OBBLIGO DI PREVENTIVO CONTRADDITORIO – ESISTE OPPURE NO?
E’ molto dibattuto il tema sull’obbligo di preventivo contraddittorio in capo all’Amministrazione finanziaria.
E’ utile ripercorrere il tortuoso percorso giurisprudenziale sull’ obbligo dell’amministrazione di instaurare il contraddittorio con il contribuente.
Le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 18184 del 2013, avevano stabilito che l’inosservanza del termine dilatorio di 60 giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento determina l’illegittimità dell’atto impositivo, salvo casi di particolare e motivata urgenza. Infatti, tale termine è posto a garanzia del diritto al contraddittorio, che costituisce espressione dei principi costituzionali di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva; principi, questi, che implicano da parte dell’amministrazione finanziaria l’obbligo di comportarsi coerentemente, in modo non contraddittorio rispetto al proprio orientamento, lealmente ed in trasparenza, facilitando l’espletamento dei doveri dei contribuenti.
Eppure il diritto al contraddittorio è previsto dall’art. 12, comma 7 della legge n. 212/2000 solo per il contribuente che abbia subito un accertamento conseguente ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita la sua attività imprenditoriale o professionale.
Successivamente le stesse Sezioni Unite (sentenze n. 19667 e n. 19668 del 2014) sembravano aver messo una pietra sul passato, dichiarando un vero e proprio “principio generale del contraddittorio”, confermando il diritto di difesa del cittadino garantito dall’art. 24 Costituzione, nonché il buon andamento della Pubblica amministrazione. Orientamento, tra l’altro approvato anche dalla Corte Costituzionale con la pronuncia n. 132 del 2015 secondo cui nel nostro diritto vige il principio generale del contraddittorio, che trova applicazione a prescindere se contenuto in specifiche disposizioni di legge.
Tuttavia, recentemente le Sezioni Unite con la sentenza n. 24823 del 2015, hanno fatto un passo indietro limitando l’applicazione del contraddittorio, affermando che non esiste nel nostro ordinamento un obbligo generalizzato per l’Amministrazione di attivare il contraddittorio prima dell’emissione dell’atto, se non espressamente previsto dalla legge. Le sezioni unite hanno difatti ribadito l’orientamento maggioritario già formatosi in materia secondo cui, in tema di tributi non armonizzati, le garanzie fissate nell’art. 12, comma 7, legge n. 212/2000 trovano applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente. L’obbligo generalizzato di attivare il contraddittorio, infatti, è un principio di derivazione comunitaria e pertanto applicabile solo ai tributi “armonizzati” (IVA). Peraltro, anche per questa ipotesi, perché operi la sanzione di nullità del provvedimento, occorre che il contribuente dimostri che in tale sede avrebbe concretamente potuto produrre elementi difensivi. Con tale pronuncia si era dunque di fatto limitata l’applicazione dell’art. 12, comma 7, alle sole verifiche in loco.
In proposito la Commissione dell’Aidc (Commissione per la compatibilità delle norme italiane con il diritto dell’Unione europea) sezione di Milano ha lanciato spunti di riflessione.
Tale visione riduttiva del contraddittorio anticipato parrebbein contrasto con le indicazioni della Corte di giustizia che negli anni 60’ (vedi sentenza del 4 luglio 1963, causa 32/62) che aveva ritenuto il contraddittorio anticipato, un principio generale comune negli Stati membri dell’allora CEE, tra cui l’Italia, inteso come preventivo confronto tra la Pubblica Amministrazione e il destinatario del provvedimento. Come può, un principio generale trovare applicazione soltanto in alcune ipotesi?
E c’è di più, questo diritto al contraddittorio anticipato trova ancora specifica affermazione nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (art. 41) che nel 2009 con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona ha lo stesso effetto giuridico vincolante dei Trattati. Come è possibile, quindi negare il diritto al contraddittorio, senza violare gli obblighi previsti dai Trattati e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione?
Detto questo, appare doveroso affermare che sentire anticipatamente il destinatario di un provvedimento amministrativo a lui sfavorevole è un atto dovuto affinché non vengano lesi i principi fondamentali sia dell’Unione Europea che dell’ordinamento nazionale, e cioè il diritto di difesa e il dovere del andamento della Pubblica Amministrazione, e questo dovrebbe verificarsi sia nell’ambito dei tributi armonizzati come le imposte dirette che nell’ambito di quelli non armonizzati come le imposte dirette.
Uno spiraglio di speranza lo aveva lasciato la Commissione Tributaria della Toscana che con l’ordinanza n. 736/1/15 aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 7, legge n. 212/2000 nella parte in cui riconosce al contribuente il diritto a ricevere copia del verbale di chiusura delle operazioni di accertamenti e di disporre dei 60 giorni per eventuali controdeduzioni, nelle sole ipotesi di verifiche in loco.
Ancora una volta, la Suprema Cortecon la Sentenza 7137/2016 fa un passo indietro limitando l’esercizio del diritto anticipato al contraddittorio, evidenziando che il riconoscimento del diritto al contraddittorio alle sole verifiche in loco non è irragionevole poiché giustificato dall’intromissione dell’amministrazione nei locali aziendali.
Mettendo da parte per un momento l’evoluzione della giurisprudenza, occorre sottolineare, in ultima istanza, come alcuni degli strumenti di controllo messi a disposizione dal legislatore all’amministrazione finanziaria, non possano prescindere da un confronto tra contribuente e autorità. Primo fra tutti, gli Studi di Settore, strumento meramente statistico, non in grado, da solo, di rappresentare in modo completo e veritiero al meglio la situazione specifica di una singola realtà. La stessa Cassazione, come già detto, si è più volte espressa a favore del contraddittorio considerando addirittura nullo l’atto di accertamento privo del contraddittorio stesso.
Forse sarà difficile arrivare ad un Fisco giusto, equo, e non discriminante, ma noi non smettiamo di crederci.