IL CURATORE FALLIMENTARE NON PUO’ RINUNCIARE AL RICORSO IN CASSAZIONE IN PENDENZA DI GIUDIZIO

IL CURATORE FALLIMENTARE NON PUO’ RINUNCIARE AL RICORSO IN CASSAZIONE IN PENDENZA DI GIUDIZIO

A cura di Emilia Piselli, Beatrice Iommi

Cassazione civile, sez. I, 13 Marzo 2024, n. 6642. Pres. Di Marzio. Est. Caiazzo

 

La Cassazione con sentenza resa in data 13 marzo 2024, n. 6642, indaga gli effetti della dichiarazione di liquidazione della società nell’ambito di un giudizio pendente dinanzi la Corte di Legittimità e le conseguenze dell’intervento del curatore fallimentare nell’ambito del procedimento. 

La pronuncia si pone nel solco dell’orientamento giurisprudenziale che ribadisce il principio oramai consolidato per il quale: “il fallimento di una delle parti che si verifichi nel giudizio di Cassazione non determina l’interruzione del processo ex artt. 299 e ss. c.p.c., trattandosi di procedimento dominato dall’impulso d’ufficio, con la conseguenza che non vi è un onere di riassunzione del giudizio nei confronti della curatela fallimentare”.

Dunque la Corte ribadisce il principio fondamentale per cui nel caso in cui intervenga la dichiarazione di fallimento nelle more del giudizio di Cassazione questo non determina l’interruzione automatica del processo ai sensi degli artt. 299 e ss. c.p.c. posto che il procedimento di Cassazione, dominato dall’impulso d’ufficio, prosegue indipendentemente dagli eventi che colpiscono le parti coinvolte. Ne consegue che, una volta instauratosi il giudizio di Cassazione con la notifica ed il deposito del ricorso, il curatore fallimentare non è legittimato a stare in giudizio in luogo del fallito, essendo irrilevanti i mutamenti della capacità di stare in giudizio di una delle parti e non essendo ipotizzabili, nel giudizio di cassazione, gli adempimenti di cui all’art. 302 c.p.c. ― il quale prevede la costituzione in giudizio di coloro ai quali spetta di proseguirlo ― (Cass., n. 3630/21; n. 7477/17).

Dunque il fallimento di una delle parti non determina l’interruzione del processo trattandosi di procedimento dominato all’impulso d’ufficio per cui non vi è un onere di riassunzione del giudizio nei confronti della curatela fallimentare. 

Rileva la Corte, sulla scorta di precedenti giurisprudenziali che, tuttavia il curatore della liquidazione giudiziale possa intervenire nel giudizio di legittimità al fine di tutelare gli interessi della massa dei creditori, sia pure nei limiti delle residue facoltà difensive riconosciute dalla legge (Cass., n. 30785/23). 

Nel caso di specie, il fallimento interveniva al solo fine di rinunziare al ricorso. 

La questione che si poneva era, pertanto, quella di indagare se tale facoltà confliggesse con il principio dell’inoperatività delle cause d’interruzione del giudizio nei processi di Cassazione, ovvero con il principio dell’impulso d’ufficio che lo informa, che equivale ad affermare che il giudizio prosegue tra le medesime parti.

La Corte, dopo aver richiamato una serie di giurisprudenze conformi stabilisce che “il curatore rinuncia al ricorso proposto dalla parte fallita, alla quale non può subentrare, proprio perché il processo non si interrompe e prosegue tra le parti originarie. Ne consegue la difficoltà di concepire il potere del curatore di rinunciare al ricorso, atteso che il processo prosegue nei confronti delle parti originarie, e considerando vieppiù che il difensore della parte fallita nel corso del giudizio di cassazione ― come nel caso concreto ― conserva il potere di rappresentare il suo assistito nel processo.

Ne consegue, in definitiva, l’inconfigurabilità di un potere del curatore fallimentare di rinunciare al ricorso per fallimento proposto dalla società, anteriormente all’apertura della procedura concorsuale, nel corso del giudizio di legittimità”. 

In conclusione, se ne desume che, il curatore fallimentare ha sì la facoltà di intervenire nel giudizio di legittimità ad adiuvandum del fallito, ma gli è esclusa la facoltà di rinunciare al ricorso proposto in tale sede nell’interesse della procedura, posto che in tale evenienza il processo prosegue nei confronti delle parti originarie, considerando pure che il difensore del fallito conserva il potere di rappresentare il proprio assistito nel corso del giudizio di Cassazione.

IL CURATORE FALLIMENTARE NON PUO' RINUNCIARE AL RICORSO IN CASSAZIONE IN PENDENZA DI GIUDIZIO"

 

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