DISINFORMAZIONE VIA WEB, FAKE NEWS E RESPONSABILITÀ DELLE PIATTAFORME. A CHE PUNTO SIAMO?

L’approfondimento a cura dell’Avv. Luca D’Agostino

 

L’esperienza maturata negli ultimi anni dimostra come le piattaforme online possano essere strumentalizzate per la diffusione di notizie false su vasta scala, in un contesto non sufficientemente regolamentato sotto il profilo degli obblighi a carico dei provider. Oggi gli intermediari del web (quali siti di newsmaking, portali di divulgazione, social network) costituiscono i maggiori canali di distribuzione delle informazioni, da cui emerge chiaramente la centralità del ruolo del provider nel contrasto al fenomeno della disinformazione.
Un fenomeno che desta preoccupazione, tenuto conto della profonda incidenza sui processi democratici e sulle scelte compiute dagli individui in particolari momenti storici (si faccia l’esempio, a tutti noto, delle fake news sui vaccini).

Nell’ordinamento italiano si ravvisa l’assenza di una normativa ad hoc sul contrasto alla disinformazione via web, laddove invece altri ordinamenti nazionali (tra cui la Francia e la Germania) hanno introdotto determinati obblighi a carico dei gestori delle piattaforme. Il dibattito sul tema fu segnato dalla presentazione in Senato di un disegno di legge (AS-2688, mai approvato) contenente disposizioni specifiche sull’attività delle piattaforme di pubblicazione e diffusione di notizie presso il pubblico. In particolare la proposta legislativa prevedeva a carico dei provider un dovere generale di controllo sulla diffusione di notizie non attendibili o non veritiere, da attuare anche mediante appositi strumenti di segnalazione da parte degli utenti, nonché l’obbligo – penalmente sanzionato – di immediata rimozione di tali notizie.

Sul fronte sanzionatorio, in mancanza di una disciplina ad hoc relativa alle operazioni di disinformazione, il provider risponde per omessa attivazione/rimozione in base alle norme comuni. In sede civile potrà rispondere del danno causato agli utenti o a terzi ex art. 2043 c.c. qualora non abbia ottemperato a una richiesta di rimozione dei contenuti illeciti proveniente dall’autorità, sia essa giurisdizionale o amministrativa, o anche dal semplice utente titolare del diritto leso. In sede penale risponderà per omessa attivazione, ricorrendone i presupposti, secondo le disposizioni comuni del codice penale (es. art. 378, 388, 650 c.p.).

Guardando al fronte sovranazionale, il quadro normativo risulta fermo alla Direttiva 2000/31/CE, che prevede l’assenza di un obbligo generale di sorveglianza a carico dei prestatori dei servizi della società dell’informazione i quali, oltre a non dover vigilare preventivamente sulle informazioni che trasmettono o memorizzano, non sono neppure tenuti a ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite. Si predilige, in sostanza, un modello di responsabilità ex post facto per omessa rimozione di contenuti, successivamente alla avvenuta conoscenza dell’illecito o alla ricezione di una segnalazione qualificata.
Tale disciplina pare ormai prossima a un profondo cambiamento, reso necessario dalla incalzante evoluzione tecnologica e dalla esigenza di una maggiore responsabilizzazione delle piattaforme digitali. In tale prospettiva, riveste particolare importanza la proposta di riforma attualmente all’esame delle istituzioni dell’Unione, il c.d. Digital Services Act, che contiene alcune disposizioni volte specificamente contrastare il fenomeno della disinformazione.
In tal senso il considerandum n. 63 precisa che le piattaforme online di dimensioni molto grandi dovranno garantire l’accesso del pubblico ai registri della pubblicità visualizzata sulle loro interfacce online per facilitare la vigilanza e la ricerca sui rischi emergenti derivanti dalla distribuzione della pubblicità online, ad esempio in relazione alle tecniche di manipolazione dell’informazione che hanno ripercussioni negative reali e prevedibili sulla salute pubblica, sulla sicurezza pubblica, sul dibattito civico, sulla partecipazione politica e sull’uguaglianza.

Il DSA potrebbe dar luogo a un mutamento di prospettiva nella lotta alla disinformazione, contribuendo a responsabilizzare gli operatori che diffondono contenuti in rete. Va riconosciuta particolare rilevanza agli obblighi gravanti sulle piattaforme di grandi dimensioni, per le quali il rischio di manipolazione dell’informazione sembra essere elevato a “rischio sistemico” da prevenire.
Numerosi sono tuttavia i nodi da sciogliere. Come garantire un equo bilanciamento tra libertà di espressione ed esigenze di controllo? Quali misure preventive imporre agli intermediari del web? Quale modello di responsabilità prediligere?

 

Per approfondimenti e statistiche recenti sul tema si veda il Manuale “Come individuare e contrastare operazioni coordinate di disinformazione in Italia – Casi di studio e indicazioni di policy per istituzioni pubbliche e private”, redatto con il supporto dell’Avv. Luca D’Agostino.

Il Manuale è disponibile sul sito del Ministero degli Esteri, al seguente: link.

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