L’ESERCIZIO DEL DIRITTO DI PRELAZIONE NEL PROJECT FINANCING DA PARTE DEL CONCORRENTE/PROMOTORE ESCLUSO DALLA GARA

Con la recentissima sentenza n. 1005 del 10.02.2020, la Quinta Sezione del Consiglio di Stato si pronuncia, nell’ambito di un project financing, sulla possibilità, da parte dell’operatore economico che ha promosso il progetto di pubblico interesse posto a base di gara ma che è stato escluso dalla stessa per non aver raggiunto il punteggio minimo richiesto nell’esame dell’offerta tecnica, di esercitare il diritto di prelazione previsto dall’art. 183, co. 15, d.lgs. n. 50/16.

Innanzitutto, il Giudice di appello ribadisce come la procedura di project financing si compone di due serie procedimentali strutturalmente autonome; la prima volta a individuare il progetto di pubblico interesse e connotata da amplissima discrezionalità amministrativa e la seconda di svolgimento della procedura selettiva ad evidenza pubblica assoggettata ai principi generali delle gare pubbliche, ma caratterizzata dal possibile esercizio, in capo al promotore del progetto, del diritto di prelazione.

In questo senso, dopo aver ricordato che la posizione del concorrente/promotore assume una “maggiore consistenza giuridica” e si diversifica da quella degli altri operatori partecipanti alla gara per effetto del diritto di prelazione e dei correlati diritti patrimoniali nella conseguente procedura di gara, il Consiglio di Stato s’interroga sul se tale carattere peculiare della procedura di project financing possa, altresì, travolgere i principi consolidati delle gare pubbliche nel senso di riconoscere tale diritto di prelazione e, dunque, l’aggiudicazione della gara al promotore che sia stato escluso per inidoneità dell’offerta tecnica.

Sul presupposto di garantire comunque “uno standard minimo di concorrenzialità” e un’ “astratta appetibilità” dell’affidamento, il Giudice amministrativo sancisce che il giudizio di inidoneità dell’offerta tecnica del concorrente/promotore derivante dal mancato raggiungimento del previsto punteggio minimo si riflette sul diritto di prelazione, rendendo la stessa offerta complessiva tamquam non esset anche ai fini della venuta a esistenza del diritto. Tale conclusione, a detta del Consiglio di Stato, si giustifica, altresì, in virtù della previsione contenuta nell’art. 183, comma 15 del d.lgs. 50/2016, che riconduce il diritto di prelazione “al promotore non aggiudicatario” e rendendo necessaria per la sua nascita “l’effettività della sua partecipazione alla gara, mediante la presentazione di un’offerta che, sino all’esito della procedura, sia stata comparata con le offerte presentate dagli altri concorrenti e figuri nella graduatoria finale in una posizione diversa dalla prima”.

In questo modo, nel difficile tentativo di ricondurre il diritto di prelazione ai noti canoni di concorrenzialità di derivazione euro-unitaria, il Consiglio di Stato lega la posizione del concorrente/promotore ai principi generali della gara ad evidenza pubblica, imponendo, in un’equa e condivisibile ponderazione dei molteplici interessi coinvolti, che quello ad un’ “astratta appetibilità dell’affidamento” non sia travolto dalle peculiari disposizioni caratterizzanti il project financing anche nel caso d’intervenuta esclusione del soggetto promotore.

 

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