CONCESSIONI DEMANIALI: UN DELICATO EQUILIBRIO DI INTERESSI
a cura di Mauro Miccio e Andrea Nervi
Articolo pubblicato su Edilizia e Territorio del 19 luglio 2016
Dopo lunghe attese, il 14.7.2016 la Corte di Giustizia europea ha statuito sul rinvio ex art. 267 del Trattato sul Funzionamento della Unione Europea (TFUE) operato dal Tar Sardegna e dal Tar Lombardia – cause riunite C-458/14 e C-67/15 – allo scopo di verificare la compatibilità dell’automatismo della proroga delle concessioni demaniali marittime al 31-12-2020 con il diritto comunitario ed, in particolare, con la Direttiva Bolkestein – n. 123/2006/CE – che, nel consentire la libera circolazione dei servizi e nell’assicurare la libertà di stabilimento, ha individuato nel regime concorrenziale il criterio attraverso cui erogare servizi e svolgere attività commerciali e intellettuali, nell’ottica di una competizione trasparente e transnazionale. Testualmente, ha affermato: “l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europea e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che osta a una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico-ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati; l’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che consente una proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche in essere per attività turistico-ricreative, nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo”.
Detta sentenza di valore meramente interpretativo si ritiene essere vincolante anche per altro Giudice nazionale che si trovasse ad affrontare la medesima questione.
Secondo la Corte, la norma nazionale, nel disporre una proroga al 2020 della validità delle concessioni demaniali marittime “ritarderebbe il rilascio del titolo mediante una procedura trasparente di gara, cui potrebbero essere interessate le imprese di altri Stati membri, configurando così una disparità di trattamento, vietata in linea di principio dall’articolo 49 TFUE, nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo” che “deve essere valutato sulla base di tutti i criteri rilevanti, quali l’importanza economica dell’appalto, il luogo della sua esecuzione o le sue caratteristiche tecniche, tenendo conto delle caratteristiche proprie dell’appalto in questione”.
Visto quanto sopra, quali conseguenze potrebbero a breve verificarsi, proviamo prospettare un paio di ipotesi.
Il Giudice nazionale, trovandosi a decidere sulla medesima fattispecie dovrà intendere la legge interna alla stregua dei contenuti sanciti dall’Organo europeo, arrivando anche alla disapplicazione della disposizione, ove la ritenesse incompatibile con la Direttiva. Ciò appare assi probabile dato che è la stessa Corte a pronunciarsi “implicitamente” sul punto.
È pur vero, però, che il Giudice nazionale potrà /dovrà discrezionalmente verificare se le concessioni “presentino un interesse transfrontaliero certo”. Ciò lascerebbe ampia autonomia che potrebbe essere di conforto agli attuali operatori economici interessati, poiché il tenore letterale dell’aggettivo utilizzato consente di affermare che, ove vi fosse un ragionevole dubbio, la proroga apparirebbe conforme ai contenuti delle norme comunitarie.
Proprio tale aspetto potrà assumere una connotazione essenziale sull’operato del Legislatore.
Il giudizio sul suddetto interesse, a maggior ragione, potrebbe essere ulteriormente confortato dalla considerazione che in Italia, per la stessa conformazione del territorio, i litorali marittimi, lacuali e fluviali da sfruttare sono più che disponibili, che l’appetibilità transfrontaliera “deve essere valutata sulla base di tutti i criteri rilevanti, quali l’importanza economica dell’appalto, il luogo della sua esecuzione o le sue caratteristiche tecniche, tenendo conto delle caratteristiche proprie dell’appalto in questione” che le imprese che svolgono tali attività sono per lo più realtà di carattere familiare, come la gran parte delle piccole medie imprese italiane.
Pertanto, i Tribunali Amministrativi Regionali, territorialmente competenti, dovranno di volta in volta valutare le caratteristiche socioeconomiche e geografiche delle aree demaniali interessate.
Inoltre, all’indomani della decisione, la Commissione Europea potrebbe essere anche indotta ad azionare un nuovo ricorso per infrazione contro l’Italia.
Detto procedimento si compone di due fasi ben distinte: una precontenziosa –– ed un’altra contenziosa che termina con una decisione, che diversamente dalla pronuncia in oggetto, è idonea ad accertare l’incompatibilità tra norma comunitaria e norma interna, vincolando l’Italia a conformarsi pena la irrogazione di una sanzione.
Tuttavia, è bene precisare che la Commissione non è tenuta a dare impulso alla seconda fase né ha l’obbligo di procedervi entro un termine definito, essendo rimessa alla stessa ampia discrezionalità in merito. In effetti, potrebbe anche accadere, che l’Organo vi rinunci, ove lo Stato membro, nelle more del procedimento, si conformi al parere motivato reso nella precedente fase.
Stante il carattere interpretativo della pronuncia, è poi altrettanto possibile che la Commissione non dia proprio avvio al ricorso per infrazione, anche perché, a detta della Corte, vi sarebbe un contrasto con il diritto comunitario, nel limite in cui venisse rilevato un interesse delle imprese degli altri Paesi membri.
Ad ogni buon fine, sembrerebbe che l’Italia, tramite gli Organi governativi deputati, e lo stesso Parlamento, stia lavorando ad un progetto di riforma per dare una prima immediata risposta alla questione, utilizzando, il D.L. sugli Enti locali – in fase di ultimazione, almeno per salvare le concessioni in essere.
C’è la volontà politico istituzionale di applicare i contenuti della Bolkestein al rilascio delle nuove concessioni demaniali e di prevedere una proroga che sia adeguata alle diverse problematiche di tutti i soggetti interessati, volta ad evitare l’apertura di una nuova procedura di infrazione e ciò anche in ragione del carattere meramente interpretativo della sentenza della Corte.
Al contempo, poi, si intende stabilire un termine adeguato per la scadenza delle concessioni che sono state oggetto di rinnovo automatico, in modo da procedere il prima possibile all’espletamento di gare ad evidenza pubblica, come richiesto dalla direttiva 2006/123/CE.
In tale sede, poi, sarebbe auspicabile che la attività di legiferazione italiana tenesse conto anche dei modelli degli altri paesi della Unione.
Ci si riferisce, ad esempio, alla normativa spagnola che con il regio decreto in data 10.10.2014 n. 876 ha avallato un regime di proroga di 75 anni in favore dei concessionari di chiringuitos (chioschi), ed alla legge portoghese che prevede un regime di prelazione del titolo in favore del concessionario uscente.
E ancora, prevedere, in ossequio agli scenari europei, un modello di disciplina che trasli la attribuzione delle concessioni demaniali all’istituto del project financing che permetterebbe, da un lato, di garantire il rispetto della procedura ad evidenza pubblica, dall’altro, di contemperare la durata del titolo concessorio sulla base dell’apporto monetario effettivamente prestato dal privato richiedente.
Così facendo, si perseguirebbe anche attraverso la legiferazione, la armonizzazione dell’Ordinamento giuridico comunitario.