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Il giudizio di anomalia nelle concessioni di servizi

Il giudizio di anomalia nelle concessioni di servizi

A cura dell’Avv. Tania Rea

Sentenza: TAR Salerno, sez. I, 28 maggio 2024, n. 1163

Il Tar Salerno, con sentenza del 28 maggio 2024, n. 1163, ha ribadito l’applicazione dell’istituto dell’anomalia dell’offerta alle procedure di evidenza pubblica inerenti l’affidamento dei contratti di concessione di servizi (vigente l’abrogato Codice 50/2016), tema che è stato oggetto, nel tempo, di diverse interpretazioni giurisprudenziali.

Indice 

Concessioni dei servizi

 

La natura e la finalità del giudizio di anomalia

Come noto, negli appalti pubblici il giudizio di anomalia o di incongruità dell’offerta costituisce espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile dal giudice amministrativo solo in caso di macroscopica illogicità o di erroneità fattuale e, quindi, non può essere esteso a una verifica della congruità delle singole voci che compongono l’offerta (cfr. ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 17 novembre 2016, n. 4755; Consiglio di Stato, sez. III, 6 febbraio 2017, n. 514; Consiglio di Stato sez. V, 22 febbraio 2024, n. 1776).

La finalità di tale verifica è duplice: da un lato si vuole evitare che vengano premiate offerte troppo basse o che comunque nel loro complesso non appaiono sostenibili e, quindi, suscettibili di esporre l’Amministrazione al rischio di esecuzione della prestazione; dall’altro, si vuole evitare comportamenti di dumping contrari al principio di libera concorrenza (cfr. Consiglio di Stato sez. III, n. 1470 del 2020).

Il sub-procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, infatti, non mira ad individuare specifiche e singole inesattezze nella sua formulazione ma, al contrario, ad accertare in concreto se la proposta economica risulti nel suo complesso attendibile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto e se i prezzi offerti trovino rispondenza nella realtà, sia di mercato che aziendale, e quindi se gli stessi siano verosimili in relazione alle modalità con cui si svolge il lavoro, alle dimensioni dell’azienda, alla capacità di effettuare acquisti convenienti o di realizzare particolari economie, anche di scala (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 3 aprile 2018, n. 2053).

L’orientamento della giurisprudenza

La giurisprudenza amministrativa – che ha mutato orientamento nel corso degli anni – è intervenuta in più occasioni evidenziando la sostanziale differenza di contenuto del giudizio sull’anomalia delle offerte nell’ambito delle concessioni rispetto all’appalto

Ciò in quanto con il contratto di appalto, l’appaltatore assume, con organizzazione dei mezzi necessari, l’obbligazione di compiere in favore della Committente un’opera o un servizio verso un corrispettivo in denaro (cfr. D.lgs. n. 36/2023, Allegato I.1, art. 2, comma 1, lett. b)).

Al contrario, nel contratto di concessione, la Stazione Appaltante affida l’esecuzione di lavori o la fornitura e la gestione di servizi a uno o più operatori economici ed il corrispettivo consiste unicamente nel diritto di gestire i lavori o i servizi oggetto dei contratti o in tale diritto accompagnato da un prezzo (cfr. D.lgs. n. 36/2023, Allegato I.1, art. 2, comma 1, lett. c)). La remunerazione del concessionario, dunque, non è certa e stabilita ex ante come nel contratto di appalto, dipendendo la stessa dall’andamento della fase di gestione delle opere o del servizio.

Peraltro, nell’ambito delle concessioni, non è richiamato l’istituto della verifica dell’anomalia dell’offerta, che, invece, ha trovato compiuta disciplina nell’ambito degli appalti.

Ebbene, proprio in virtù di quanto sopra, per molti anni la giurisprudenza amministrativa ha negato l’applicazione dell’istituto della verifica dell’anomalia alle concessioni, ritenendo che rientrasse nella discrezionalità della Stazione Appaltante la scelta – che doveva essere necessariamente formalizzata negli atti di gara – di autovincolarsi ed assoggettarsi al sub-procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta (cfr. Consiglio di Stato sez. V, 24 marzo 2011, n. 1784).

