QUENTIN TARANTINO ANNUNCIA IL LANCIO DEGLI NFT DI “PULP FICTION” E LA MIRAMAX FILMS LO CITA IN GIUDIZIO.

La Miramax Films, una casa di produzione e distribuzione cinematografica statunitense, lo scorso 16 novembre ha dichiarato di voler intraprendere un’azione legale contro il regista e sceneggiatore Quentin Tarantino per aver annunciato, il 2 novembre, la vendita sul marketplace di OpenSea di 7 NFT (Non Fungible Token) tratti da scene inedite di “Pulp Fiction” (noto cult del 1994), bozzetti di sceneggiatura scritti a mano e accompagnati da repertorio audiovisivo amatoriale di studio e progettazione. Una documentazione eccezionale ed unica nel suo genere, che troverebbe riscontro nella definizione del tutto peculiare degli NFT lanciati dal regista, coniata in collaborazione con SCRT Labs e Secret Network: “Secret NFT”.

Come si ricava dall’acceso dibattito avvenuto in via preliminare tramite social network, la casa di produzione, già proprietaria di tutti i diritti sul lungometraggio, afferma di essere l’unico soggetto legittimato a tokenizzare qualsivoglia prodotto afferente “Pulp Fiction” e che l’azione del regista rappresenterebbe una violazione premeditata del Copyright, anche in considerazione del fatto che la Miramax sta da tempo conducendo delle riflessioni per approcciare a questo segmento di mercato, avendo già diffidato Tarantino dal procedere autonomamente, senza ottenere riscontro dai suoi legali.

Il regista, infatti, pur consapevole delle trattative di Miramax con terze parti per lo sviluppo e la vendita di NFT, non ha fatto alcuno sforzo per contattare la casa di produzione per coinvolgerla nel suo progetto, nonostante nel 1993 le abbia ceduto tutti i diritti concernenti il materiale prodotto per Pulp Fiction in tutte le fasi di sviluppo e produzione, ivi inclusi i “Secreti di Pulp Fiction”.

È però opportuno specificare che mentre i diritti di Miramax includono “tutti i diritti […] ora o in futuro noti […] in tutti i media ora o in futuro conosciuti”, i diritti riservati di Tarantino, che sono un’eccezione statica e ristretta agli ampi e onnicomprensivi diritti di Miramax, non sono interpretabili in senso estensivo, ad includere qualsiasi linguaggio o media tecnico anche di futuro sviluppo, ignoto al momento della conclusione dell’originale accordo.

Ancora, argomenta Miramax che ai sensi del Copyright Act (17 U.S.C. § 101) i diritti sul film nella sua versione finale, così come nelle fasi di sviluppo e progettazione intermedie, nonché sugli eventuali ulteriori prodotti derivati che incorporano l’opera originaria, sarebbero riconducibili in via esclusiva alla casa di produzione, in conseguenza della cessione autorizzata da Tarantino.

Oltre a questo, la Miramax ha registrato il marchio “Pulp Fiction”, facendone un uso continuo nel tempo per operazioni di vendita, marketing, pubblicità e promozione di un’ampia gamma di prodotti. La realizzazione di NFT su iniziativa esclusiva di Tarantino potrebbe evidentemente generare confusione tra il pubblico consumatore di riferimento, che sarebbe indotto a credere erroneamente che l’emissione e la vendita di suddetti NFT sia autorizzata o sponsorizzata dalla Miramax.

Tale condotta costituirebbe concorrenza sleale in violazione della Sezione 43(a) del Lanham Act, 15 U.S.C. § 1125(a).

Viene quindi da chiedersi chi possa esercitare il Copyright sugli NFT, se il creatore, quale soggetto che vi appone la firma digitale, o il detentore dei diritti sul materiale originale, poi convertito in NFT.

La questione è abbastanza complessa, se si considera che la tecnologia blockchain e gli NFT rappresentano una sopravvenienza, intesa come “evento futuro e imprevedibile” al momento della conclusione del contratto, comunque esterno alla volontà delle parti e ad esse non imputabile.

È evidente, infatti, che negli anni Novanta non sarebbe stato preventivabile un tale scenario di diversificazione dei diritti che, nel mercato gestito attraverso la blockchain, ha permesso lo sviluppo di situazioni giuridiche afferenti al mondo digitale, con dinamiche parallele e indipendenti rispetto a quelle proprie del mercato o dei rapporti tradizionali.

In poche parole, qualora non sia espressamente previsto dalle parti, la cessione dei diritti relativi ad un’opera (materiale o immateriale) non sarebbe interpretabile in chiave estensiva includendo anche i diritti digitali, per la cui disposizione si dovrebbero prevedere specifiche previsioni.

In questo senso, gli NFT rappresenterebbero una certificazione di unicità e autenticità del materiale in mano all’autore che, di fatto, è l’unico proprietario dei diritti morali sull’opera (insieme ai suoi aventi causa), quali diritti esclusivi che la legge riconosce in favore dell’autore a tutela della sua personalità, come il diritto di decidere se e quando pubblicare l’opera, di rivendicarne la paternità e di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione o altra modificazione e ad ogni atto a danno della stessa. In particolare, nel caso in esame rileverebbe il diritto di offrire l’opera, per la prima volta, alla conoscenza del pubblico (art. 12, comma 1 L.d.A). sarebbe difatti considerata come prima pubblicazione la prima forma di esercizio del diritto d’autore (art. 12, comma 3 L.d.A.), che Tarantino tradurrebbe nell’emissione di NFT.

 

La citazione della Miramax costituisce solo un esempio delle molteplici, innovative e complesse questioni giuridiche che il mercato della Crypto Art pone, sulle quali si stanno innestando interessanti dibattiti i cui esiti sono destinati a costituire un precedente determinante per la risoluzione delle future controversie.

 

Link alla citazione: http://s3.documentcloud.org/documents/21111461/miramax-tarantino-nft.pdf

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