Art. 50 D. Lgs 36/2023, affidamento diretto negli appalti sottosoglia

Art. 50 D. Lgs 36/2023, affidamento diretto negli appalti sottosoglia.

Il supporto interpretativo della Circolare del MIT del 20 novembre 2023, n. 298.

A cura di Avv. Emilia Piselli, Avv. Fabrizio Vomero affidamento diretto negli appalti sottosoglia

Tra le novità più discusse del nuovo Codice dei Contratti Pubblici, D. Lgs. n. 36/2023, figurano senz’altro le norme introdotte in tema di affidamento diretto dall’art. 50, primo comma, secondo cui: «1. Salvo quanto previsto dagli articoli 62 e 63, le stazioni appaltanti procedono all’affidamento dei contratti di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all’articolo 14 con le seguenti modalità:

  1. a) affidamento diretto per lavori di importo inferiore a 150.000 euro, anche senza consultazione di più operatori economici (…);
  2. b) affidamento diretto dei servizi e forniture, ivi compresi i servizi di ingegneria e architettura e l’attività di progettazione, di importo inferiore a 140.000 euro, anche senza consultazione di più operatori economici (…);
  3. c) procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, ove esistenti (…) per i lavori di importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a 1 milione di euro;
  4. d) procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno dieci operatori economici, ove esistenti (…) per lavori di importo pari o superiore a 1 milione di euro e fino alle soglie di cui all’articolo 14, salva la possibilità di ricorrere alle procedure di scelta del contraente di cui alla Parte IV del presente Libro;
  5. e) procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, ove esistenti (…) per l’affidamento di servizi e forniture, ivi compresi i servizi di ingegneria e architettura e l’attività di progettazione, di importo pari o superiore a 140.000 euro e fino alle soglie di cui all’articolo 14».

L’ampia estensione delle fattispecie di affidamento diretto, divenute, a rigor di norma, obbligatorie entro le soglie indicate, è stata giustificata con la finalità di semplificare ed accelerare l’assegnazione di appalti pubblici, ma ha destato sin dall’inizio dubbi e preoccupazioni (da subito espressi anche dall’Anac) in ordine ai pericoli di corruzione, clientelismo e, in generale, compromissione della libera concorrenza.

In questo quadro, la recente circolare del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 20 novembre 2023, n. 298 (pubblicata sulla GURI n. 274 del 23 novembre 2023) ha segnato una brusca inversione di tendenza da parte del Governo, tesa a venire incontro ai timori palesati da giuristi ed operatori del settore.

Il MIT si è sentito chiamato a precisare che, attraverso le nuove citate disposizioni, il D. Lgs. n. 36/2023 «ha inteso, in continuità con le semplificazioni introdotte dai decreti-legge n. 76 del 2020 e n. 77 del 2021, individuare soglie di affidamenti al di sotto delle quali possono essere utilizzate procedure ritenute idonee a soddisfare le esigenze di celerità e semplificazione nella selezione dell’operatore economico, fermi restando i principi fondamentali del Codice. 

Queste disposizioni costituiscono applicazione del principio del risultato di cui all’art. 1 del Codice che impone, tra l’altro, alle stazioni appaltanti e agli enti concedenti di perseguire il risultato dell’affidamento del contratto con la massima tempestività. Tale principio costituisce peraltro attuazione nel settore dei contratti pubblici del principio del buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità. Esso è perseguito nell’interesse della comunità e per il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione europea.

Al contempo, viene fatta salva la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie. Pertanto, va ribadito che l’art. 48, comma 1, del Codice, sulla disciplina comune applicabile ai contratti sotto-soglia, richiama accanto al principio del risultato tutti i principi contenuti nel titolo I della Parte I del Primo Libro del Codice, tra cui rilevano, in particolare, il principio di accesso al mercato degli operatori economici nel rispetto dei principi di concorrenza, di imparzialità, di non discriminazione, di pubblicità e trasparenza, di proporzionalità e il principio della fiducia, che valorizza l’iniziativa e l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici. (…)

In considerazione di quanto esposto, si ribadisce che le disposizioni contenute nell’art. 50 del Codice vanno interpretate ed applicate nel solco dei principi e delle regole della normativa di settore dell’Unione europea, che in particolare richiama gli Stati membri a prevedere la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di applicare procedure aperte o ristrette, come disposto dalla direttiva 2014/24/UE. (…) ».

In buona sostanza, il Ministero ha cercato di ricondurre le nuove disposizioni relative all’affidamento diretto ai superiori principi generali indicati dal diritto e dalla giurisprudenza europei in tema di pubblici affidamenti, indicando che «viene fatta salva la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie».

Tuttavia, tale facoltà non risulta rinvenibile in alcuna esplicita disposizione di legge.

Infatti, il dato testuale del primo comma dell’art. 50 del D. Lgs. n. 36/2023 (imperniato sull’espressione perentoria «le stazioni appaltanti procedono all’affidamento … con le seguenti modalità», e senza l’uso di termini come “possono procedere” o “hanno facoltà di”) non sembrerebbe lasciar spazio al ricorso alle ordinarie procedure di gara.

Un’eccezione all’obbligatorietà del ricorso all’affidamento senza gara risulterebbe prevista esclusivamente per la fattispecie di cui alla lettera d), per la quale è prevista la possibilità alternativa di ricorrere alle procedure di scelta ordinarie.

Sul tema, è intervenuto il Presidente dell’Anac, Giuseppe Busìa, dando conto del fatto che «la circolare è una evidente marcia indietro del Governo e mostra che le nostre obiezioni erano fondate. Il Ministero lo fa con una circolare e non – come sarebbe stato necessario – con legge, ma rappresenta comunque un importante passo avanti. Prevedere che sia obbligatorio l’affidamento diretto per tutti i contratti per l’acquisto di beni o servizi sopra i 140mila euro e che si arrivi ad assegnare i lavori fino ad oltre cinque milioni di euro senza pubblicare neanche un avviso pubblico rappresentava una forzatura. Numericamente, si tratta infatti della stragrande maggioranza dei contratti significava che sarebbero stati sottratti alle più elementari forme di pubblicità, a danno delle imprese e delle casse pubbliche. È infatti evidente che, se per spendere ben oltre centomila euro, l’amministrazione non deve neanche chiedere due preventivi, si rivolgerà alla prima impresa che capita, e questa non avrà alcun interesse a contenere la propria offerta».

In questo quadro, preso atto della linea interpretativa dettata dal MIT,  che costituisce di certo un faro nell’intepretazione applicativa della disposizione in linea con i principi della concorrenza, apprezzata anche dall’ANAC, per superare ogni contrasto applicativo anche in sede giudiziale e produrre uniformità di comportamento, si palesa sempre più necessario l’auspicato intervento, anche di natura interpretativa,  del legislatore che, rettificando o comunque chiarendo il testo dell’art. 50 del D. Lgs. n. 36/2023, possa permettere il definitivo superamento dei dubbi in merito alla possibilità di ricorrere alle ordinarie procedure di gara anche per i contratti sotto-soglia. 

 

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