ARTE A GARANZIA DI FINANZIAMENTI
Si chiama art-financing e più o meno in sordina è una pratica per ottenere finanziamenti che è sempre esistita: dalla fine del 2015, con il lancio a New York del fondo Athena Art Finance Corp (sui fondi di arte si veda “Anche l’Italia è pronta per gli artfund” di Segnalini), con dotazione di 280 milioni di dollari, si appresta però a divenire uno strumento maggiormente utilizzato, per generare liquidità dalle opere d’arte. Il fondo, infatti, offre prestiti pro soluto sul mercato globale aventi come collaterali esclusivamente le opere d’arte, mirando altresì a indurre un approccio disciplinato a come l’arte viene finanziata, accettando come garanzia solo le opere d’arte più preziose, incontrando così le necessità dei c.d. high net worth individual, dei family office e di altri operatori del settore che attualmente dispongono di limitate opzioni nel ricorso all’art financing tra cui i finanziamenti pro solvendo erogati dai principali istituti bancari private oppure prestiti a breve termine offerti da boutique finanziarie con tassi a doppia cifra.
Il fondo, permettendo ai collezionisti di mantenere la proprietà delle opere d’arte, consente pertanto loro di effettuare altri investimenti o di finanziare spese inattese, proteggendo al contempo il resto del loro patrimonio. Con un conseguente aumento di liquidità per i collezionisti che indurrà un miglioramento nella trasparenza e nell’efficienza del mercato dell’arte.
Allo Studio Piselli and Partners, nell’ambito del suo impegno per la valorizzazione dell’arte e della cultura, non è sfuggita la novità, ma soprattutto la circostanza che essa porta con sé la necessità di mettere a punto anche gli schemi giuridici più appropriati per garantire il successo di operazioni di questo genere: dare un’opera d’arte come garanzia di un prestito – al di là del fatto che si tratti di un’opera di grande valore, che è una garanzia per il mercato (ma di certo non la sola) – comporta, infatti, la necessità di verificare preliminarmente tutta una serie di problemi civilistici (l’esistenza di un valido titolo di proprietà, la verifica della legittima provenienza, non sempre scontata) e di altri di tipo amministrativo (in quanto se ad es. l’opera è soggetta a vincolo, sono necessarie tutta una serie di formalità preventive perché si possa costituire il pegno, denunciare il cambio del possesso, etc.).
Se si tratta poi di opere d’arte della Shoah, le cautele da prendere sono ancora di più.
Non è un caso quindi che chi già offre servizi di art-financing scelga accuratamente quale tipologia di opere d’arte dare in garanzia (e, come si diceva, il discrimine non è, e non può essere, solo quello del valore di mercato).
Perché il mercato dell’arte non è solo, tra i mercati di dimensioni ragguardevoli (a livello globale) il meno sviluppato e finanziariamente sofisticato al mondo, ma anche quello giuridicamente più complesso, che richiede l’expertise di studi legali specializzati, che affianchino gli art advisory e operazioni come quelle del fondo Athena.
In questo momento di passaggio, soprattutto per le banche italiane che forse sottovalutano ancora le potenzialità dello strumento, lo Studio Piselli and Partners sta supportando fortemente le parti coinvolte nelle operazioni di art-financing, per supportarle negli aspetti legali e fiscali da cui anche – e forse soprattutto – dipende il successo dell’operazione.