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ANAC: AVVIATE LE CONSULTAZIONI SULLE PRIME SETTE LINEE GUIDA ATTUATIVE DEL NUOVO CODICE DEGLI APPALTI E DELLE CONCESSIONI

Sono pubblicate sul sito dell’ANAC le prime sette linee guida sulle quali è aperta la consultazione pubblica. In particolare riguardano:

– Il Direttore dei Lavori: modalità di svolgimento delle funzioni di direzione e controllo tecnico, contabile e amministrativo dell’esecuzione del contratto (art. 111, comma 1, del Codice);

– Il Direttore dell’esecuzione: modalità di svolgimento delle funzioni di coordinamento, direzione e controllo tecnico-contabile dell’esecuzione del contratto (art. 111, comma 2, del Codice);

– Nomina, ruolo e compiti del responsabile unico del procedimento per l’affidamento di appalti e concessioni (art. 31 del Codice);

– Procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici (art. 36 del Codice);

– Offerta economicamente più vantaggiosa (art. 95 del Codice);

– Criteri di scelta dei commissari di gara e di iscrizione degli esperti nell’Albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici (art. 78 del Codice);

– Servizi di ingegneria e architettura (artt. 23, 24 e 157 del Codice).

Si tratta del primo esempio di soft law a valle del nuovo codice degli appalti e delle concessioni, soft law che rappresenta la vera novità della riforma, una forma di normazione assolutamente nuova nel nostro ordinamento che è basato su un sistema rigido delle fonti normative, costituzionalmente definito.

Nel decreto legislativo numero 50 ne sono previste tre forme distinte: quelle che su proposta dell’ANAC saranno oggetto di specifico atto normativo proprio (decreto ministeriale), quelle affidate direttamente all’ANAC con carattere vincolante e infine quelle non vincolanti.

Volendosi considerare tali atti sotto il profilo della forza di legge e ancor prima sotto il profilo della compatibilità delle stesse con il nostro dettato costituzionale, dobbiamo precisare come le stesse vadano considerate in maniera distinta, per ciascuna delle tre tipologie.

In primo luogo deve osservarsi come tutte e tre le forme di soft law traggano la loro ragion d’essere nella legge delega, la L.n.11/2016.

Quelle che, su proposta dell’ANAC, saranno oggetto di specifico decreto ministeriale, avranno la forza del decreto ministeriale. Esse sostituiranno il vecchio Regolamento. Peraltro, avranno anche una maggiore forza in considerazione del fatto che non saranno limitate esclusivamente al ministero emanante bensì troveranno applicazione per tutti gli appalti disciplinati dal codice. Queste saranno veri e propri atti normativi regolamentari.

Del resto, seguendosi l’orientamento giurisprudenziale consolidato, la natura normativa e non meramente amministrativa di un Regolamento dipende dal contenuto sostanziale dello stesso.

Se si tratta di una regolazione generale ed astratta, integratrice della fattispecie disciplinata dalla norma primaria, saremo in presenza di vero e proprio atto normativo regolamentare.

In questo senso si esprime il parere del Consiglio di Stato del 21 marzo 2016 che, con riferimento all’iter per la promulgazione, afferma la necessità di seguire l’iter dell’art. 17, co.3,della legge 400/88. In particolare sarà necessario acquisire il parere del Consiglio di Stato, il visto e la registrazione della Corte dei Conti e, anche il parere delle Commissioni Parlamentari interessate.

Appare di tutta evidenza che se si andasse solo in questa direzione la sostituzione del regolamento 207/2010 con atti di soft law si ridurrebbe ad un solo fatto nominalistico, atteso che l’iter per emanare siffatto provvedimento sarebbe non molto dissimile dall’emanazione di un DPR. E ciò con buona pace della flessibilità tanto invocata e che, così, sarebbe fortemente ridimensionata. 

Ma la cosa non sembra andare in questa direzione. Ed infatti, rileva la previsione dell’art. 214, co. 12, del Dlgs. 50/2016 secondo cui il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti “può” adottare linee guida. Si tratta di una dizione meno stringente rispetto a quella della legge delega n.11/2016 in cui, per le linee guida,  viene usato il termine “approvate” con decreto ministeriale.

