DOPO IL CORONAVIRUS, GLI APPALTI PUBBLICI PER LA RIPRESA: ECCO LE SFIDE DA AFFRONTARE
L’articolo “Dopo il coronavirus, gli appalti pubblici per la ripresa: ecco le sfide da affrontare“, a cura degli Avv. Pierluigi Piselli e Stefano De Marinis, pubblicato il 13.05.2020 su Agenda Digitale
Gli appalti pubblici possono rappresentare una leva per la ripresa dopo l’emergenza coronavirus, ma non mancano i problemi. Sarà importante infatti garantire continuità ai contratti in essere, ma anche attivarne di nuovi. È interessante quindi presentare alcune ipotesi di cambiamento normativo per favorire il rilancio delle attività, anche con il supporto della digitalizzazione.
La digitalizzazione forzata nell’emergenza
Ormai è pacifico che, nel prossimo futuro, dovremo convivere con il virus e sarà necessario riconsiderare i rapporti interpersonali, anche lavorativi ed economico-produttivi in termini totalmente diversi rispetto al periodo precedente. Ci stiamo rapidamente abituando a conference call, a webinar, a smart working. Possiamo dire, senza timore di essere smentiti, che il percorso verso la digitalizzazione fatto dal nostro Paese negli ultimi due mesi è stato superiore a quello fatto nei precedenti venti-trent’anni.
Ma se dalla situazione emergenziale e da questa accelerazione è derivata una grande opportunità che dovremo massimizzare nel prossimo futuro, occorre oggi avere una ulteriore consapevolezza. La digitalizzazione deve essere coniugata con le esigenze di assicurare la ripartenza delle attività produttive. Le inedite modalità operative della situazione emergenziale debbono così accompagnarci nella delicatissima fase della ripartenza e nel contesto post-lockdown senza che ne derivino incertezze o rallentamenti. Se così non fosse, i vantaggi delle nuove tecnologie si potrebbero tradurre in elementi di ostacolo. La gradualità che per finalità sanitarie dovrà caratterizzare la fase della riapertura delle attività produttive dopo l’emergenza coronavirus, dovrà essere accompagnata da gradualità anche nell’introduzione delle nuove tecnologie in un sistema che è ancora strutturalmente – ed ancor prima mentalmente – poco pronto al nuovo.
Appalti pubblici, le sfide da affrontare
In uno scenario di breve periodo che richiede immediati interventi normativi, occorrerà mettere in atto tutte quelle misure atte a far ripartire la produzione. In uno scenario di medio lungo periodo si dovranno poi mettere a sistema tutti gli accorgimenti tecnologici innovativi applicabili alla contrattualistica pubblica, in parte già sperimentati in questo periodo emergenziale. Se, dunque, gli investimenti pubblici sono lo strumento su cui far leva per invertire i pesanti scenari che il Paese ha davanti, occorre tener conto del fatto che, nel breve periodo, sarà necessario operare su un duplice fronte: assicurare la continuità dei contratti in corso ed attivarne di nuovi per avviare la ripartenza.
È evidente, infatti, che se da un lato va evitato che l’impatto del coronavirus si traduca nella definitiva compromissione delle attività in essere al 23 febbraio scorso, per altro verso occorrerà avviare con immediatezza nuove iniziative, in grado di imprimere quella svolta alla spesa per investimenti, da tempo auspicata e fin qui mancata, decisiva per risalire la china di un PIL, ad oggi, a -10%. In quest‘ottica, la ripresa del comparto al termine della fase di lockdown pone anzitutto il tema delle gare d’appalto in corso. Oltre al riconoscimento di congrui termini, si dovranno snellire le procedure da quegli adempimenti che richiedano spostamenti sul territorio al fine della formulazione delle offerte e renderle possibili con l’ausilio di tecnologie. Si pensi alla dichiarazione di conoscenza dei luoghi, che potrebbe essere sostituita da una visita virtuale, magari con l’utilizzo di Google Earth.
