LA TUTELA PROCESSUALE FRAZIONATA DEI DIRITTI DI CREDITO: IL NUOVO ORIENTAMENTO DELLA CORTE DI CASSAZIONE

Il commento a cura dell’Avv. Ugo Altomare e della Dott.ssa Alessandra Pepe

 

Con ordinanza del 20 settembre 2021, n. 25413 la Corte di Cassazione ha stabilito che, nei casi in cui i crediti derivanti dal medesimo rapporto obbligatorio vengano ad esistenza e diventino esigibili in momenti differenti, il creditore può legittimamente avvalersi di una tutela processuale frazionata e introdurre volta per volta differenti e successive azioni giudiziarie preordinate al riconoscimento soltanto dei crediti divenuti già esigibili al momento dell’avvio del singolo giudizio avente ad oggetto siffatti, già scaduti, crediti.

La Suprema Corte ha così chiarito la portata applicativa del principio di divieto del frazionamento processuale del credito così come specificato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 23726 del 15 novembre 2007.  Secondo il tradizionale orientamento l’applicazione del suddetto principio richiede quale indefettibile presupposto logico – giuridico, che vi sia un soggetto che, in relazione ad uno stesso rapporto obbligatorio, abbia già maturato una pluralità di diritti di credito nei confronti di un certo debitore e che, nonostante ciò, pur essendo i predetti diritti di credito già venuti ad esistenza nella sfera giuridica del creditore e quindi già tutti esigibili, decida egualmente di azionarli non già in unico procedimento giudiziario, bensì in differenti procedimenti.

La ratio del divieto risiede nell’esigenza di non disperdere le risorse della giustizia con la proposizione di numerosi micro-procedimenti aventi ad oggetto lo stesso thema decidendum, che implicherebbe una inutile duplicazione dell’attività istruttoria. Inoltre, la parcellizzazione della domanda giudiziale rappresenta un ulteriore aggravio della posizione del debitore, che sarebbe costretto a costituirsi in una pluralità di procedimenti giudiziari (oltre che a sostenerne le spese processuali), sebbene relativi al medesimo rapporto in contestazione. Il frazionamento del credito contrasta infatti con il principio di buona fede e correttezza, che deve orientare il comportamento dei privati non soltanto nella fase fisiologica del rapporto (formazione ed esecuzione del contratto), ma anche nella fase patologica del ricorso alla tutela giurisdizionale. L’inutile parcellizzazione processuale del credito configura una fattispecie di abuso del diritto, sub specie abuso del processo, che contrasta anche con il superiore principio costituzionale del giusto processo (111 Cost.).

È in tale prospettiva che si inserisce l’ordinanza dello scorso 20 settembre 2021 con la quale la Corte di Cassazione ha posto in discussione la tassatività del divieto di frazionamento processuale del credito ammettendone invece l’ammissibilità nei casi in cui «il creditore, sia pure con riferimento ad un medesimo rapporto obbligatorio, azioni in sede giudiziaria solo ed esclusivamente il singolo credito di cui sia già in quel preciso momento storico divenuto titolare e solo successivamente azioni, sempre in sede giudiziaria, l’ulteriore credito di cui sia divenuto titolare soltanto successivamente». In tali circostanze non si è al cospetto di alcuna abusiva parcellizzazione processuale di più diritti di credito, bensì solo ed esclusivamente della legittima scelta del creditore di richiedere l’accertamento e la tutela processuale dei diritti di credito di cui egli è divenuto titolare a mano a mano che tali diritti risultino non solo presenti nella sua sfera giuridica, ma anche giudizialmente tutelabili, ovvero esigibili anche in sede processuale.

In conclusione, la tutela processuale frazionata non si risolve in un abuso del processo quando le azioni vengano introdotte in momenti diversi per chiedere la soddisfazione di crediti che vengano e divengano esigibili in momenti differenti. In tale prospettiva, la tutela dell’interesse del creditore, viene ritenuta preminente rispetto ad altri innegabili principi in gioco, e, in particolare, quello del giusto processo.

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