PNRR – ANCHE SULLA STAMPA GENERALISTA SI RIACCENDE IL DIBATTITO RIGUARDANTE IL NUOVO CODICE APPALTI
La riforma del codice appalti va realizzata mettendo in sicurezza gli investimenti del Pnrr.
Pubblicazione di NT+ Enti Locali & Edilizia
Contributo a cura dell’ Avvocato Stefano De Marinis pubblicato da NT+ Enti Locali & Edilizia
Anche sulla stampa generalista si riaccende il dibattito riguardante il nuovo codice appalti.
Dopo che l’approvazione della delega e l’incarico affidato dal Governo Draghi al Consiglio di Stato per la stesura del relativo testo parevano aver messo in sicurezza il traguardo di giugno 2023, indicato nel capitolo riforme del Pnrr per l’operatività di una legge in grado di superare le storiche difficoltà del Paese nel dar corso agli investimenti pubblici, il tema pare riaprirsi, specie sul come attuare tale significativo cambio di rotta. L’occasione è fornita dagli interventi del ministro Salvini che sulla bozza messa a punto da Palazzo Spada, puntualmente consegnata lo scorso 21 ottobre al Governo, ha espresso l’esigenza di una forte semplificazione nel senso della riduzione quantitativa del testo ricevuto, composto di 230 articoli, dando compito di provvedere ad una commissione già insediata a Porta Pia che dovrà completare il lavoro entro la prima metà di dicembre, per la preliminare approvazione in Consiglio dei Ministri.
In disparte ogni valutazione di merito, la vera questione si pone sull’alternativa tra un testo che, pur migliorandole, si collochi nel solco delle precedenti compilazioni – ed è ciò che il Consiglio di Stato ha fatto – oppure operare in modo del tutto nuovo, codificando direttamente le fonti comunitarie per lasciare il dettaglio applicativo alla normativa secondaria, quali linee guida, circolari ecc. secondo il modello anglosassone peraltro spesso applicato anche dal legislatore europeo. Sul piano puramente tecnico, l’approccio innovativo implicherebbe, più che la mera riduzione di un articolato, anzitutto la modifica della legge delega n.78/22; inoltre la necessità di dipanare tutti i punti in cui le stesse direttive prevedono che siano gli stati membri a dirimere le opzioni lasciate volutamente aperte dal legislatore comunitario (Gli stati membri possono ….), ovvero le singole stazioni appaltanti (le amministrazioni aggiudicatrici possono … o possono essere obbligate dagli stati membri a …), con un’impostazione diversa rispetto a quanto fin qui operato, comunque non semplice da definire in un arco di tempo così circoscritto qual’è quello che chiude a metà dicembre.
Al di là dei problemi tecnici e del salto culturale che tale diverso approccio implicherebbe, va detto che il testo predisposto dal Consiglio di Stato prevede 41 allegati ancora da scrivere; più che alla riduzione del relativo testo occorrerebbe, forse, dedicarsi alla compilazione degli allegati che, in molti casi, ad esempio per la qualificazione degli operatori economici, sono decisivi per la valutazione finale del nuovo quadro di regolatorio. Più in generale, il vero problema è quello di conciliare il rispetto degli impegni per una nuova legge con la necessità di non rallentare i processi di spesa, prevedibile effetto di qualsiasi cambiamento di regole, tanto maggiore ne sia la portata innovativa. Il Pnrr, infatti, prevede che gli investimenti siano realizzati entro il 2026 ma, ancor prima, di completare gli affidamenti entro dicembre 2023. Bene dunque ha fatto la disciplina transitoria prevista nella bozza del Consiglio di Stato a stabilire che le nuove regole si applichino alle sole procedure avviate dal 1° luglio 2023, quando tutte quelle riguardanti gli affidamenti del Pnrr dovrebbero risultare già avviate, dato che per gli appalti comunitari la vigente normativa in deroga fissa in 6 mesi il tempo massimo per aggiudicare. È da chiedersi, dunque, se la soluzione non poteva esser quella di operare in stretta continuità con l’esistente, emendando il d.lgs. 50/2016 per porre a sistema quanto già previsto in primis dai decreti “semplificazioni” 2020 e 2021. Lo stesso Consiglio di Stato, del resto, ancorché in modo implicito, riconosce questa come l’opzione maggiormente idonea per non porre a rischio gli affidamenti del Pnrr; se trattasi di scelta valida in questa rilevante circostanza poteva esserlo anche a regime, posto che in essa trovano già idonea risposta numerosi aspetti ai quali il Governo intende lavorare per superare il cosiddetto blocco della firma, responsabilità erariale ed abuso d’ufficio inclusi. Qualsiasi sarà la scelta finale sembra comunque necessario mantenere una disciplina transitoria che disponga l’applicazione del nuovo quadro di regole a valle dell’esaurirsi degli affidamenti finanziati dal Pnrr, così come prorogare di qualche mese il termine del 1° luglio 2023, consentendo, per tutti i progetti implicati dal Piano, di portare a termine l’individuazione dei contraenti in continuità con la vigente disciplina, evitando comunque destabilizzanti cambiamenti di direzione.
Avvocato of counsel at Piselli & Partners
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