Altro tema delicato è quello delle condizioni economiche ed operative alle quali il riavvio dovrà avere luogo, condizioni legate principalmente all’esigenza di garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori. Si tratta, nel caso dei cantieri edili, del costo degli apprestamenti quali termoscanner, mascherine, sanificazioni eccetera, definiti dai protocolli sottoscritti fin dal mese di marzo tra le parti datoriali e le organizzazioni sindacali, con il suggello delle Autorità di Governo, declinate in questi giorni nei singoli aspetti operativi , ma anche, e soprattutto, delle diverse modalità organizzative con cui si potrà operare, destinate ad incidere in modo rilevante sia in termini diretti che indiretti. Occorrerà, ad esempio, tener conto delle diverse modalità di lavoro che sarà necessario prevedere ed osservare in ragione del distanziamento, ciò che richiederà modifica dei tempi esecutivi ed dei connessi cronoprogrammi, nonché dei maggiori oneri, ad esempio, per il trasporto e l’alloggiamento delle maestranze, che ovviamente avrà luogo con modalità più costose.
La necessità di accordi tra committente e appaltatore
A carico di chi saranno queste maggiori onerosità? Si dirà che la soluzione dipende dalle disposizioni di contratto. Ma non si potrà prescindere dal valutare le conseguenze di siffatto modo di procedere sotto un profilo sostanziale. In altri termini, ove si voglia far riprendere serenamente le attività, si dovranno individuare soluzioni concordate fra committenza e appaltatore per evitare ripercussioni sulle lavorazioni. Si tratta di oneri rilevanti ed inaspettati che non sembra equo vengano posti, anche solo temporaneamente, a carico di soggetti produttivi già fiaccati dal pregresso, fatto di ritardati pagamenti e contrazioni di mercato, e per ciò impossibilitati a sopportarli in proprio fino alla definizione di faticosi iter amministrativi, quando non giudiziali, che ne riconoscano il buon diritto. Si dovrebbe, in altri termini, ipotizzare, in via normativa, un sistema che renda possibile un ristoro immediato per tali maggiori onerosità, con quantificazione analitica ovvero forfettaria nell’interesse generale alla base dell’esecuzione di ogni contratto pubblico.
In questo senso si potrebbe ipotizzare di rendere utilizzabile per legge e senza limitazioni l’istituto del Collegio Consultivo Tecnico, già previsto dal decreto “Sblocca cantieri” del 2019 per prevenire l’instaurarsi del contenzioso, la cui puntuale e lineare applicazione verrebbe assicurata dall’inoltro all’Anac degli accordi per suo tramite raggiunti, nel termine di 15 giorni dalla relativa conclusione. Il tutto prevedendo l’esclusione di qualsiasi responsabilità sul piano contabile, anche in via di regresso a carico delle parti, se non all’esito di una condanna in sede penale adottata in via definitiva.
Fondi a sostegno della ripresa
In quest’ottica, peraltro, il tema necessariamente connesso è quello delle risorse utilizzabili allo scopo, che andranno garantite mobilitando tutte le fonti possibili, sia permettendone il recupero all’interno dei quadri economici sia al di fuori di esso, attingendo ad un fondo ad hoc da istituirsi ad opera del legislatore nazionale, al quale tutte le amministrazioni pubbliche impegnate a riequilibrare i rapporti in corso possano ricorrere al bisogno, anche nel caso in cui si tratti di affidamenti da avviare senza che si sia potuto nel frattempo procedere agli aggiornamenti richiesti dalle mutate prescrizioni. Per la quotazione di detti maggiori oneri parrebbe doveroso e lineare, soprattutto in rapporto al fatto che i piani di sicurezza, cui le diverse modalità esecutive necessariamente afferiscono, vanno predisposti caso per caso, rapportandoli alle specificità del singolo cantiere.
Per la dotazione del fondo potrebbero essere impiegate anche le risorse comunitarie che alimentano i diversi fondi normalmente sotto utilizzati fino al termine previsto per il relativo impiego, considerata l’intervenuta cancellazione, da parte della Commissione, delle condizionalità di regola previste, quali vincoli di destinazione o cofinanziamento nazionale. Il tema delle risorse, e dell’utilizzo ampio di tutte quelle disponibili, si pone a maggior ragione per l’avvio di nuove iniziative, rispetto alle quali rileva altresì l’annoso tema, in discussione già ante coronavirus, della capacità da parte della macchina amministrativa di scaricarle utilmente sul territorio, ciò sia garantendo l’accesso diretto alle relative disponibilità da parte delle singole amministrazioni, sia in termini di procedure, che vanno semplificate restituendo rapidità di intervento ed efficacia al funzionario pubblico chiamato a gestirle, non senza considerare il problema della amministrazione così detta difensiva, noto anche come “blocco della firma”.
