IL CONSIGLIO DI STATO DELIMITA GLI EFFETTI DELLO STAND STILL PROCESSUALE
Il commento a cura degli Avv.ti Daniele Bracci e Patrizio Giordano
Con la Sentenza n. 5420 del 9 settembre 2020, il Consiglio di Stato ha chiarito la ratio e gli effetti dello stand still processuale, ovvero la regola per la quale la proposizione di un ricorso giurisdizionale con istanza cautelare avverso il provvedimento di aggiudicazione ha l’effetto di impedire la stipulazione del contratto d’appalto per un termine di (almeno) venti giorni.
La gara al vaglio del Collegio riguardava la conclusione di una convenzione per il servizio sostitutivo di mensa incentrato, secondo le indicazioni del Capitolato tecnico, sugli “Accordi di convenzione” stipulati tra il fornitore e gli esercizi commerciali presso i quali i dipendenti pubblici avrebbero potuto spendere i buoni pasto.
La Società appellante, originaria aggiudicataria, aveva subito la revoca dell’aggiudicazione, così come previsto dalla legge di gara, per non aver presentato tutti gli accordi di convenzionamento offerti, ma solamente una parte di essi, entro il termine all’uopo previsto dal Disciplinare di gara e di cui ne aveva chiesto la proroga, negata dalla S.A..
L’appellante, al riguardo, sosteneva che detto termine avrebbe dovuto essere prorogato anche in virtù dell’intervenuta notifica del ricorso della seconda graduata con istanza di sospensione cautelare e conseguente applicazione dello Stand Still processuale.
Difatti, secondo l’appellante:
- il meccanismo dello Stand Still processuale sarebbe rivolto a tutelare non solamente l’interesse del concorrente non aggiudicatario dalla c.d. corsa al contratto, ma anche quello dell’aggiudicatario, che, all’attivarsi del meccanismo di sospensione, sarebbe sollevato dagli adempimenti strettamente necessari connessi e funzionali alla stipula del contratto;
- di talché, ad essere sospeso, sarebbe l’intero segmento procedimentale successivo all’aggiudicazione, poiché, notificato il ricorso giurisdizionale, è posta in discussione la legittimità del provvedimento di aggiudicazione e ogni attività successivamente posta in essere, dall’amministrazione come anche dall’operatore aggiudicatario, potrebbe rivelarsi inutile, con spreco di risorse, pubbliche o private, in contrasto con i principi di economicità, efficienza e buon andamento dell’azione amministrativa.
Secondo il Collegio, tuttavia, la diversa ricostruzione degli effetti dello stand still processuale operata dall’appellante “non trova alcun riscontro nel dato normativo, ove l’impedimento è espressamente limitato alla stipulazione del contratto”.
Difatti, secondo il Consiglio di Stato, la regola dello Stand Still processuale tutela l’interesse del concorrente non aggiudicatario impugnante l’aggiudicazione, poiché consente il primo vaglio giudiziario dei motivi di ricorso – in sede di decisione sull’istanza cautelare – a contratto non ancora concluso, e, quindi, in condizioni tali da poter assicurare al ricorrente tutela piena (in forma specifica) senza eccessiva compromissione dell’interesse pubblico, mentre “l’interesse dell’aggiudicatario – come quello, omogeneo, dell’amministrazione – alla celere stipulazione del contratto sono, dunque, destinati a recedere, ma il bilanciamento è garantito dalla durata limitata nel tempo e condizionata dello stand still”.
Di talché, prosegue il Collegio, proprio per la necessità di bilanciare gli opposti interessi, lo stand still processuale è delimitato alla stipulazione del contratto e non, invece, alle altre attività prodromiche alla stipulazione stessa poiché, di contro, sarebbe eccessivamente pregiudicato l’interesse dell’amministrazione, e quello dello stesso aggiudicatario, se, nel tempo di durata dello stand still, non fosse consentito, oltre alla stipulazione del contratto, alcun’altra attività procedurale, considerato che ne verrebbe l’inevitabile allungamento dei tempi per la stipulazione quando, terminato il periodo di stand still per reiezione dell’istanza cautelare o per le altre ragioni previste dal legislatore, detta stipulazione divenisse subito possibile.
Il Collegio conclude, infine, confutando le argomentazioni dell’appellante precisando che in tutti i casi in cui il giudizio amministrativo si conclude coll’annullamento degli atti impugnati, l’attività procedurale prodromica alla stipulazione del contratto con l’aggiudicatario risulterebbe inutile, di conseguenza non sarebbe ragionevole solo per la materia degli appalti un intervento legislativo che sia diretto ad evitare che ciò accada, tanto più che all’intervento dello stand still la procedura di gara è ormai conclusa e, con essa, gran parte dell’attività amministrativa che la decisione del giudice amministrativo va a caducare.