LA RIFORMA DELLE IMPUGNAZIONI NEL PROCESSO PENALE

Dal 6 marzo 2018 in vigore il D.Lgs. 6 febbraio 2018, n. 11 (Disposizioni di modifica della disciplina in materia di giudizi di impugnazione in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 82, 83 e 84, lettere f), g), h), i), l) e m), della legge 23 giugno 2017, n. 103).

Oltre alle modifiche alla disciplina dei casi di appello e ricorso per Cassazione, si segnalano gli adempimenti connessi alla trasmissione degli atti al giudice dell’impugnazione.

In particolare, in materia d’impugnazione in appello, all’articolo 593 c.p.p. sono apportate, tra le altre,  le seguenti importanti modificazioni in chiave di effettività delle garanzie previste dall’art. 521 c.p.p.: «Salvo quanto previsto dagli articoli 443, 3° co., 448,2° co., 579 e 680, c.p.p. l’imputato puo’ appellare contro le sentenze di condanna mentre il Pubblico Ministero può appellare contro le medesime sentenze solo quando modificano il titolo del reato o escludono la sussistenza di una circostanza aggravante ad effetto speciale o stabiliscono una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato.  2. Il pubblico ministero può appellare contro le sentenze di proscioglimento. L’imputato può appellare contro le sentenze di proscioglimento emesse al termine del dibattimento, salvo che si tratti di sentenze di assoluzione perchè il fatto non sussiste o perchè l’imputato non lo ha commesso.»

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