LE SEZIONI UNITE DELLA CORTE DI CASSAZIONE SUI LIMITI DELLA GIURISDIZIONE AMMINISTRATIVA

Con la sentenza n. 2582 del 2 febbraio 2018, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione Civile si sono pronunciate all’esito di un giudizio di impugnazione di una decisione del Consiglio di Stato promosso sulla base di un presunto “eccesso di potere per superamento dei limiti della giurisdizione” amministrativa.

Nel caso concreto, un Comune, mediante una gara pubblica, aveva aggiudicato ad un’Associazione Temporanea di Imprese il servizio di ristorazione scolastica.

Il concorrente classificatosi al secondo posto della graduatoria finale della procedura aveva impugnato l’aggiudicazione dinanzi al competente Tribunale Amministrativo Regionale, segnalando di avere inutilmente informato, con preavviso di ricorso, la Stazione appaltante che la Società capogruppo dell’ATI aggiudicataria era stata, alcuni anni prima, destinataria di un provvedimento, emesso da un distinto Comune, di “annullamento in autotutela di una procedura negoziata d’urgenza”, con conseguente decadenza dalla procedura. La Stazione appaltante aveva ritenuto di non tener conto delle informazioni ricevute, rilevando che la circostanza non era mai stata segnalata all’Autorità di Vigilanza, e ritenendo che non sussistessero gli elementi del grave errore nell’ambito dell’esecuzione dell’appalto.

Il Tribunale Amministrativo aveva accolto l’impugnazione, per il fatto che il concorrente aveva l’obbligo di dichiarare l’avvenuta decadenza ai sensi dell’art 38, comma 1, lett. f), del D. Lgs. n. 163/06, sicché, non essendo possibile avvalersi del soccorso istruttorio, la Stazione appaltante, una volta venuta a conoscenza della situazione, non avrebbe dovuto dare conferma all’aggiudicazione.

La sentenza del TAR era stata confermata dal Consiglio di Stato con decisione successivamente impugnata, davanti alla Corte di Cassazione, dalla Società capogruppo dell’ATI esclusa.

In sostanza, la ricorrente sosteneva che il Giudice amministrativo avesse illegittimamente esteso il proprio sindacato alla valutazione della Stazione appaltante circa la gravità del presunto errore professionale commesso dall’originaria aggiudicataria nell’esecuzione del precedente e distinto contratto di appalto. In altri termini, secondo la ricorrente, il Consiglio di Stato avrebbe illegittimamente valicato i limiti dei propri poteri sostituendosi all’Amministrazione, alla quale soltanto spetta la valutazione della sussistenza di elementi idonei a rompere il vincolo fiduciario con l’operatore economico.

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile, poiché l’oggetto del giudizio amministrativo non era rappresentato dalla valutazione della gravità dell’errore commesso, quanto piuttosto la violazione dell’obbligo informativo di cui al citato art. 38 del D. Lgs. n. 163/06.

Nel caso di specie, pertanto, il Giudice amministrativo non si era affatto sostituito al Comune interessato in valutazioni di merito sulle scelte da operare in concreto, ma aveva constatato che l’ATI originaria aggiudicataria non aveva rispettato l’obbligo di comunicare pregresse risoluzioni contrattuali anche se relative ad appalti affidati da diverse Amministrazioni.

L’incompletezza delle informazioni lede il principio di buon andamento dell’amministrazione, precludendo la possibilità di una celere ed affidabile decisione in ordine alla ammissione del concorrente alla gara pubblica.

La Suprema Corte ha, inoltre, spiegato che <<l’eccesso di potere giurisdizionale, denunziabile sotto il profilo dello sconfinamento nella sfera del merito, è configurabile solo quando l’indagine svolta non sia rimasta nei limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato, ma sia stata strumentale a una diretta e concreta valutazione dell’opportunità e convenienza dell’atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell’annullamento, esprima una volontà dell’organo giudicante che si sostituisce a quella dell’amministrazione (…) >>.

Una simile situazione non ricorreva affatto nella fattispecie scrutinata, giacché si trattava esclusivamente di constatare il mancato rispetto di un dovere sanzionato a pena di esclusione.

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