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NUOVO CODICE: ENTRA IN ITALIA IL DEBAT PUBLIC

Tra gli elementi innovativi e qualificanti del  Codice degli Appalti e dei Contratti di concessione, si può iscrivere senz’altro l’art. 22 che, all’interno dell’elenco dei lavori da predisporre biennalmente dalle stazioni appaltanti ex art 21 dello stesso Codice, indica la “obbligatorietà” della procedura di “dibattito pubblico” descritta nei commi 1/2/3 del medesimo articolo.

A parte la positiva esperienza della Regione Toscana con la legge regionale 69/2007 e la successiva 46/2013, oltre a casi di enti locali, che hanno utilizzato consultazione dei cittadini come strumento di sostegno sociale e sostegno delle posizioni delle stesse amministrazioni, è la prima volta che viene formalizzato, di coinvolgere i cittadini di fronte alla “possibilità di realizzare grandi opere infrastrutturali aventi impatto sull’ambiente, nelle città e sull’assetto del territorio”, così come saranno definite “con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato entro un anno dalla data in vigore del presente codice, su proposta del Ministro delle Infrastrutture e Trasporti, sentito il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del terrotorio del mare e il Ministro per i beni e le attività culturali, previo pare delle commissioni parlamentari competenti, in relazione ai nuovi interventi avviati dopo la data di entrata in vigore del presente codice”.

Si apre in questo modo uno spazio istituzionale di discussione. Questo, come nel più consolidato procedimento del “Debat Public” presente già da anni in Francia che dal 2005 ha riconoscimento costituzionale, rappresenta un ulteriore tassello nel tema dell’accessibilità totale come necessario elemento funzionale ad evitare qualsivoglia attività corruttiva e/o modificativa delle regole della concorrenza; altresì rappresenta anche nel percorso di crescita democratica un passaggio importante sia dal punto di vista sociologico oltre che giuridico, – non è un caso, che in tutta l’esperienza in Francia, le regolamentate attività di informazione, attraverso siti Web dedicati, mail e incontri pubblici con esperti forniti dalla stessa “Commission Nazional du Debat Public”, si è ampliata ed evoluta, tenendo principalmente come obiettivo alla più ampia partecipazione possibile.

Questo dovrebbe essere quanto, le emanande norme di attuazione, potrebbero prevedere nel decreto della Presidenza, analogamente a quanto si è potuto leggere nelle stesure del codice esaminate durante l’iter parlamentare. Le stesse norme di attuazione definiranno le fasi post dibattito, dove oggi in Francia è il Maitre D’Ouvrage che nei quattro mesi successivi deve pubblicare i risultati degli incontri e darne notizia, per sintesi, delle fasi e degli esiti.

In Francia si tende a coinvolgere tutta la popolazione, oltre ovviamente le comunità locali, associazioni professionali e non avendo ben chiaro che il “Debat Public” è una fase del processo decisionale e non il “luogo” delle decisioni.

In Italia sarà interessante capire quali soggetti potranno essere abilitati ad essere coinvolti e partecipare al dibattito pubblico, anche in relazione al successivo articolo 23 che pone come primo criterio da tener presente in materia di “lavori pubblici e di fattibilità tecnica economica del progetto” il soddisfacimento dei bisogni della collettività.

Come conseguenza dalla positiva applicazione della norma sul “Debat Public” ne è derivato in Francia – cosa che dovrà necessariamente trovar posto anche nella nuova esperienza in Italia – il contemperamento tra gestione amministrativa e partecipazione alla stessa; qualunque istituto di democrazia partecipata non potrà prescindere da una valutazione degli aspetti finanziari, soprattutto di fronte ad una sempre più stringente spending review, per un suo efficiente utilizzo.

Quindi il principio generale di trasparenza degli atti amministrativi, che negli anni il legislatore italiano ha voluto sempre più giustamente rafforzare:  dalla 241/90 fino alla legge 33/2013, oltre al più ampio dovere di comunicare della pubblica amministrazione, da cui ne deriva latu sensu la legittimità degli atti amministrativi, potrà avere in questo nuovo istituto, un ulteriore positivo momento di sviluppo, non dimenticando di utilizzarlo nel modo più economicamente efficiente.

Perciò nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri come previsto dal comma 2 dell’art. 22 si dovrà precisare in maniera chiara e inequivoca la “tipologia” e le soglie dimensionali delle opere pubbliche per le quali sarà “obbligatorio” il ricorso alle procedure di dibattito pubblico. Questo ovviamente servirà a soppesare il reale interesse pubblico all’opera e al suo sottoporla per dimensione alla importante e politicamente sensibile procedura.

 

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