BREVI CONSIDERAZIONI SULLA NATURA SOSTANZIALMENTE PENALE DELL’ESCUSSIONE DELLA GARANZIA PROVVISORIA
Il commento a cura degli Avv.ti Daniele Bracci e Gianluca Podda
Uno dei temi caldi di questi ultimi mesi è senz’altro quello relativo alla disciplina delle garanzie provvisorie da prestare in sede di gara. In questo ampio filone, è da segnalare la recentissima rimessione alla Corte Costituzionale disposta da Consiglio di Stato, Sezione V, ordinanza n. 3299 del 26.4.2021.
La citata ordinanza di rimessione alla Consulta è importante per due ragioni.
In primo luogo, essa pare chiarire definitivamente il principio per cui la stazione appaltante può escutere la garanzia provvisoria soltanto nei confronti dell’aggiudicatario della procedura. Tale aspetto, ancorché ricavabile dal dato letterale della norma, ha di recente dato vita ad un contrasto giurisprudenziale, commentato in un nostro precedente articolo, nel quale si auspicava peraltro un intervento dell’Adunanza Plenaria.
Alla luce dell’obiter dictum contenuto nell’ordinanza, tale auspicato intervento dell’Adunanza Plenaria pare essere divenuto non più necessario, atteso che la Sezione V ha affermato in maniera incontrovertibile che l’art. 93, comma 6, è chiaro «nel circoscrivere la possibilità, per la stazione appaltante, di escutere detta garanzia nei soli confronti dell’aggiudicatario (recte, “affidatario”), nei casi specifici ivi contemplati».
Tale questione, dunque, pare potersi considerare definitivamente risolta.
Sotto un secondo aspetto, invece, il Consiglio di Stato ha rilevato la possibile illegittimità costituzionale dell’impianto normativo intertemporale in materia di escussione della garanzia provvisoria. In particolare, mentre l’attuale assetto normativo stabilito dal D.lgs. n. 50/2016 prevede che la garanzia provvisoria possa essere escussa soltanto nei confronti dell’aggiudicatario, il previgente D.lgs. n. 163/2006 prevedeva che detta garanzia potesse essere escussa anche nei confronti del soggetto non aggiudicatario che avesse fornito dichiarazioni rimaste senza riscontro.
Ebbene, partendo dalle note regole intertemporali stabilite dall’art. 216 del D.lgs. n. 50/2016, la disciplina sopravvenuta, a rigore, potrebbe applicarsi soltanto rispetto a procedure di affidamento bandite successivamente all’entrata in vigore del uovo Codice.
Sennonché, la legittimità costituzionale di tale ragionamento è stata messa in dubbio dal Consiglio di Stato. Il massimo consesso amministrativo parte, infatti, dal presupposto che il meccanismo dell’escussione della garanzia provvisoria abbia natura sanzionatoria sostanzialmente ‘penale’, in applicazione dei noti insegnamenti della giurisprudenza sovranazionale (cfr. giurisprudenza CEDU su criteri ENGEL). Ciò considerato, la disciplina del Nuovo Codice costituisce senz’altro una lex mitior sopravvenuta e, in quanto tale, dovrebbe trovare applicazione retroattiva favorevole anche rispetto alle procedure di gara indette in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.lgs. n. 50/2016. Infatti, sulla base della richiamata giurisprudenza CEDU, i provvedimenti aventi natura sanzionatoria sostanzialmente ‘penale’ devono beneficiare delle garanzie fondamentali di cui all’art. 7 della Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo, tra cui – appunto – il principio di retroattività favorevole.
In estrema sintesi, la natura sanzionatoria sostanzialmente ‘penale’ dell’escussione della garanzia provvisoria imporrebbe, secondo il Consiglio di Stato, la necessità di applicare il regime previgente più favorevole anche alle gare che, essendo bandite prima dell’entrata in vigore del nuovo Codice del 2016, risultano regolate dal D.lgs. n. 163/2006.
L’ultima decisione spetta ora alla Corte Costituzionale, che dovrà pronunciarsi sulla legittimità costituzionale del meccanismo intertemporale ex art. 216 del D.lgs. n. 50/2016 nella parte in cui consentirebbe l’applicazione delle norme del nuovo Codice soltanto alle procedure bandite successivamente alla sua data di entrata e non anche alle gare c.d. “Vecchio Codice”.
Certo è che, al di là delle ricadute pratiche di una disposizione che oramai ha quasi esaurito le proprie applicazioni concrete, i princìpi da ultimo espressi dal Consiglio di Stato aprono nuovissimi scenari in tema di garanzia provvisoria. Difatti, ove la Consulta dovesse confermare la natura sanzionatoria sostanzialmente penalistica dei meccanismi di escussione della garanzia provvisoria, si aprirebbe un importante dibattito in ordine alla necessaria sussistenza dei presupposti soggettivi del dolo e della colpa per poter escutere la garanzia nei confronti dell’operatore economico che, in sede di gara, si sia reso responsabile di comportamenti pregiudizievoli per la stazione appaltante.