DOMANDA INAMMISSIBILE: IDONEA A PRODURRE L’EFFETTO INTERRUTTIVO DELLA PRESCRIZIONE?
CASSAZIONE CIVLE, SS UU, 27.01.2016 n. 1516
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la recentissima sentenza 27.01.2016 n. 1516, si sono pronunciate sul prodursi dell’effetto interruttivo del termine di prescrizione anche nel caso in cui la domanda sia stata ritenuta inammissibile od il processo si sia estinto.
Infatti, le Sezioni Unite Civili della Cassazione, a risoluzione di una questione di particolare importanza, hanno affermato che la proposizione di una domanda nuova in appello, a prescindere dalla inammissibilità, è idonea a produrre l’effetto interruttivo della prescrizione.
In particolare il giudice di appello aveva precedentemente sostenuto che non ha efficacia interruttiva, nemmeno puntuale nel tempo, la notificazione della domanda solo in grado di appello e dichiarata inammissibile per novità. Con ricorso per Cassazione si deduceva la violazione degli articoli 1219, 2943, 2945 c.c. nonché dell’art. 170 c.p.c. per aver ritenuto inidoneo l’atto di appello a interrompere la prescrizione. La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. In punto di motivazione, in particolare ha rilevato che l’art. 2943 c.c. comma 1, statuisce che la prescrizione si interrompe tramite notificazione dell’atto con cui si instaura un giudizio e dalla domanda avanzata nel corso di un processo.
La domanda nuova, peraltro, salvo ipotesi di contumacia, va sempre necessariamente notificata al difensore costituito (art. 170 c.p.c., co. 1) sebbene questo sia solo un rappresentante della parte. La prescrizione in questa ipotesi non decorre fino al passaggio in giudicato della sentenza conclusiva del giudizio.
L’unica eccezione che si può configurare, sempre secondo la ricostruzione operata dalla Corte di Cassazione, è rappresentata dalla estinzione del processo per comportamento inattivo della parte, che comunque fa salvo l’effetto interruttivo prodottosi dalla notificazione della citazione. La ricostruzione operata in sede di appello è errata, quindi, a detta delle Sezioni Unite, perché si è operata una confusione dell’aspetto processuale dell’inammissibilità con quello sostanziale dell’interruzione della prescrizione.
Difatti la stessa inammissibilità necessita di una pronuncia che la dichiari; anche la domanda poi dichiarata inammissibile comporta una difesa attiva da parte delle controparti. Peraltro qualora l’inammissibilità eccepita da una parte non fosse rilevata dal giudice, si determinerebbe una “vistosa contraddizione tra l’inidoneità astratta all’interruzione – che, secondo l’opinione qui criticata, andrebbe stabilita a priori, in considerazione dei vizi processuali dell’atto introduttivo del giudizio – e l’eventuale efficacia di un giudicato sostanziale, che evidentemente si sovrapporrebbe all’inidoneità genetica, sanandola ex post, ai fini interruttivi del decorso della prescrizione, proprio perchè facit de albo nigrum”.
La negazione del valore alla domanda nuova, appare peraltro contradditoria e esemplificativa della svalutazione del valore della pronuncia del giudice che seguirà alla stessa tanto più in quanto la si ponga a confronto con l’efficacia interruttiva dell’atto di citazione in un procedimento che poi si è concluso con l’estinzione.
Infatti, appare palesemente illogico, a detta della Corte assegnare un valore superiore all’effetto estintivo dovuto a inerzia della controparte (peraltro sintomatica di disinteresse alla tutela processuale) che lascia intatta l’efficacia interruttiva dell’atto di citazione.