INCREMENTO DEL QUINTO DELLA CLASSIFICA SOA IN RTI MISTO: SI PRONUNCIA L’ADUNANZA PLENARIA.
A cura dell’Avv. Alessandro Bonanni e della Dottoressa Gloria Ciacci
Abstract
L’istituto del c.d. “incremento del quinto” – per il quale l’impresa è legittimata ad eseguire lavori pubblici per il valore della classifica SOA posseduta incrementato del 20% – di risalente introduzione nel nostro ordinamento, è attualmente codificato dall’art. 61 del D.P.R. n. 207/2010.
Alcune problematiche interpretative si sono poste, nel tempo, con riguardo al caso della partecipazione alla gara in un RTI di tipo misto, atteso che, per espressa previsione normativa, il suddetto “incremento del quinto”, in caso di raggruppamento temporaneo, si applica solo a condizione che l’impresa che vuole usufruirne sia qualificata “per una classifica pari ad almeno un quinto dell’importo dei lavori”.
L’interpretazione della suddetta disposizione ha alimentato dubbi e contenziosi, portando a pronunce giurisdizionali contrastanti. In tale complesso scenario, si è recentemente pronunciato il Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria, sciogliendo i dubbi interpretativi ed applicativi dell’art. 61, comma 2, D.P.R. n. 207/2010.
Il Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria, con la sentenza n. 3/2023 è intervenuto a composizione del contrasto insorto in ordine alla corretta interpretazione dell’art. 61, comma 2, del D.P.R. n. 207/2010 in caso di partecipazione alla gara in un RTI di imprese di tipo misto.
- Gli orientamenti giurisprudenziali
- La pronuncia dell’Adunanza Plenaria
- La portata della sentenza nel contesto della riforma del Codice appalti
Gli orientamenti giurisprudenziali
Nel contesto di un raggruppamento temporaneo con tali caratteristiche, infatti, l’applicazione di suddetta disposizione ha animato un ampio dibattito giurisprudenziale, che si è tradotto in pronunce giurisprudenziali contrastanti, in ragione dei due distinti orientamenti formatisi in materia:
– un orientamento minoritario della giurisprudenza amministrativa ha aderito ad un’interpretazione letterale (e quindi restrittiva) dell’art. 61, comma 2, D.P.R. n. 207/2010 che fa riferimento all’importo dei lavori “a base di gara”; seguendo questo orientamento, l’art. 61, comma 2, del D.P.R. 207/2010 sarebbe univoco nel prescrivere che il presupposto della qualificazione pari a “un quinto”, necessario per usufruire dell’incremento, debba essere riferito al valore dell’opera “a base di gara”, da intendersi, dunque, come importo complessivo dei lavori e non come importo della singola categoria oggetto di sub-raggruppamento orizzontale nell’ambito di un RTI di tipo misto (cfr. CDS, sent. n. 3040/2021);
– un’altra tesi, più largamente condivisa dalla giurisprudenza, ha invece sostenuto un’interpretazione “adeguatrice”, “orientata” o “razionalizzante” dell’art. 61, comma 2, D.P.R. n. 207/2010, in base alla quale l’impresa in un RTI di tipo misto, per poter usufruire dell’incremento del quinto, dovrebbe essere qualificata per una classifica pari ad almeno il 20% “dei singoli importi della categoria prevalente e delle categorie scorporabili” (cfr. C.G.A.R.S. sent. n. 450/2022).
La pronuncia dell’Adunanza Plenaria
Stante il perdurante contrasto giurisprudenziale in materia, la questione giuridica è stata deferita all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, cui è stato chiesto di chiarire se l’art. 61, comma 2 del D.P.R. n. 207/2010 – nella parte in cui prevede, quale condizione per l’attribuzione del beneficio dell’incremento del quinto, il presupposto della sussistenza di una qualificazione “per una classifica pari ad almeno un quinto dell’importo dei lavori a base di gara” – si interpreti, nella specifica ipotesi di partecipazione come raggruppamento c.d. misto, nel senso che tale importo a base di gara debba, in ogni caso, essere riferito al valore complessivo del contratto ovvero debba riferirsi ai singoli importi della categoria prevalente e delle altre categorie scorporabili della gara.
