PUBLIC PROCUREMENT 4.0 COME LEVA PER LA PA DIGITALE
I punti chiavi del Piano Triennale Agid sono maggior risalto al ruolo delle amministrazioni territoriali, fornendo loro il necessario supporto nel percorso di innovazione; condivisione degli strumenti di monitoraggio dei progetti; attenzione alle competenze manageriali e digitali all’interno delle PA. Il documento aggiorna la strategia di trasformazione digitale per lo sviluppo dell’informatica pubblica italiana, recependo le ultime modifiche introdotte del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) e delle recenti direttive e regolamenti europei sull’innovazione, definendo le linee operative di sviluppo dell’informatica pubblica, il modello di evoluzione del sistema informativo della PA ed i relativi investimenti ICT.
Come chiarito dalla stessa Agenzia per l’Italia Digitale, il Piano rappresenta uno strumento dinamico, volto ad un sempre più esteso coinvolgimento delle amministrazioni che operano sul territorio, ma anche dei destinatari finali – cittadini ed utenti – della trasformazione digitale della PA, identificata come volano di crescita economica del Paese. L’obiettivo è colmare il gap con i partner europei in tema di digitalizzazione, attraverso l’individuazione di elementi strategici, indirizzi di azione, regole tecniche ed indicazioni operative, volti a conseguire la modernizzazione e l’efficientamento (in termini di semplificazione e trasparenza) dei processi amministrativi, nonché un più efficace controllo della spesa pubblica.
Con riguardo al settore dell’e-procurement, si sottolinea che la digitalizzazione dei processi di approvvigionamento di beni e servizi delle pubbliche amministrazioni nelle due fasi di pre e post aggiudicazione, (ovvero dalla pubblicazione dei bandi fino al pagamento, c.d. appalti elettronici end-to-end), sia uno dei principali driver delle politiche dell’UE. In tal senso, la risposta alla complessità dei procedimenti amministrativi e dei conseguenti rapporti giuridici che si determinano, nonché alla sempre crescente velocità decisionale che dal mercato, potrebbe arrivare proprio dalle nuove risorse tecnologiche.
Non a caso, tra le nuove misure previste e menzionate nel Piano per l’innovazione dei servizi pubblici, figura l’apertura verso l’adozione di tecnologie emergenti, come l’Intelligenza artificiale e la Blockchain (anche sulla scorta dei risultati delle sperimentazioni condotte dai laboratori attivi presso Agid e sugli output dei gruppi di esperti individuati dal MISE). In particolare, la “catena di blocchi” si pone come la risposta (astrattamente) ideale alle istanze di inclusività, accessibilità, trasparenza, fiducia e sicurezza esplicitate nel nuovo Piano Triennale. Parallelamente, i sistemi di Artificial Intelligence si configurano particolarmente utili nella fase della valutazione dell’offerta, laddove vi è bisogno di metodi di valutazione e misurazione della qualità che diano garanzia di oggettività e attendibilità.
Nel settore pubblico si registrano già alcune ipotesi di utilizzo di programmi algoritmici con finalità di previsione e/o di decisioni, applicate a questioni “seriali” o che si fondano su parametri predeterminati (come l’assegnazione degli insegnanti alle sedi scolastiche vacanti, tema recentemente portato all’attenzione del TAR Lazio). Tuttavia, al di là di quanto contenuto nel Piano, sembra opportuno svolgere alcune considerazioni. In primo luogo, v’è a dire come l’utilizzo di strumenti quali IA, e-procurement, blockchain e smart contract, debba essere calibrato in funzione delle varie fasi dell’evidenza pubblica (dalla programmazione, alla scelta del contraente, alla stipula del contratto, sino alla sua esecuzione). In ciascuna fase potranno utilizzarsi i singoli strumenti oppure alcuni di essi congiuntamente. Occorrerà, in tale ottica, dedicare particolare attenzione a detta operatività congiunta, proprio al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi fissati.
