APPALTI E REATI: VERIFICA DEI REQUISITI NELLE SOCIETÀ CON MENO DI QUATTRO SOCI
CONSIGLIO DI STATO, V^, 23.6.2016, N. 2813
Nella recente sentenza del 23 giugno 2016, n. 2813, il Consiglio di Stato si è occupato dell’interpretazione della normativa sui requisiti di ordine generale nel particolare caso disciplinato all’art. 38, comma 1, lett. c), del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, laddove (similmente all’art. 80, comma 3, del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50), impone alle S.A. la verifica della sussistenza della causa di esclusione per sentenza di condanna irrevocabile anche nei confronti “degli amministratori muniti di potere di rappresentanza o del direttore tecnico o del socio unico persona fisica, ovvero del socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci, se si tratta di altro tipo di società o consorzio”.
In tali casi, il Collegio adito ha chiarito che la causa di esclusione va verificata, oltre che con riguardo al socio unico persona fisica o al socio di maggioranza persona fisica per le società con meno di quattro soci, anche (e vieppiù) con riguardo al socio persona giuridica.
Una lettura difforme permetterebbe di aggirare la ratio stessa di garanzia della moralità del concorrente alla gara, poiché nel collegamento tra le società potrebbero “annidarsi fenomeni di irregolarità elusive degli obiettivi di trasparenza perseguiti”.
Tale interpretazione del testo di legge affonda le radici, prima di tutto, su un indice di carattere letterale dato che, con riferimento alla locuzione “socio di maggioranza”, non è ravvisabile alcuna specificazione in relazione alla natura giuridica del socio. Da ciò, il Collegio trae come conseguenza che “si avvalora l’opzione ermeneutica per la quale l’espressione testuale vale tanto per la persona fisica, quanto per la persona giuridica in conformità ad un approccio sostanzialistico alla normativa che attribuisce rilievo ai requisiti di moralità di tutti i soggetti che condizionano la volontà degli operatori che stipulano contratti con la pubblica amministrazione, a prescindere dalla circostanza che siano persone fisiche o giuridiche, in ossequio ai principi di lealtà, correttezza, trasparenza e buona amministrazione”.
A simili approdi, peraltro, si perviene guardando alla ratio sottostante il disposto dell’art. 45 della Direttiva 2004/18/CE, laddove stabilisce che “in funzione del diritto nazionale dello Stato membro in cui sono stabiliti i candidati o gli offerenti, le richieste riguarderanno le persone giuridiche e/o le persone fisiche, compresi, se del caso, i dirigenti delle imprese o qualsiasi persona che eserciti il potere di rappresentanza, di decisione o di controllo del candidato o dell’offerente”.
Il Collegio adito, poi, si è soffermato sull’aspetto relativo alla valutazione dell’incidenza del reato sulla moralità professionale, individuando elementi “sintomatici” della gravità della condotta perpetrata dagli individui assoggettati agli oneri dichiarativi di cui all’art. 38, comma 1, lett. c), del D.Lgs. n. 163/2006.
Oltre al dato decisivo della definitività della pronuncia giurisdizionale, la gravità della condotta può desumersi, tra l’altro, come nel caso di specie, dalla mancata concessione delle attenuanti generiche, “dal mancato adempimento delle prescrizioni cui il Giudice aveva subordinato la concessione della sospensione condizionale della pena”, dall’assenza di una declaratoria di estinzione del reato o dalla mancata riabilitazione del condannato.
Va, infine, evidenziato che l’aspetto da ultimo analizzato è stato parzialmente riformato dall’attuale testo del D.Lgs. 18 aprile, n. 50.
In particolare, l’art. 80, commi 1, 2 e 3, ha sancito il definitivo abbandono della causa di esclusione “aperta” di cui all’art. 38, comma 1, lett. c), del D.Lgs. n. 163/2006, prevista nel caso di provvedimento definitivo dell’A.G. “per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale”, in funzione di un approccio basato sull’indicazione specifica delle fattispecie rilevanti ai fini dell’esclusione dell’o.e.. L’unica ipotesi di esclusione “residuale” prevista dal Nuovo Codice è quella prevista all’art. 80, comma 1, lett. g), nei casi di condanna per “ogni altro delitto da cui derivi, quale pena accessoria, l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione”.