Le ipotesi normative
In questo senso è condivisibile l’ipotesi contenuta nel documento elaborato dal Dipartimento per la programmazione ed il coordinamento della Politica economica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di rafforzare la strada già intrapresa dalle leggi di bilancio per il 2019 ed il 2020, volta a rendere disponibili per gli enti locali risorse di pronta spesa, destinate ad alimentare investimenti aggiuntivi rispetto alla programmazione ordinaria facilmente attivabili anche in ragione del loro importo contenuto entro date precise. Analogamente può concludersi sulla proposta di stabilizzare al 2021 le misure disposte dal decreto “Sblocca cantieri” dello scorso anno, così come quella di portare fino alla soglia comunitaria l’utilizzabilità delle procedure negoziate anche nel caso di lavori.
L’approccio descritto appare in linea con quanto la stessa Commissione UE sembra suggerire agli Stati membri nella Comunicazione dello scorso primo aprile sull’utilizzo delle Direttive in materia di appalti pubblici nella situazione di emergenza connessa alla crisi coronavirus; tale approccio andrebbe peraltro perseguito in modo omogeneo, prevedendo cioè che si applichi allo stesso modo per l’affidamento di contratti di lavori forniture e servizi, ivi inclusi i servizi di progettazione. Quanto al blocco della firma, nell’attesa di implementare a regime nuove modalità informatiche basate su blockchain che garantiscano riscontri oggettivi certezza di contenuto ed immodificabilità dei relativi atti, anche ai fini della sua successiva verifica, il punto può essere risolto in termini del tutto analoghi a quelli prospettati per la gestione delle attività relative ai Collegi Consultivi Tecnici: tramite successivo invio delle determine a contrarre e di affidamento all’Anac entro 15 giorni dall’affidamento e perseguibilità sul piano contabile solo all’esito di condanna penale definitiva, abuso d’ufficio incluso.
La gestione dei ricorsi
Quanto al tema ricorsi, che anch’esso incide sulla possibilità di tradurre rapidamente i finanziamenti in operatività, occorrerebbe chiarire che, nel caso di impugnativa dell’aggiudicazione della gara, rispetto alla quale non venga concessa la sospensiva, l’amministrazione ha l’obbligo di procedere alla stipula del contratto senza attendere l’esito definitivo del giudizio di merito, chiarendo altresì la non imputabilità di chi ha dato corso al contratto, in termini di responsabilità per danno erariale, a meno dell’avvenuta definitiva condanna in sede penale a carico dell’interessato.
Accanto alla generalizzazione delle procedure negoziate sotto soglia comunitaria, e ad una corretta gestione dei ricorsi, è possibile altresì pensare, per il riavvio del ciclo economico, anche ad ulteriori soluzioni per così dire de iure condendo, che consentano l’immediata attivazione di cantieri con misure una tantum. Ciò allo scopo di ridar fiato all’intera filiera delle costruzioni: dalle imprese edili, ai fornitori di materiali, dagli studi di ingegneria ed architettura, agli studi legali e professionali in generale; ciò mediante nuovi iter procedurali, ulteriori rispetto a quelli recati dal Codice dei contratti pubblici affinché, fino all’esaurimento della fase emergenziale, ad oggi fissata al 31 luglio 2020, si possano velocizzare gli investimenti, immettendo subito nel sistema la benzina necessaria a farli partire.
Ad esempio, si potrebbe prevedere che fino al 31 luglio possa esser data a ciascun operatore economico in possesso dei requisiti la possibilità di manifestare ad una stazione appaltante il proprio interesse all’affidamento diretto di un intervento già previsto in programmazione, e fino a quel momento non avviato; l’attribuzione del contratto con tali modalità peraltro dovrebbe precludere allo stesso operatore (ancorché in ATI, consorzi ovvero reti di impresa con terzi) altro analogo affidamento.
