Obbligo dell’appaltatore di acquisire piena conoscenza dei luoghi di appalto: condizioni per l’esclusione della responsabilità.
Obbligo dell’appaltatore di acquisire piena conoscenza dei luoghi di appalto: condizioni per l’esclusione della responsabilità.
A cura degli Avv. Emilia Piselli, Avv. Fabrizio Vomero
Con la recentissima sentenza n. 28443 del 12 ottobre 2023, la Corte di Cassazione è tornata sul tema della responsabilità dell’appaltatore per la carente conoscenza dei luoghi oggetto delle lavorazioni contrattuali.
Nel caso scrutinato, un Comune sardo aveva affidato ad un’impresa la costruzione di un canale per la raccolta delle acque piovane; solo successivamente alla consegna dei lavori, l’appaltatrice aveva constatato la presenza di ostacoli all’esecuzione dell’opera costituiti da un pozzetto idrico con relativa condotta in polietilene, un palo dell’energia elettrica ed un serbatoio. A ciò si aggiungevano anche un furto di attrezzature e la scoperta della previsione di attraversamento di una strada provinciale.
Il Tribunale e la Corte d’appello investiti della questione hanno ritenuto che l’appaltatrice, per effetto dell’art. 130 del D.P.R. n. 154/99, vigente ratione temporis, avesse l’obbligo di ispezionare l’area e, quindi, appurare l’esistenza degli impedimenti materiali lamentati, in quanto per loro natura visibili.
In tal senso, secondo la Corte d’Appello,
«in mancanza di alcuna prova sul fatto che gli ostacoli non erano immediatamente percepibili all’atto delle indagini svolte (…) e che insistevano proprio lungo il tracciato dell’opera previsto dal progetto, non risulta giustificabile la mancata redazione del programma esecutivo dei lavori che ripetutamente il direttore dei lavori richiedeva (…). L’appaltatore non può muovere contestazioni che trovano il loro fondamento in una mancata conoscenza dei luoghi».
In buona sostanza, l’impresa, quantunque gli impedimenti fossero riscontrabili con un semplice accesso sui luoghi senza l’ausilio di particolari strumentazioni o conoscenze, ne aveva constatato l’esistenza solamente dopo la consegna dei lavori.
Anche per ciò che concerneva l’impossibilità di eseguire i lavori a causa della necessità di attraversare una strada provinciale, sebbene la richiesta dei relativi permessi incombesse effettivamente sul Comune committente, la Corte d’Appello aveva ritenuto l’appaltatrice negligente «per non aver redatto», nelle more del rilascio dei provvedimenti autorizzatori, «il programma esecutivo neanche per il secondo tratto del canale e (…) non aver compiuto le attività preliminari necessarie all’inizio di tale opera».
L’appaltatrice ha impugnato la sentenza di secondo grado dinanzi alla Suprema Corte sostenendo, tra l’altro, la violazione dell’art. 130 del D.P.R n. 554/1999, giacché i giudici di appello avrebbero erroneamente attribuito all’impresa la responsabilità degli errori progettuali posti in essere dalla committente, nonché imputato alla stessa appaltatrice prestazioni non esigibili in sede di consegna dei lavori.
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso.
Nel corso del giudizio di merito era stato appurato che il contratto di appalto, in linea con gli artt. 130 e 131 del D.P.R. n. 554/1999, obbligava l’appaltatore a svolgere un’accurata ispezione dei luoghi per prendere visione del suolo e del sottosuolo, segnalando eventuali difformità rispetto al progetto e, in caso di impossibilità di eseguire i lavori, iscrivendo riserva nel verbale di consegna.
Era stato, altresì, accertato che gli ostacoli lamentati dall’appaltatrice erano visibili attraverso un ordinario esame del territorio, mentre non v’era prova che gli stessi insistessero sul punto in cui le opere dovevano essere realizzate.
Pertanto, la sentenza impugnata ha rettamente applicato il principio secondo cui negli appalti, pubblici e privati, l’appaltatore, anche in assenza di una specifica pattuizione, deve effettuare il controllo della validità tecnica del progetto fornito dal committente pure con riguardo alle caratteristiche del suolo ove l’opera deve sorgere. Ne deriva che l’appaltatore non può invocare a sua discolpa la scoperta in corso d’opera di peculiarità geologiche del terreno tali da impedire l’esecuzione dei lavori.
La responsabilità dell’appaltatore potrebbe, invece, essere esclusa qualora le condizioni geologiche non siano accertabili con l’ausilio di strumenti, conoscenze e procedure normali (cfr. Cass., n. 5144/2020; Cass., n. 3932/2008).
Invero, come spiegato dalla giurisprudenza di legittimità,
«i limiti a tale responsabilità sono quelli generali in tema di responsabilità contrattuale, presupponendo questa l’esistenza della culpa levis del debitore, e cioè il difetto dell’ordinaria diligenza, onde solo se le condizioni geologiche non fossero state accertabili con l’ausilio di strumenti, conoscenze e procedure, per così dire, normali, l’appaltatore potrebbe andare esente da responsabilità per vizi e difformità della costruzione che dipendessero dalla mancata o insufficiente considerazione di quelle condizioni» (Cass., n. 3932/2008).
Ne consegue che l’appaltatore che, diversamente dal caso scrutinato dalla Suprema Corte, abbia rettamente adempiuto all’obbligo di ispezione dei luoghi di appalto, può positivamente contestare al committente la scoperta, in corso d’opera, di caratteristiche geologiche impossibili da accertare attraverso le modalità ordinarie.
Cass. n. 28443-2023