Il delicato bilanciamento tra l’accesso cd. difensivo e i segreti tecnici e commerciali al vaglio della Corte di Giustizia.
Il delicato bilanciamento tra l’accesso cd. difensivo e i segreti tecnici e commerciali al vaglio della Corte di Giustizia.
A cura di Giuseppe Imbergamo, Tania Rea
Il vecchio Codice dei contratti pubblici, così come il nuovo Codice, in via generale escludono il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta, o a giustificazione della medesima, quando costituiscono, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali (art. 53, comma 5, lett. a) del D.lgs. n. 50/2016 e art. 35, comma 4, lett. a) del D.lgs. n. 36/2023).
Tuttavia, sia il vecchio Codice sia il nuovo, consentono l’accesso a tali informazioni ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi (art. 24 Cost.), in relazione alla procedura di affidamento del contratto (art. 53, comma 6 del D.lgs. n. 50/2016 e art. 35, comma 5 del D.lgs. n. 36/2023).
In altri termini, la disciplina nazionale, sia quella previgente che quella attualmente vigente, nell’ambito delle gare d’appalto, dà prevalenza al diritto di accesso cd. difensivo rispetto all’esigenza di riservatezza sui segreti tecnici e commerciali, laddove l’istante voglia – appunto – agire in via giurisdizionale per la tutela dei suoi interessi in relazione alla gara.
Peraltro, il nuovo Codice, conformandosi alla giurisprudenza maggioritaria formatasi negli anni di vigenza del Codice n. 50/2016, precisa che l’accesso, è consentito “se indispensabile ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici rappresentati in relazione alla procedura di gara” (cfr. art. 35, comma 5).
In particolare, è opportuno rilevare che l’accesso in materia di gare ad evidenza pubblica, ha sempre richiesto, quale presupposto imprescindibile, affinché il partecipante potesse prendere visione di tutti i documenti di gara, comprese le offerte degli altri concorrenti contenenti eventuali segreti tecnici o commerciali, la dimostrazione non già di un generico interesse alla tutela in giudizio dei propri interessi giuridicamente rilevanti, bensì la concreta necessità – da riguardarsi, restrittivamente, in termini di stretta indispensabilità – di utilizzo della documentazione in uno specifico giudizio, ovvero la sussistenza del concreto nesso di strumentalità tra la documentazione oggetto dell’istanza di accesso e la difesa in giudizio degli interessi dell’istante, quale partecipante alla procedura di gara pubblica il cui esito è controverso.
Tant’è vero che, in caso contrario, secondo la giurisprudenza, ci si troverebbe al cospetto di un tentativo meramente esplorativo di conoscere tutta la documentazione versata agli atti di gara – e quindi anche il know-how – come tale inammissibile (cfr. ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 24.01.2023, n. 787; T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 01/06/2023, n. 9373; Consiglio di Stato, Ad. Plen., n. 4/2021).
Tuttavia, sul tema del delicato bilanciamento tra segreto commerciale e diritto di difesa in sede di accesso agli atti, seppur con riferimento alla normativa del vecchio Codice, si è espresso recentemente il Consiglio di Stato, con l’Ordinanza del 15.10.2024, n. 2267, con cui ha sospeso il giudizio per chiedere alla Corte di Giustizia di pronunciarsi sulla seguente questione di pregiudizialità: “se l’art. 39, direttiva 2014/25/UE – da cui si desume, così come dall’art. 28 direttiva 2014/23/UE e dall’art. 21 direttiva 2014/24/UE, che il conflitto tra il diritto alla tutela giurisdizionale e il diritto alla tutela dei segreti commerciali è risolto mediante un bilanciamento che non attribuisce necessaria prevalenza al primo – osti alla disciplina nazionale contenuta nell’art. 53 comma 6, d.lgs. n. 50/2016, che dispone di esibire la documentazione contenente segreti tecnici o commerciali nel caso di accesso preordinato alla tutela giurisdizionale, senza prevedere modalità di bilanciamento che tengano conto delle esigenze di tutela dei segreti tecnici o commerciali”.
In particolare, in un appello proposto avverso un’ordinanza del TAR Sardegna che consentiva l’accesso agli atti nei confronti di un’offerta tecnica oscurata che esponeva segreti commerciali, il Consiglio di Stato, ha rilevato che, se sulla base di un giudizio prognostico dovrebbe affermarsi che sussiste ex ante un nesso di necessaria strumentalità fra accesso e difesa in giudizio del richiedente, ex post l’esibizione dei documenti secretati potrebbe rivelarsi inutile ai fini dell’esercizio del diritto di difesa e al contempo dannosa per la tutela dei segreti commerciali della controparte.