Non va trascurato il profilo relativo alla formazione delle persone deputate all’utilizzo di tali innovazioni: in funzione di ciò, la diffusione di una “cultura digitale” deve essere tradotta in interventi di profondo cambiamento del sistema formativo a vari livelli. Sul punto, è significativo il riferimento presente nel Piano al rafforzamento delle competenze manageriali e digitali all’interno delle pubbliche amministrazioni, con l’espressa previsione di iniziative concrete di sensibilizzazione e formazione. Ancora, sembra indispensabile strutturare un percorso di avvicinamento progressivo alle nuove procedure, innescando uno switch mentale ed operativo non brusco ed estemporaneo, bensì graduale ed affiancato da adeguate misure di accompagnamento.
Nel caso della blockchain, ad esempio, va considerato come, a fronte delle numerose ed interessanti potenzialità, in termini di certezza, trasparenza ed efficacia delle soluzioni, (già in parte esplorate con una serie di sperimentazioni e progetti in corso, in Italia ed all’estero, in una serie di ambiti eterogenei), occorre valutare le opportunità derivanti dalle certezza delle transazioni in ipotesi registrate all’interno della “catena di blocchi”. Da tali transazioni si potrebbero trarre elementi utili ed automatici ai fini della qualificazione dei soggetti partecipanti alle gare, in un sistema in cui si dovrebbe, altresì, ripensare al ruolo delle SOA (Società Organismi di Attestazione).
Anche con riferimento agli smart-contract, sebbene vi sia nel nostro Paese una loro prima definizione e copertura normativa (art. 8-ter Decreto Semplificazioni) e nonostante lo stesso Parlamento Europeo abbia rilevato come le attuali tecnologie siano sufficientemente mature per considerarli giuridicamente vincolanti, non può prescindersi dal tenere nella giusta considerazione tutta una serie di problematiche e criticità connesse ai medesimi, come gli aspetti legati al loro valore legale, all’interoperabilità delle blockchain e all’affidabilità e qualità dei dati. Insomma, “smart is not enough”.
Dunque, sarà indispensabile strutturare un idoneo framework normativo di dettaglio e prevedere un “percorso di avvicinamento” che contempli dei tempi fisiologici di “metabolizzazione” delle novità e di acquisizione di competenze adeguate ed aggiornate per il corretto utilizzo dei nuovi tools digitali. In concreto, sarebbe opportuno strutturare tale percorso in fasi successive, la prima delle quali caratterizzata dal ricorso a programmi in grado di aiutare i pubblici funzionari a seguire le corrette procedure, tracciando i percorsi e suggerendo soluzioni operative e motivazionali, in modo da semplificare le loro attività e ridurre notevolmente il loro margine di errore, in una sorta di “guida assistita”.
Progressivamente, si potrebbe giungere a software più avanzati, in grado di delineare autonomamente il procedimento, fino a sistemi in cui l’IA potrebbe sostituire integralmente l’iter decisionale umano, configurandosi come un vero e proprio “procedimento a guida autonoma”. Volendo sintetizzare quanto sinora osservato, l’imperativo è il seguente: trasformare progressivamente la strategia in azioni concrete, sfruttando le opportunità offerte della digitalizzazione per fare di più e meglio con risorse minori, meglio organizzate e qualificate.
In ogni caso, trattandosi di procedure amministrative, pare quanto mai appropriato prendere in prestito le parole di Bill Gates, secondo cui “la prima regola di ogni tecnologia è che l’automazione applicata ad un’operazione efficiente ne aumenterà l’efficienza; la seconda è che l’automazione applicata ad un’operazione inefficiente ne aumenterà l’inefficienza”.
In definitiva, si tratta di approcciare le nuove tecnologie non come panacea di tutti i mali che affliggono il settore in esame, ma come risorse da porre al servizio dell’interesse pubblico per migliorare il buon andamento e l’imparzialità della Pubblica Amministrazione, in ossequio ai principi di cui all’art.97 della Costituzione. Per un più ampio approfondimento sulla tematica, si rimanda al volume da me recentemente pubblicato “Public Procurement 4.0. – I nuovi strumenti digital al servizio della contrattualistica pubblica”.