APPALTO PRIVATO: RESPONSABILITA’ SOLIDALE DEL DIRETTORE LAVORI E DELLA DITTA APPALTATRICE
Il commento a cura degli Avv.ti Ugo Altomare e Carmela Benedetta Repaci
Con ordinanza del 20 luglio 2021, n. 20704, la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla responsabilità del direttore dei lavori nell’esecuzione dell’appalto privato.
La pronuncia trae origine da un contenzioso azionato dal committente di lavori il quale lamentava l’erronea esecuzione delle opere di impermeabilizzazione del tetto.
L’appaltatore chiedeva dunque la risoluzione del contratto d’opera concluso con il direttore dei lavori con condanna di questo al risarcimento del danno oltre che alla restituzione degli importi ricevuti a titolo di compenso. Con autonoma domanda agiva anche nei confronti della ditta appaltatrice per ottenere la risoluzione del contratto oltre alle restituzioni e al risarcimento dei danni per erronea esecuzione dei lavori.
Le suddette istanze venivano accolte dal Tribunale ordinario che, accertata la concorrente e pari responsabilità del D.L. e dell’impresa, li condannava in solido al risarcimento dei danni.
In virtù di appello interposto dal Direttore dei lavori, la Corte di Appello di Roma, in parziale accoglimento del gravame e in parziale riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda di risoluzione del contratto d’opera professionale per essere il rapporto fra la committente ed il professionista esaurito al momento della realizzazione dei lavori sul tetto. Ritenendo che prestazione resa fosse stata comunque caratterizzata da plurimi inadempimenti, la Corte di Appello confermava la condanna in solido al risarcimento, seppur in misura ridotta, e accertava la corresponsabilità del professionista nel rapporto interno con la società costruttrice nella misura di un terzo, condannandolo conseguentemente a tenere indenne l’appaltatrice di quanto eventualmente chiamata a pagare all’attrice a titolo di danni.
Ricorreva per Cassazione il D.L., con due motivi di ricorso, affermando che la Corte di Appello avesse errato nella qualificazione e quantificazione del profilo di responsabilità del professionista.
La Corte di Cassazione, nel rigettare entrambi i motivi di ricorso, ha chiarito che la responsabilità solidale del progettista implica che questi è tenuto, nei confronti dei terzi danneggiati, ai sensi dell’art. 2055 c.c., all’identica obbligazione risarcitoria dell’appaltatore avente ad oggetto le opere necessarie all’eliminazione dei vizi ed all’esecuzione dell’opus a regola d’arte.
In tema di contratto di appalto il vincolo di responsabilità solidale fra l’appaltatore ed il progettista e direttore dei lavori, i cui rispettivi inadempimenti abbiano concorso in modo efficiente a produrre il danno risentito dal committente, trova fondamento nel principio di cui all’art. 2055 c.c., il quale, anche se dettato in tema di responsabilità extracontrattuale, si estende all’ipotesi in cui taluno degli autori del danno debba rispondere a titolo di responsabilità contrattuale (Cass. n. 14650 del 2012).
Chiarisce la Corte che qualora il danno risentito dal committente di un contratto di appalto sia ascrivibile alle condotte concorrenti dell’appaltatore e del direttore dei lavori (o del progettista), entrambi sono solidamente responsabili del danno, a nulla rilevando la diversità dei titoli cui si ricollega la responsabilità, con la conseguenza che il danneggiato può rivolgersi indifferentemente all’uno o all’altro per il risarcimento dell’intero danno. Va dunque ripudiata la tradizionale teoria della “eadem causa obligandi” in favore della interpretazione corrente dell’art. 2055 c.c., che fonda la ragione della responsabilità solidale nel semplice concorso di più soggetti in una condotta produttiva di danno che sia genericamente riconducibile alla categoria generale dei fatti illeciti.
Dunque, ove il danno risentito dal committente di un contratto di appalto sia conseguenza dei concorrenti inadempimenti dell’appaltatore e del progettista – direttore dei lavori, entrambi ne rispondono solidalmente a prescindere dal titolo di responsabilità, essendo sufficiente, per la sussistenza della solidarietà, che le azioni e le omissioni di ciascuno abbiano concorso in modo efficiente a produrre l’unico evento dannoso.