Esperibilità dell’azione di arricchimento senza causa nei confronti di un Comune da parte del professionista incaricato in assenza di un contratto formale.
Esperibilità dell’azione di arricchimento senza causa nei confronti di un Comune da parte del professionista incaricato in assenza di un contratto formale.
A Cura di Emilia Piselli, Fabrizio Vomero
Leggi l’ordinanza completa qui: Cass. n. 27814-2024
La recentissima ordinanza della Corte di Cassazione n. 27814 del 28 ottobre 2024 si è occupata della problematica inerente all’esperibilità dell’azione di arricchimento senza causa nei confronti di un Comune in relazione a prestazioni eseguite in assenza di un contratto formale.
Nel caso esaminato, un geometra aveva visto accertato, tanto in primo grado quanto in appello, il proprio diritto di essere rimunerato a titolo di arricchimento senza causa per prestazioni di progettazione eseguite in favore di un Comune in forza di una determinazione dell’Ufficio tecnico comunale cui non aveva fatto seguito la stipula di un contratto con l’Ente locale.
Nei gradi di merito del giudizio, si era accertato che le prestazioni erano state effettivamente svolte (tanto che il Comune aveva versato un acconto secondo la contabilità e il piano di sicurezza predisposti dal professionista, il quale aveva anche redatto il certificato di regolare esecuzione dei lavori), che la Regione aveva concesso un finanziamento delle opere e che la spesa era stata imputata al bilancio comunale.
Il Comune ha impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Suprema Corte sostenendo, tra l’altro, il proprio difetto di legittimazione passiva dal momento che, non essendo tra le parti intercorso alcun contratto formale, né essendo stata adottata alcuna apposita delibera consiliare, il credito vantato dal professionista sarebbe “fuori bilancio” («essendo stati assunti irritualmente gli impegni di spesa»).
Pertanto, il rapporto obbligatorio sarebbe intercorso, ai sensi dell’art. 191, comma 4, del D. Lgs. n. 267 del 2000, direttamente tra il professionista ed il funzionario che aveva consentito la prestazione.
La Suprema Corte ha rigettato l’impugnazione osservando, in primo luogo, che «il principio espresso dalla Corte di appello (che peraltro non era stata investita della questione del difetto di legittimazione passiva del Comune) è conforme a legge nella parte in cui è stata riconosciuta la possibilità dell’azione di ingiustificato arricchimento nei confronti del Comune, in quanto, pur in assenza del contratto stipulato in forma scritta ad substantiam, tuttavia si era in presenza dell’impegno contabile e dell’attestazione della copertura finanziaria, in quanto, nonostante il finanziamento regionale, le somme necessarie erano state indicate nel bilancio comunale ed imputate a specifici capitoli di spesa».
La Corte, ricostruendo l’evoluzione normativa e i corrispondenti orientamenti giurisprudenziali, ha sottolineato che, in tutte le disposizioni che si sono succedute nel corso degli anni, non v’è mai stata la previsione che, in mancanza di un contratto scritto con l’Ente locale, il privato che avesse svolto attività in favore del medesimo, dovesse agire direttamente nei confronti del funzionario che lo aveva incaricato. Piuttosto, deve ritenersi, anche nella vigenza dell’art. dell’art. 191, comma 4, del D. Lgs. n. 267/2000, che ad assumere carattere decisivo sia la presenza di un impegno di spesa.
Procedendo per gradi, il citato quarto comma dell’art. 191 del D. Lgs. n. 267/2000, stabilisce che «nel caso in cui vi è stata l’acquisizione di beni e servizi in violazione dell’obbligo indicato nei commi 1, 2 e 3 [N.D.A.: impegno contabile registrato sul competente programma del bilancio di previsione e attestazione della copertura finanziaria], il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per la parte non riconoscibile ai sensi dell’articolo 194, comma 1, lettera e), tra il privato fornitore e l’amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura».
Pertanto, secondo la sentenza in commento, la ricostruzione del quadro normativo di riferimento «induce a ritenere che, ai fini dell’operatività dell’azione diretta in forza della costituzione ex lege del rapporto obbligatorio fra amministratori, funzionari e dipendenti dell’ente locale che abbiano consentito l’acquisizione di beni o servizi e privato fornitore o prestatore di opere e servizi, sia requisito indispensabile l’assenza di impegno di spesa, non operando però detto meccanismo nelle ipotesi di invalidità dei contratti conclusi con l’ente locale in presenza di un impegno contabile registrato».
La responsabilità del Comune in via sussidiaria ai sensi dell’art. 2041 cod. civ. può, dunque, dirsi esclusa soltanto in assenza di un impegno di spesa, con conseguente necessità per il professionista-fornitore di agire direttamente nei confronti del funzionario che ha “consentito la fornitura”.
La Corte precisa, nondimeno, che la responsabilità diretta dell’amministratore non ricorre in caso di assenza di un valido titolo negoziale: «L’azione diretta del fornitore nei confronti dell’amministratore o funzionario che, ai sensi dell’art.191, c.4, T.U.E.L. abbia consentito l’acquisizione di beni o servizi può essere esperita unicamente quando la delibera comunale sia priva dell’impegno contabile e della sua registrazione sul competente capitolo di bilancio e non anche nell’ipotesi in cui tali requisiti siano stati rispettati, ancorché sussista l’invalidità del contratto concluso dall’ente locale per assenza di forma scritta, non potendo operare, in tali ipotesi, in caso di invalidità del titolo negoziale, il meccanismo di sostituzione nel rapporto obbligatorio previsto dalla legge. Ne consegue che il fornitore può in tali circostanze promuovere l’azione di ingiustificato arricchimento nei confronti dell’ente comunale, nella ricorrenza dei presupposti di legge».
In definitiva, la responsabilità diretta del funzionario ex art. 191 T.U.E.L. si configura esclusivamente quando non vi sia un impegno contabile registrato sul competente programma del bilancio di previsione e non nell’ipotesi in cui, come nel caso scrutinato dalla Suprema Corte, pur in presenza dell’impegno di spesa, risulti mancante un valido titolo negoziale.
In quest’ultima ipotesi, invero, il professionista-fornitore può legittimamente agire nei confronti dell’Ente locale in forza delle norme in tema di arricchimento senza causa.