NON SOLO DAL CODICE APPALTI PASSA LA RIPRESA DEGLI INVESTIMENTI

L’articolo “Non solo dal codice appalti passa la ripresa degli investimenti“,

a cura dell’Of Counsel Stefano De Marinis, pubblicato su Edilizia e Territorio del 5.05.2020

Nel dibattito da tempo in corso su come rilanciare gli investimenti infrastrutturali ed i lavori pubblici in genere, questione divenuta a questo punto decisiva se si vuole che l’Italia conservi ruolo nel ranking delle economie del pianeta, prima di domandarci se sia il Codice dei Contratti il vero ostacolo allo sviluppo, il punto da risolvere riguarda la responsabilità dei pubblici funzionari, sulle cui gambe appalti e concessioni necessariamente procedono.

Dando per acquisite due indispensabili precondizioni, l’esistenza della volontà politica di spingere, per intrinseca convinzione o per necessità, sulla leva degli investimenti e la disponibilità di risorse finanziarie da dedicarsi allo scopo – da tempo e da più parti rivendicate come esistenti e confermate, almeno per la parte a valere sui fondi comunitari in essere già assegnati all’Italia, dalle più recenti determinazioni della Commissione che hanno eliminato obblighi di cofinanziamento nazionale e vincoli di destinazione – occorre infatti mettere in condizione chi opera di agire senza paura, superando gli effetti di ciò che viene spesso indicato come “amministrazione difensiva” o “blocco della firma”.

Ad esempio, stabilendo che il pubblico funzionario possa essere perseguito per danno erariale solo all’esito di una condanna penale definitiva, oppure prevedendo un’esimente ex lege rispetto al l’ipotesi di colpa grave, laddove questi abbia agito in diretta applicazione di indicazioni ufficiali quali circolari o linee guida, analogamente a quanto disposto per i medici del servizio sanitario con la legge 24 del 2017.

Qualunque sia la soluzione tecnica percorribile, questa necessariamente precede il dibattito sul codice giacché, se irrisolta, destinata a riproporsi qualunque sia il quadro normativo in cui la mano pubblica venga chiamata ad operare; vieppiù laddove, come alcuni vorrebbe, se ne liberalizzasse l’attività, ad esempio generalizzando gli affidamenti diretti, posto che i più ampi margini di discrezionalità così ristabiliti rischierebbero di tradursi in uno stallo operativo ancor più marcato, causa gli accresciuti rischi di chi debba provvedere senza più riferimenti di appoggio. Nè l’opzione commissariale, anch’essa spesso evocata come panacea, appare risolutiva; per lo meno per sbloccare la generalità degli investimenti. Ma anche laddove si decidesse di procedere in tal senso per un numero individuato di interventi, occorrerebbe comunque prevedere, come peraltro avvenuto per lo stesso caso Genova, idonee forme di copertura delle responsabilità di chi agisce.

Venendo al tema codice, si è dell’avviso che una nuova infornata di regole, prefigurabile anche laddove ci si limitasse a decretarne la mera sospensione, per consentire almeno alla disciplina comunitaria di operare, rischia di stroncare sul nascere ogni aspettativa di immediato riavvio degli investimenti.
Come evidenziato dal Presidente del Consiglio di Stato Patroni Griffi e da alcuni altri interventi di questi giorni con i quali si concorda, infatti, l’approccio più utile pare esser quello di un intervento legislativo puntuale, che modifichi quelle previsioni che, per esperienza comune, appaiono come le più problematiche.

Sul contenzioso di gara, ad esempio, basterebbe chiarire quanto già oggi il codice implicitamente prevede, ossia che nel caso di impugnative di aggiudicazioni rispetto alle quali la sospensiva non venga concessa l’amministrazione è tenuta a stipulare il contratto senza attendere l’esito finale del giudizio di merito; accanto al chiarimento potrebbe introdursi la limitazione del danno risarcibile al solo utile indicato in offerta, laddove, in sede di merito, ne fosse riconosciuto il diritto all’operatore che ha subito pregiudizio.

Alcuni altri interventi puntuali condivisibili si leggono nel documento elaborato in aprile dal Dipe che, oltre alla stabilizzazione delle misure temporaneamente disposte dal decreto Sbloccacantieri dello scorso anno, suggerisce di elevare la procedura negoziata fino ai limiti di operatività della disciplina comunitaria, opzione che sottosoglia andrebbe riferita anche a servizi tecnici e di progettazione, e di estendere agli investimenti già inclusi nella programmazione la possibilità, oggi data ai privati solo al di fuori della stessa, di proporsi per la realizzazione a mezzo di contratti di partenariato pubblico privato.

Due ulteriori norme alle quali occorrerebbe puntualmente metter mano, riallineandone i contenuti alla disciplina comunitaria, sono quelle riguardanti le cause di esclusione ed il subappalto.

Riferendoci alla stretta attualità, relativamente agli effetti onerosi prodottisi sui contratti in corso al 23 febbraio 2020 a seguito dell’esigenza di osservare le disposizioni emergenziali di sospensione operativa conseguenti alla diffusione del Covid19, la possibilità di indennizzare gli operatori economici per tale voce potrebbe conseguirsi semplicemente adeguando il quarto comma dell’articolo 107, del Codice, semmai valorizzando il ricorso ai collegi consultivi tecnici per la determinazione del quantum, anche laddove non già attivati; per le risorse utilizzabili allo scopo, ne andrebbe permesso il recupero all’interno dei quadri economici o, in caso di loro incapienza, mediante accesso diretto ad un fondo ad hoc, da crearsi per legge, con facoltà di ricorso ad esso per tutte le amministrazioni pubbliche anche ai fini del pronto avvio, o riavvio, della fase esecutiva di tutti quei contratti per i quali occorra procedere agli aggiornamenti richiesti dalle mutate previsioni in tema di sicurezza.

Altra ipotesi sarebbe quella di permettere alle imprese, in un arco di tempo definito, ad esempio fino alla conclusione della fase emergenziale oggi fissata al prossimo 31 luglio, di proporsi direttamente per l’esecuzione di opere di importo inferiore alle soglie UE, già programmate e fin qui non avviate all’affidamento, sostituendo così l’iniziativa del privato alle più lunghe tempistiche per provvedere impiegate dall’azione pubblica. Ancora, estendere anche agli appalti le procedure del tipo “promotore” già previste dal Codice in caso di Partenariato Pubblico Privato.

Al di là delle fascinazioni extra ordinem, resta da dire dell’importanza del tema digitalizzazione che, laddove pienamente attuata, costituirebbe una delle auspicate riforme di cui il Paese da tempo necessita per tornare competitivo, innovando e generando in tal modo un contesto favorevole anche per investimenti pubblici e privati, attraverso un’azione amministrativa efficace e l’abbattimento dei costi di sistema.

In questo senso, oltre agli aspetti già inclusi nel codice, semmai ulteriormente da implementare ed accelerare quali la progettazione in Bim e l’utilizzo delle piattaforme digitali per la gestione degli affidamenti, il passo ulteriore potrebbe esser quello di associare a tali processi meccanismi di notarizzazione informatica dell’attività svolta, quale innovativo trade off tra il recupero di spazi di discrezionalità comunque svincolati da responsabilità dell’azione amministrativa, beninteso laddove non inquinati da comportamenti penalmente rilevanti, e possibilità, consentita dall’uso di detti meccanismi, di successiva verifica oggettiva dei termini con i quali l’attività è stata svolta.

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