Il Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria, pronunciandosi sul punto con la richiamata sentenza n. 3/2023, ha innanzitutto chiarito che l’art. 61, comma 2, del D.P.R. n. 207/2010, non sembra, prima facie, riferirsi all’ibrida figura del raggruppamento c.d. “misto”, consistente in una forma di associazione verticale al cui interno sono presenti – in ragione della eterogeneità dei lavori oggetto dell’affidamento, in cui vengono in rilievo una pluralità di diverse categorie di lavorazioni oltre alla prevalente – sub-raggruppamenti orizzontali. Invero l’art. 61, comma 2, D.P.R. n. 207/2010 disciplina la sola o, comunque, prevalente ipotesi del c.d. raggruppamento orizzontale, e non anche quella di c.d. raggruppamento verticale (e, dunque, neanche di c.d. raggruppamento misto, inquadrata dal Consiglio di Stato quale species del genus raggruppamento verticale).
Il massimo Consesso della giurisprudenza amministrativa ha dunque considerato che, nell’ambito del raggruppamento misto, per la categoria prevalente o scorporata i cui lavori siano assunti da plurime imprese, si viene a creare, con riferimento al singolo sub-raggruppamento orizzontale, una ripartizione di compiti e competenze non dissimile da quella del raggruppamento orizzontale c.d. totalitario.
Ciò premesso, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha aderito alla interpretazione c.d. “orientata” (o “adeguatrice”) dell’art. 61, comma 2, D.P.R. n. 207/2010, in base alla quale, nei raggruppamenti di tipo misto, i componenti di ciascuno dei sub-raggruppamenti di tipo orizzontale sono abilitati a partecipare alle gare e ad eseguire i lavori nei limiti della propria classifica SOA incrementata di un quinto, purché siano qualificati per una classifica pari ad almeno un quinto “dell’importo della categoria di lavori cui lo stesso componente partecipa”.
L’orientamento espresso dall’Adunanza Plenaria è apprezzabile, anzitutto, nella misura in cui è evidentemente ispirato dai principi della più ampia concorrenza alle procedure di gara e della massima libertà di auto-organizzazione delle imprese.
Inoltre, l’adesione all’opzione interpretativa c.d. “adeguatrice” dell’art. 61, comma 2, D.P.R. 207/2020 può essere accolta con favore anche considerando che la limitazione al ricorso al c.d. “incremento del quinto” in caso di RTI di tipo misto (enucleata dall’orientamento interpretativo c.d. “restrittivo”) assume ormai i connotati di una superfetazione normativa di stampo ormai anacronistico e di ardua giustificazione sul piano logico e teleologico.
La portata della sentenza nel contesto della riforma del Codice appalti
È legittimo domandarsi, a questo punto, quale sia la prospettiva di tale recente arresto dell’Adunanza Plenaria riferito all’attuale contesto applicativo del D.Lgs. n. 50/2016, data l’imminente adozione di un nuovo Codice dei Contratti Pubblici (il cui schema è attualmente sottoposto all’esame delle Camere per il parere delle Commissioni parlamentari competenti).
Sul punto, assume rilievo il fatto che l’art. 2, comma 2, dell’Allegato II.12 allo schema del nuovo Codice (nel testo attualmente in circolazione), rechi una disposizione sostanzialmente coincidente a quella dell’attuale art. 61, comma 2, D.P.R. n. 207/2010.
Stando così le cose, si può presumere che la lettura “adeguatrice” oggi propugnata dall’Adunanza Plenaria risulterà attuale e andrà ad orientare l’interpretazione giuridica anche nel contesto del nuovo Codice.