LE SEZIONI UNITE DELLA CORTE DI CASSAZIONE A PROPOSITO DELL’ESTENSIONE DELLA GIURISDIZIONE ESCLUSIVA DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO IN MERITO AI RAPPORTI DI CONCESSIONE DI BENI E SERVIZI PUBBLICI

Nella recentissima sentenza n. 9682 del 5 aprile 2019, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono occupate dell’ambito di estensione della giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo in tema di concessioni di beni e servizi pubblici già prevista dall’art. 33 del D. Lgs. n. 80/1998 e dall’art. 5 della legge 21 luglio 2000, n. 205, ed oggi confermata dall’art. 133, comma 1, lett. b) del Codice del Processo Amministrativo.

Nel caso esaminato dalla Corte, il ricorrente, nel quadro di un articolato atto di impugnazione, sosteneva che la giurisdizione amministrativa in merito alle procedure di affidamento dei contratti pubblici relativi a servizi e forniture si estenda a tutte le controversie connesse a tali rapporti: pertanto, secondo il ricorrente, rientrerebbero nella giurisdizione amministrativa esclusiva anche le contese attinenti al mancato utilizzo di una procedura ad evidenza pubblica, all’impiego delle forme della procedura negoziata o della trattativa privata al di fuori dei casi consentiti dalla legge o, ancora, alle fattispecie di rinnovo del contratto.

La questione in esame concerneva, per l’appunto, un contratto di appalto con ad oggetto l’attribuzione novennale del servizio di ristorazione-bar presso un ospedale, contratto che era stato stipulato, in assenza di una previa gara ad evidenza pubblica, in violazione della legge che vietava il rinnovo di contratti scaduti (art. 23 della legge n. 62 del 2005 applicabile ratione temporis).

Tanto il giudizio di primo grado, quanto l’appello si erano conclusi, in accoglimento della linea difensiva dell’Azienda Sanitaria, con il riconoscimento della nullità del contratto, sicché la Società di ristorazione aveva riproposto le proprie ragioni in sede di legittimità, reiterando la tesi del difetto di giurisdizione del Giudice ordinario.

La Suprema Corte ha ripercorso la vicenda, evidenziando come il contratto controverso facesse seguito ad un primo negozio stipulato all’esito di una gara: il primo contratto era scaduto e, dopo circa cinque anni, le parti avevano deciso di rinnovare le condizioni del precedente accordo attraverso un secondo contratto non preceduto da alcuna selezione pubblica.

Conseguentemente, sebbene i due negozi avessero ad oggetto l’affidamento dello stesso servizio sulla base di condizioni analoghe, il secondo accordo doveva essere inquadrato come un contratto di diritto comune, le cui vicende patologiche restano rimesse alla giurisdizione ordinaria.

Come spiegato dai Giudici, infatti, il secondo contratto, quantunque di contenuto conforme, non poteva comportare una legittima prosecuzione del rapporto costituitosi a seguito della stipula del primo negozio: non potendo parlarsi di una proroga dell’efficacia della convenzione originaria, i due contratti restavano, perciò, distinti ed autonomi tra loro.

Ne conseguiva che il secondo accordo, giacché non preceduto da una selezione pubblica, risultava concluso in virtù di un affidamento diretto da parte dell’Azienda Sanitaria, e, quindi, estraneo tanto all’ambito della giurisdizione generale di legittimità, quanto a quello della giurisdizione amministrativa esclusiva in materia di concessioni di beni e di servizi pubblici.

Tale principio era già stato a più riprese sancito dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite, secondo cui l’attribuzione alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo di ogni controversia relativa ai rapporti di concessione di beni e servizi pubblici presuppone che i relativi giudizi vertano in merito alla verifica dell’azione autoritativa della P.A. sul rapporto concessorio sottostante, ovvero «che sia implicato l’esercizio di poteri discrezionali-valutativi nella previsione del complessivo assetto negoziale» (cfr. Cass. S.U., n. 13903/2001; Cass. S.U., n. 20939/2011; Cass. S.U., n. 21597/2018).

Nel caso scrutinato, invece, era palese che la controversia si incentrasse esclusivamente sulla validità del contratto stipulato tra le parti in difetto di gara e di un necessario provvedimento concessorio, di modo che «la causa ineriva un rapporto di diritto comune implicante unicamente il coinvolgimento di posizioni riconducibili a diritti soggettivi, donde la sua attribuzione alla giurisdizione del giudice ordinario, come esattamente ritenuto dalla Corte di appello (…) nell’impugnata sentenza».

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