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LA COMMISSIONE EUROPEA AVVIA LA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER L’ITALIA IN RELAZIONE AD ALCUNI ISTITUTI DEL D.LGS. N. 50/2016.

articolo a cura degli Avv.ti Pierluigi Piselli e Giuseppe Imbergamo

Con lettera del 24 gennaio 2019, avente ad oggetto “Costituzione in mora – Infrazione n. 2018/2273”, la Commissione Europea ha formalmente invitato lo Stato italiano a formulare osservazioni circa la mancata conformità del quadro giuridico italiano alle direttive del 2014 in materia di contratti pubblici.

Tra gli istituti maggiormente interessati dalla lettera di messa in mora vi rientrano il subappalto e l’avvalimento, due strumenti pro concorrenziali che il legislatore nazionale ha recepito apportando alcune modifiche rispetto alle Direttive comunitarie.

Le possibili infrazioni individuate dalla Commissione hanno ad oggetto anche altri istituti, per cui appare utile riepilogare le contestazioni contenute nella lettera del 24 gennaio 2019.

 

  1. Violazione di norme riguardanti il calcolo del valore stimato degli appalti.

Secondo la Commissione la normativa italiana sembra aver ristretto l’applicabilità dell’obbligo di computare il valore complessivo stimato della totalità dei lotti.

 

  1. Violazione delle norme europee in relazione alle opere di urbanizzazione.

In ossequio alla normativa europea, in materia di opere di urbanizzazione, le amministrazioni aggiudicatrici possono aggiudicare ciascun lotto senza applicare il codice dei contratti pubblici solo qualora abbiano prima verificato che il valore cumulato dei lotti è inferiore alla soglia UE.

Tale interpretazione non risulta pacifica nell’ordinamento nazionale, per cui si chiede di conformarsi a questa impostazione.

 

  1. Violazione di norme riguardanti i motivi di esclusione.

3.1. L’articolo 80, comma 4, D.Lgs. n. 50/2016 non sarebbe conforme alle Direttive comunitarie in quanto non consente alle amministrazioni aggiudicatrici di escludere un operatore economico che ha violato gli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali con qualunque mezzo adeguato, anche qualora tale violazione non sia stata stabilita da una decisione giudiziaria o amministrativa avente effetto definitivo.

3.2. La Commissione ritiene che l’articolo 80, comma 5, lettera c), del decreto legislativo 50/2016, giacché, nel caso di offerenti che abbiano contestato in giudizio la risoluzione anticipata di un precedente contratto di appalto o concessione, tale circostanza preclude alle stazioni appaltanti ogni valutazione circa l’affidabilità di tali offerenti sino a quando il giudizio non abbia confermato la risoluzione anticipata.

Al riguardo, con il D.L. n. 135 del 2018 (in via di conversione), il Legislatore italiano sembra aver anticipato la soluzione della questione, espungendo dall’art. 80 comma 5 lett. c) il riferimento alla rilevanza della contestazione in giudizio

 

  1. Violazione di norme riguardanti il subappalto.

Il suabappalto, nella sua declinazione nazionale, resta certamente tra gli istituti più controversi.

Al riguardo, le contestazioni mosse alla legislazione italiana riguardano:

– il divieto di subappaltare più del 30% di un contratto pubblico;

– l’obbligo di indicare la terna di subappaltatori proposti;

– divieto per l’offerente in una determinata gara di essere subappaltatore di un altro offerente nella stessa gara;

– divieto per un subappaltatore di fare a sua volta ricorso ad un altro subappaltatore (c.d. subappalto “a cascata”).

Su alcune di queste tematiche (limite del 30%) spesso si è detto che le scelte compiute dallo Stato italiano sono volte ad assicurare l’integrità dei contratti pubblici e la loro immunità da infiltrazioni della criminalità; scopi questi che potrebbero giustificare l’istituzione di una restrizione alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi.

In ogni caso, al di là di quanto indicato dalla Commissione Europea, allo stato attuale, pendono davanti alla Corte di Giustizia diverse questioni sollevate dai Giudici nazionali proprio su alcuni aspetti attinenti alla tematica del subappalto, tra cui:

– Consiglio di Stato, Sez. VI^, 11.6.2018, ordinanza n. 3553, relativamente alla conformità del limite del 30%, Causa C-402/18;

– T.A.R. Lazio – Roma, Sez. II^, 29,5,2018, ordinanza n. 6010, relativamente alla possibilità di escludere un operatore economico per la sussistenza del venir meno dei requisiti di cui all’art. 80, comma 5 D.lgs. n. 50/2016 in capo al subappaltatore, Causa C-395/18;

– T.A.R. – Lombardia,  Sez. I^, 19.1.2018, ordinanza n. 148, in merito al limite del 30% per l’affidamento delle attività da svolgersi in subappalto, Causa C-63/18.

 

  1. Violazione delle norme riguardanti l’avvalimento.

Anche per l’avvalimento la Commissione Europea ha rilevato diverse violazioni delle Direttive, che possono essere così riassunte:

– divieto per il soggetto sulle cui capacità l’operatore intende fare affidamento di affidarsi a sua volta alle capacità di un altro soggetto (c.d. avvalimento a cascata);

– divieto per diversi offerenti in una determinata gara di fare affidamento sulle capacità dello stesso soggetto;

– divieto per il soggetto sulle cui capacità un offerente intende fare affidamento di presentare un’offerta nella stessa gara;

– divieto per gli offerenti di avvalersi delle capacità di altri soggetti quando il contratto riguarda progetti che richiedono “opere complesse”, denominate anche “super specialistiche” o S.I.O.S.

 

  1. Violazione di norme riguardanti le offerte anormalmente basse

La Commissione osserva che la disposizione di cui all’articolo 97, comma 8, del D.Lgs. n. 50/2016, contrariamente alle Direttive UE, consente alle stazioni appaltanti di escludere offerte anormalmente basse senza prima chiedere agli offerenti di fornire spiegazioni.

Nel termine di due mesi lo Stato italiano dovrà riscontrare la lettera pervenuta da Bruxelles, fornendo informazioni utili perché la Commissione chiuda il procedimento.

Diversamente, nel caso in cui i chiarimenti non soddisfino le richieste della Commissione, questa potrà inviare un parere motivato con il quale chiede allo Stato membro di conformarsi al diritto dell’Unione, chiedendo altresì l’indicazione – a distanza di massimo due mesi – delle misure che lo Stato ha adottato per risolvere le criticità indicate dalla Commissione.

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