla base di un giudizio complessivo dell’offerta, alla luce, anche, dell’organizzazione dell’impresa prescelta.

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