L’iter per la finanza di progetti ad iniziativa privati
Ulteriore suggestione, poi, potrebbe riguardare l’estensione della procedura di finanza di progetto ad iniziativa privata, ex art. 183 comma 15 del Codice, opportunatamente adeguata agli appalti di lavori pubblici, previa presentazione di un progetto definitivo o esecutivo. La presentazione del progetto sarebbe preceduta dalla preventiva verifica, presso l’Amministrazione, dell’interesse alla realizzazione dell’opera pubblica proposta e, in caso positivo, da parte dell’amministrazione stessa, della ubicazione e della descrizione dell’intervento da realizzare, della destinazione urbanistica e della consistenza, per consentire che il progetto sia presentato secondo presupposti in linea con gli strumenti di programmazione approvati.
Valutata la fattibilità della progettazione l’opera potrebbe essere inserita nella programmazione (ove necessario) e l’amministrazione potrebbe procedere all’approvazione del progetto. il presentatore acquisirebbe il diritto di prelazione nella successiva fase di gara volta a garantire la concorrenza prima dell’affidamento del contratto di appalto.
Lo scenario e le proposte
Quelle sopra enunciate sono ovviamente proposte di modifica normativa tampone, che potrebbero servire ad anticipare la fase più matura della ripresa nella quale la digitalizzazione dovrebbe esser decisiva in un processo che rappresenterebbe, laddove perseguito nella sua pienezza, una delle auspicate riforme di cui il Paese ha necessità assoluta per tornare ad essere competitivo; ciò innovando e generando un contesto favorevole per gli investimenti pubblici e privati attraverso l’efficacia della sua azione e l’abbattimento dei costi di sistema, allo stesso modo di come, ad esempio, qualsiasi azienda di trasporti innova la propria flotta per essere competitiva sul mercato, riducendo i costi e migliorando la performance.
In questo senso è facile pensare anche alla progettazione in BIM, che un atteggiamento fin qui troppo timido da parte delle stesse imprese ha regolato con il decreto ministeriale di dicembre 2017, rinviando addirittura al 2025 la completa implementazione di questa modalità in grado di migliorare sensibilmente gli standard esecutivi riducendo in modo importante il contenzioso. Al riguardo è sufficiente considerare come molti general contractors, specie di natura impiantistica, da tempo progettano, con esiti più che soddisfacenti per i propri clienti, raffinerie, centrali elettriche, ospedali ecc. disseminati ai quattro angoli della terra operando peraltro “da remoto”. Sempre “da remoto” moderne applicazioni associate all’uso di smartphone già utilizzate in Paesi europei con noi confinanti permettono a chi fa direzione lavori di gestire, d’intesa con stazione appaltante, impresa, subappaltatori e fornitori, non conformità esecutive nel giro di ventiquattr’ore, ovvero alle imprese di verificare il rispetto dei piani operativi per la sicurezza dei cantieri in tempo reale, quest’ultima circostanza assai utile al giorno d’oggi in tema di Covid e distanziamenti.
Ancora pensiamo alla gestione delle conferenze di servizi, così come alla dematerializzazione di tutta la documentazione a supporto dell’adozione dei provvedimenti amministrativi in grado di azzerare le tempistiche, a cominciare dai pagamenti alle imprese utilizzando strumenti in grado di garantire la notarizzazione informatica dell’attività svolta attraverso l’utilizzo di blockchain, dando ad esse riscontro oggettivo, certezza di contenuto ed immodificabilità, anche ai fini della sua successiva verifica. In questo senso è da segnalare la prima gara telematica con seduta pubblica fatta virtualmente ma depositata in blockchain al fine di garantirne la prova di piena regolarità. Per attuare questa svolta occorrerà tuttavia dotare l’amministrazione di operatori capaci di utilizzare le nuove tecnologie, rimpolpando le piante organiche delle pubbliche amministrazioni stesse. Lasciate libere da “quota 100”, varie posizioni nella PA potrebbero essere ora ricoperte con l’assunzione di nativi digitali e ciò proprio nell’ottica di renderne efficaci ed efficienti le procedure.