Tuttavia, già sotto la vigenza del vecchio Codice (D.lgs. n. 50/2016), la giurisprudenza ha mutato orientamento, ritenendo applicabile l’istituto della verifica dell’anomalia dell’offerta anche alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi (cfr. Consiglio di Stato sez. III, 17 aprile 2018, n. 2317).

La recente pronuncia del TAR Salerno sul punto

Da ultimo il TAR Salerno, con la sentenza in esame (sez. I, 28 maggio 2024, n. 1163), pronunciandosi su una questione sotto la vigenza del vecchio Codice (D.lgs. n. 5072016) ha sottolineato che, per capire come il giudizio di anomalia dell’offerta vada interpretato in relazione alle concessioni, occorre tenere nella giusta considerazione l’elemento centrale che caratterizza l’istituto concessorio:

“l’assunzione del rischio – totale o maggioritario – in capo al concessionario e la necessaria presenza dell’elaborazione di un PEF (piano economico finanziario), il quale costituisce il documento in cui sono rappresentati i presupposti e le condizioni per l’equilibrio economico-finanziario degli investimenti e della gestione.” 

Tale elemento, infatti, influisce in maniera significativa sulla valutazione delle offerte formulate in sede di gara, che scontano necessariamente un’alea previsionale significativamente maggiore rispetto a quella esistente negli appalti. 

Da ciò ne consegue che anche la verifica di anomalia dell’offerta deve tenere conto che eventuali errori valutativi operati dall’offerente comportano un incremento del rischio in capo al concessionario, che tuttavia non necessariamente si traducono in un giudizio di inaffidabilità dell’offerta stessa.

La verifica di anomalia nelle concessioni di servizi

Il punto cruciale del giudizio di anomalia nell’ambito concessorio sta, quindi, nello stabilire quando l’eventuale incremento di rischio è da considerarsi “gestibile” nell’ambito del rapporto concessorio e quando, invece, supera il limite, incidendo in termini negativi sull’attendibilità dell’offerta.

Ciò in quanto il concessionario è portatore del rischio imprenditoriale che discende non solo dal flusso di accesso degli utenti al servizio e dalle variazioni di mercato, ma anche dalle scelte che lo stesso concessionario, in qualità di imprenditore, è chiamato a fare in merito all’organizzazione dei propri mezzi e delle modalità di offerta del servizio (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 1° dicembre 2022, n. 10567). Per tale ragione ciò che rileva nell’applicazione dei principi dettati in materia di verifica della sostenibilità dell’offerta formulata dal concessionario è il riscontro della remuneratività dell’operazione economica nel suo complesso e dell’equilibrio globale del rapporto, tenuto conto delle singole componenti di costo, unitamente alla capacità gestionale del concessionario (cfr. Tar Campania, Napoli, sez. V, 2 maggio 2024, n. 2899).

Logico corollario è che il giudizio di anomalia circa l’offerta nell’ambito delle concessioni si sostanzia in un controllo circa l’attendibilità di una previsione economico-finanziaria con pieno o preponderante accollo del rischio economico da parte del concessionario del peculiare mercato del servizio.

Pertanto, tale verifica comporta, da un lato, un margine d’incertezza al concessionario che confeziona l’offerta e, dall’altro lato, un alto margine di opinabilità tecnico-discrezionale a chi la riscontra; opinabilità che non è sindacabile in sede di legittimità se non per evidenti errori di fatto e macroscopica irragionevolezza (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 7 maggio 2020, n. 2885).

In altri termini, in tema di concessioni la verifica di anomalia – considerato che anche la voce dei ricavi risulta ex ante indefinita – assume connotazioni ancora più discrezionali e incerte, rispetto a quella in tema di appalti, essendo fortemente condizionata da una rilevante componente previsionale (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 24 maggio 2022, n. 4108).

 

 

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