L’AMMISSIBILITÀ DI UN CONTRATTO PRELIMINARE AVENTE AD OGGETTO UN BENE IMMOBILE NON ANCORA COMPLETATO
L’approfondimento a cura degli Avv. Ugo Altomare e Fabrizio Vomero
La sentenza della Corte di Cassazione n. 23110 del 18 agosto 2021 si è soffermata sulla figura del contratto preliminare di vendita con ad oggetto un bene ancora oggetto di costruzione.
Nel caso scrutinato, era stato stipulato un preliminare di vendita di una mansarda da realizzare sul lastrico di proprietà della società convenuta (da collegare al sottostante appartamento dell’attore), sotto la condizione risolutiva rappresentata dal mancato rilascio della concessione in sanatoria entro una certa data. L’immobile era stato realizzato nelle strutture grezze ed era stato unito all’appartamento sottostante, tuttavia senza il rilascio della sanatoria.
L’attore aveva, quindi, chiesto al Tribunale di emettere una sentenza di esecuzione in forma specifica del preliminare ex art. 2932 cod. civ. o, in via gradata, di pronunciare la risoluzione del contratto per inadempimento della promittente venditrice.
La convenuta, costituitasi in giudizio, aveva eccepito la nullità del contratto per illiceità dell’oggetto, proponendo una domanda riconvenzionale per ottenere, tra l’altro, il pagamento del prezzo residuo dell’appartamento sottostante.
Il Tribunale aveva respinto tutte le domande delle parti con sentenza confermata anche in grado d’appello.
In particolare, la Corte d’Appello di Ancona aveva ritenuto che le parti avessero concluso un preliminare di appalto, dal momento che la società convenuta si era impegnata a completare la mansarda sul lastrico di sua proprietà: il fatto che, alla data della stipula, il bene fosse stato realizzato solo in parte, comportava la prevalenza della prestazione di fare rispetto a quella di dare.
A sostegno di questa tesi deponeva la circostanza che le parti avessero programmato la realizzazione di un immobile ancora da completare, individuando in un apposito capitolato i lavori da eseguire e differendo il pagamento del saldo al momento dell’ultimazione della costruzione.
Secondo la Corte marchigiana, dunque, la compravendita potrebbe avere ad oggetto esclusivamente immobili già ultimati.
Inoltre, anche prescindendo dalla tipologia del contratto, si era comunque in presenza di un negozio nullo per illiceità dell’oggetto, giacché stipulato in assenza della concessione edilizia.
La sentenza di secondo grado è stata impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione sulla base di plurimi motivi tesi a dimostrare la natura di preliminare di compravendita del contratto concluso tra le parti.
Il ricorso è stato accolto.
La Suprema Corte ha reputato erronea la qualificazione del contratto, operata dalle sentenze di primo e secondo grado, in termini di preliminare di appalto, osservando che il fatto che il bene promesso non fosse ancora ultimato e che l’impresa si fosse impegnata ad eseguire una prestazione di fare non poteva escludere «il perfezionamento di un preliminare diretto alla successiva conclusione di un negozio ad effetti reali».
Infatti, il contratto avente ad oggetto la cessione di un fabbricato non ancora perfezionato, con obbligo del cedente di eseguire i lavori necessari a terminare il bene, può integrare gli estremi della vendita di una cosa futura qualora l’obbligo di completamento dei lavori assuma, nel sinallagma contrattuale, un rilievo solamente accessorio e strumentale rispetto al trasferimento della proprietà (cfr. Cass., n. 21773/2005; Cass., S.U., n. 11656/2008).
La sentenza d’appello, pertanto, aveva omesso di individuare la reale volontà dei contraenti sulla base dei criteri ermeneutici codicistici, non dando il giusto peso al dato letterale del contratto (che impiegava formule tipiche della promessa di vendita), né al senso risultante dall’insieme delle clausole negoziali (che contenevano pattuizioni tipiche dei negozi ad effetti reali), né ancora alle circostanze concrete della stipulazione.
Inoltre, il preliminare sottoscritto non poteva neppure essere ritenuto nullo per l’assenza della concessione edilizia, giacché l’invalidità contrattuale prevista dalla legge n. 47/1985 non si applica ai preliminari di vendita immobiliare, ma soltanto ai negozi ad effetti reali.
La Corte di Cassazione ha, perciò, rinviato la causa ad un’altra sezione della Corte d’appello di Ancona per la prosecuzione del giudizio sulla scorta dei principi di diritto enunciati.