Il contratto di subappalto ha un’autonomia rispetto al contratto di appalto pubblico principale

Il contratto di subappalto ha un’autonomia rispetto al contratto di appalto pubblico principale

A cura di Emilia Piselli, Fabrizio Vomero

 

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La recentissima ordinanza della Corte di Cassazione n. 24568 del 13 settembre 2024 si è soffermata sulla rilevanza probatoria delle fatture emesse dal subappaltatore con particolare riferimento all’ipotesi in cui l’appaltatore affidatario dell’opera pubblica sia stato dichiarato fallito.

Nel caso scrutinato, il Tribunale di Avellino aveva rigettato l’opposizione alla dichiarazione di esecutività dello stato passivo fallimentare, proposta da un subappaltatore dell’impresa fallita, ritenendo che i documenti posti a corredo dell’iniziativa non fossero idonei a provare la pretesa creditoria.

In particolare, il Giudice del merito aveva ritenuto privi di rilevanza probatoria, ed anche inopponibili alla massa dei creditori, sia la fattura commerciale che la certificazione rilasciata dal direttore dei lavori, a maggior ragione poiché quest’ultima aveva data successiva alla dichiarazione del fallimento e non documentava l’accertamento della regolare esecuzione delle opere.

Nell’impugnare dinanzi alla Suprema Corte la sentenza di merito, il subappaltatore ha, tra l’altro, sostenuto che il Tribunale di Avellino avrebbe omesso di dare il giusto peso alla “ingerenza della Pubblica Amministrazione nel subappalto”, per il fatto che non sarebbe stata attribuita “valenza di atto pubblico opponibile al fallimento” al SAL n. 2 che attestava i lavori eseguiti dall’appaltatore.

I Giudici di legittimità hanno rigettato il ricorso, richiamando il consolidato orientamento secondo cui «il contratto di subappalto stipulato dall’appaltatore di un’opera pubblica è strutturalmente distinto dal contratto principale, restando sottoposto alla disciplina del codice civile e del negozio voluto dalle parti, non essendo ad esso applicabili, se non attraverso gli eventuali richiami espressi inseriti nell’accordo, le disposizioni pubblicistiche tipiche dell’appalto di opere pubbliche» (cfr. Cass., n. 8384/20; Cass., n. 19226/18).

Ne deriva che «contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il contratto di subappalto ha una propria autonomia ed è, quindi, sottratto alla disciplina pubblicistica del rapporto principale di appalto pubblico, con la conseguenza che gli atti e i documenti» allegati dal subappaltatore ricorrente «a supporto della propria pretesa creditoria in dipendenza del contratto di subappalto (fatture accompagnate dall’estratto del registro IVA, comunicazione del direttore dei lavori relative al SAL) sono stati correttamente ritenuti inopponibili, in quanto scritture private prive di data certa ex art 2704 c.c., alla curatela, che in sede di accertamento dello stato passivo agisce quale gestore del patrimonio e non in via di successione in un rapporto precedentemente facente capo al fallito (cfr. tra le tante la nota Cass. S.U. 4313/2013)».

La Suprema Corte ha, inoltre, sottolineato che, in ogni caso, il documento attestante il computo metrico e l’attestazione relativa ai lavori prodotti dal subappaltatore sono stati formati in epoca successiva alla dichiarazione di fallimento e che, comunque, le opere effettivamente realizzate avrebbero dovuto essere sottoposte a misurazioni in contraddittorio che non sono mai state effettuate.

L’insegnamento della Corte di Cassazione rammenta l’importanza che i subappaltatori richiedano e si prestino alle misurazioni, in contraddittorio con il sub-committente, delle prestazioni eseguite: si tratta di un adempimento di grande utilità per gli interessi dell’impresa sub-affidataria e non solo in caso di crisi del debitore. Tali rilievi, invero, costituiscono un elemento probatorio di sicuro peso in grado di resistere alle contestazioni della massa dei creditori.

In secondo luogo, si evidenzia l’opportunità che i subappaltatori, finché ciò non sia precluso dall’aggravarsi dello stato di insolvenza del sub-committente, si avvalgano dei mezzi di tutela previsti dal Codice dei Contratti Pubblici e, nello specifico, dall’art. 119, comma 11, del D. Lgs. n. 36/2023 (analogo all’art. 105, comma 13, del D. Lgs. n. 50/16), a norma del quale: «La stazione appaltante corrisponde direttamente al subappaltatore ed ai titolari di sub-contratti non costituenti subappalto ai sensi del quinto periodo del comma 2 l’importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite nei seguenti casi: a) quando il subcontraente è una microimpresa o piccola impresa; b) in caso di inadempimento da parte dell’appaltatore; c) su richiesta del subcontraente e se la natura del contratto lo consente».

Deve, altresì, ricordarsi che il sesto comma del medesimo art. 119 del D. Lgs. n. 36/2023 (corrispondente al comma 8 dell’art. 105 del D. Lgs. n. 50/16) statuisce che «il contraente principale e il subappaltatore sono responsabili in solido nei confronti della stazione appaltante per le prestazioni oggetto del contratto di subappalto». 

Le disposizioni del Codice dei Contratti Pubblici citate, in sostanza, costituiscono un’attenuazione dell’autonomia, segnalata dalla Suprema Corte, del contratto di subappalto rispetto al contratto principale.

 

Cass. ord. n. 24568-24

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