Se si volesse dare un senso a detta diversità terminologica, si potrebbe ritenere che le linee guida dell’ANAC sono una cosa diversa da quelle ministeriali: le prime sarebbero effetto del potere dell’ANAC ai sensi dell’art. 213, co.2, D.Lgs 50/2016, le seconde dall’art. 214,co 12. Le prime servirebbero a garantire la promozione dell’efficienza, della qualità dell’attività delle stazioni appaltanti per garantire lo sviluppo delle migliori pratiche. Le seconde, meramente eventuali e nella disponibilità congiunta dell’ANAC (che le propone) e del Ministero delle Infrastrutture (che le adotta), per assicurare l’uniforme applicazione e interpretazione delle norme del nuovo codice. E, in tale contesto, le seconde potrebbero contenere le prime.

In altre parole, ci sarebbe un doppio livello di linee guida: quelle emanate con decreto ministeriale (uno o più decreti) e quelle immediate e senza necessità di particolari formalità per la loro emanazione a parte la successiva trasmissione alle Camere degli atti di regolazione ritenuti maggiormente rilevanti e ferma la necessità, per ANAC, di dotarsi di forme e metodi di consultazione, di analisi e verifica dell’impatto della regolazione, di consolidamento delle linee guida in testi unici integrati organici e omogenei per materia, di adeguata pubblicità, anche sulla Gazzetta Ufficiale. Il tutto in modo da rispettare la qualità della regolazione e il divieto di introduzione o di mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalla legge n.11/2016 e dal codice.

Sotto quest’ultimo aspetto, se il rispetto della qualità della regolazione si ritiene essere il primo ed essenziale requisito dell’attività di regolazione stessa al fine di raggiungere gli obbiettivi di chiarezza razionalizzazione ed efficacia del sistema, più complesso appare definire i livelli di regolazione minimi richiesti dalla legge delega e dal codice.

In proposito, nessun dubbio sussiste laddove la legge delega o il D.lgs. 50 prevedano espressamente l’emanazione di linee guida, sia vincolanti sia non vincolanti. Per quelle definite dalla legge delega o dal D.lgs.50 come vincolanti, si tratta di atti di regolazione con cui l’ANAC incide sull’autonomia degli enti appaltanti. Essendo, però, la legge ad attribuire il requisito della vincolatività, nessun profilo di incostituzionalità sembra potersi profilare sulla base della sola circostanza che l’autonomia degli enti appaltanti è costituzionalmente garantita dalla Costituzione. Rimarrà in ogni caso possibile valutare, sotto il profilo della costituzionalità, il contenuto delle singole linee guida, peraltro, sempre impugnabili innanzi ai competenti organi di giustizia amministrativa. E sotto questo aspetto si potrà anche ipotizzare una valutazione circa l’effettiva rispondenza delle linee guida al dettato della legge delega ovvero del D.lgs.50 e al fatto se il livello di regolazione sia stato superiore a quello minimo richiesto da legge delega e D.lgs. 50.

Analogo discorso vale anche per le linee guida previste dalla legge delega o dal D.lgs.50 ma per le quali non viene fissato il carattere vincolante.

In questo caso, essendo il contenuto delle linee guida non dotato di alcun elemento obbligatorio, l’autonomia degli enti appaltanti rimane in toto potendo essi scegliere se adeguarsi o meno alle linee guida.

La valenza di dette linee guida, in altre parole, nella gerarchia delle fonti normative, è addirittura minore rispetto a quella delle circolari ministeriali ed è affidata esclusivamente alla c.d. moral suation che deriva dalla particolare autorità che caratterizza il soggetto che le ha emanate, vale a dire l’ANAC. I destinatari di tali linee guida potranno agire liberamente ma ove decidano di operare in maniera diversa sarebbe opportuno motivassero compiutamente ed in modo dettagliato al fine di  evitare poi profili di responsabilità legati all’aver effettuato scelte difformi rispetto a quanto oggetto di suggerimento da parte dell’ANAC.

Rimangono da considerare quelle emanate motu proprio dall’ANAC su tematiche non considerate da legge delega e dal D.lgs.50.

Si tratta di atti di regolazione che traggono la loro essenza non già da specifiche previsioni ma dall’intero sistema della contrattualistica pubblica, a partire dalle direttive comunitarie per passare attraverso a tutti i principi garantiti dal nostro ordinamento: concorrenza, efficienza e qualità delle stazioni appaltanti, anticorruzione, etc.

Tali atti sono sicuramente possibili attesa la configurazione stessa della nuova impostazione della contrattualistica pubblica in cui è l’ANAC il perno dell’intero sistema. Ma su tali atti si dovrà effettuare un attento esame circa il superamento dei limiti minimi di regolazione richiesti dalla legge delega e dal D.lgs. 50.

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