In tal senso, il Collegio ha constatato che da un lato l’accesso potrebbe, quindi, essere esposto a un possibile uso emulativo, ovverosia finalizzato a carpire gli altrui segreti commerciali, senza un effettivo interesse a contestare gli atti di gara, seppure oggetto di impugnazione; dall’altro, la disciplina del CPA non consente di ovviare a tale pericolo, in quanto il giudice deve necessariamente rispettare il principio del contraddittorio, il quale gli impone di decidere sulla base di atti resi noti alle parti e delle censure prospettate dalle parti.
Perciò il Collegio, nel caso specifico, pur avendo preso contezza in camera di consiglio dell’offerta tecnica nella sua integralità, ha ritenuto di non poter valutare d’ufficio la legittimità degli atti di gara, né ritenere, una volta visionata l’offerta tecnica, che essa non rilevi ai fini della difesa della parte istante, perché questo implicherebbe un’inammissibile sostituzione del giudice alla parte, la quale, secondo la legge processuale italiana, ha l’onere di specificità dei motivi di censura (cfr. art. 40, comma 1, lett. d) CPA).
A fronte delle suddette considerazioni, il Collegio ha quindi concluso che in un siffatto contesto, nel diritto nazionale italiano è – sia nel vecchio che nel nuovo Codice – è evidente un marcato favor per l’accesso difensivo a scapito della tutela del segreto commerciale.
Del resto, il Collegio ha sottolineato anche che la regola contenuta nell’art. 53, comma 6 del vecchio Codice – così come quella contenuta nell’art. 35, comma 5 del nuovo Codice – risulta conforme alla Costituzione italiana, la quale prevede una gerarchia tra i molteplici diritti da essa tutelati, a favore della prevalenza dei diritti inviolabili dell’uomo (cfr. Corte cost., 7 giugno 2019, n. 141).
Secondo la Costituzione italiana, infatti, la libertà di iniziativa economica ha una tutela condizionata alla non compromissione di altri valori (art. 42 Cost.), fra i quali i diritti inviolabili dell’uomo di cui all’art. 2 Cost. nel cui novero rientra il diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.).
Tuttavia, il Collegio ha rilevato come la Corte di Giustizia sembrerebbe dare generale prevalenza alla regola del divieto di divulgazione dei segreti commerciali, sebbene intesa come regola non assoluta, prevedendone modalità di contemperamento, affidate a incisivi obblighi motivazionali e all’esibizione delle informazioni oggetto di segreti commerciali al giudice, oltre che alle modalità processuali individuate dallo Stato membro.
In tal senso, il Consiglio di Stato ha chiarito che lo stesso “dubita che la clausola di salvaguardia di quanto “altrimenti” disposto dalla Legislazione nazionale, contenuta nell’art. 39 direttiva 2014/25/UE, consenta al Legislatore nazionale di prevedere che l’accesso difensivo prevalga sempre sui segreti commerciali, senza che alle amministrazioni aggiudicatrici e ai giudici sia consentito di porre in essere meccanismi di bilanciamento che preservino le finalità concorrenziali alle quali sono preordinate le gare pubbliche.
Piuttosto appare coerente con gli obiettivi della Direttiva 2014/25/UE il riconoscimento di un margine di apprezzamento alle amministrazioni aggiudicatrici e ai giudici nazionali, evitando di “ingessare” il sistema con la previsione di una regola assoluta e inderogabile, sia essa la prevalenza assoluta del diritto di difesa o piuttosto il divieto assoluto di ostensione dei segreti commerciali”.
In altri termini, il Collegio ritiene più coerente con gli obiettivi della direttiva 2014/25/UE il riconoscimento di un margine di apprezzamento alle Stazioni Appaltanti e ai giudici nazionali, evitando di “ingessare” il sistema con la previsione di una regola assoluta e inderogabile, sia essa la prevalenza assoluta del diritto di difesa o piuttosto il divieto assoluto di ostensione dei segreti commerciali.
Si attende, dunque, la decisione della Corte di Giustizia, la quale potrebbe portare ad uno stravolgimento di una prassi ormai consolidata, che vede da tempo come prevalente l’ostensione documentale a vantaggio di un mercato concorrenziale dove, anche grazie al nuovo paradigma della digitalizzazione di cui al nuovo Codice, il know-how industriale, nonché il valore economico che ne deriva, rappresentano elementi essenziali da preservare.