PROROGA AUTOMATICA DELLE CONCESSIONI DEMANIALI MARITTIME AL VAGLIO DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA: VERSO UNA VALUTAZIONE CASO PER CASO?
Attualmente circa 30 mila imprese balneari italiane operano su arenile del demanio in regime di proroga delle concessioni di cui godono fino al 31 dicembre 2020, in virtù della proroga automatica sancita dal Legislatore nazionale con l’art. 1, comma 18, del d.l. 30 dicembre 2009, n. 194, nella versione risultante dalle modifiche apportate dall’art. 34-duodecies del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, articolo introdotto in sede di conversione con legge 17 dicembre 2012, n. 221.
Sia il T.A.R. Lombardia-Milano, Sez.IV^, con ordinanza del 26 settembre 2014 n.2401 che il TAR Sardegna, Sez. I^,con ordinanza del 28 gennaio 2015, n. 224 hanno rimesso la questione alla Corte di Giustizia Europea dubitando della conformità della suddetta proroga automatica ai principi di libertà di stabilimento, di protezione della concorrenza e di eguaglianza di trattamento tra operatori economici, così come con i principii di proporzionalità e di ragionevolezza.
Da ultimo, nell’ambito dei giudizi riuniti avanti alla Corte di Giustizia Europea, C‑458/14 e C‑67/15, l’Avvocato Generale della UE ha presentato le proprie conclusioni aderendo ai dubbi già sollevati dai due tribunali amministrativi affermando che la direttiva 2016/123/CE «impedisce alla normativa nazionale di prorogare in modo automatico la data di scadenza delle concessioni per lo sfruttamento economico del demanio pubblico marittimo e lacustre».
Come è noto, la principale ragione alla base della scelta del Legislatore italiano di stabilire la proroga automatica e generale dei rapporti concessori in essere era rappresentata dall’esigenza di salvaguardare gli investimenti economici effettuati dai concessionari demaniali e preservare l’equilibrio finanziario in capo a questi ultimi.
Tale impostazione tuttavia non è condivisa dall’Avvocato Generale, secondo cui “la giustificazione relativa al principio della tutela del legittimo affidamento invocata dai ricorrenti nel procedimento principale e dal governo italiano richieda una valutazione caso per caso che consenta di dimostrare, attraverso elementi concreti, che il titolare dell’autorizzazione abbia potuto aspettarsi legittimamente il rinnovo della propria autorizzazione e abbia effettuato i relativi investimenti. Detta giustificazione non può pertanto essere invocata validamente a sostegno di una proroga automatica, come quella istituita dal legislatore italiano, che è applicata indiscriminatamente a tutte le concessioni demaniali marittime e lacuali”.
Le conclusioni dell’Avvocato Generale collimano con quanto già affermato dal giudice amministrativo italiano, per cui: “la disciplina in esame non può essere giustificata dal principio di adeguatezza e proporzionalità, in relazione all’esigenza di preservare l’equilibrio finanziario del concessionario. In primo luogo, perché si tratta di una disciplina che incide in modo indifferenziato su una pluralità di rapporti concessori tra loro diversi, che possono esprimere o meno esigenze di equilibrio finanziario del concessionario, ipotizzabili in astratto, ma non suffragate da concrete indicazioni. Inoltre, la circostanza che l’equilibrio finanziario del concessionario debba essere necessariamente accertato in dipendenza delle caratteristiche del singolo rapporto concessorio e del tipo di investimenti effettuati dal gestore, conduce a ritenere che i casi di disequilibrio debbano essere valutati individualmente e possano giustificare al più misure di carattere amministrativo relative a ciascun rapporto, se connotato da squilibri finanziari e sulla base della disciplina convenzionale di ciascuna particolare concessione” (T.A.R. Lombardia-Milano, Sez. IV^, ord. 26.9.2014 n.2401).
Dal quadro sopra delineato, è prevedibile che la Corte di Giustizia affermi la contrarietà ai principi UE della normativa italiana, così come attualmente formulata, nella parte in cui dispone la proroga automatica ed indistinta di tutte le concessioni demaniali marittime fino al 31 dicembre 2020, senza operare una valutazione caso per caso.
In tale evenienza, pertanto, il Legislatore italiano sarebbe certamente chiamato ad un intervento normativo per arginare l’impatto dell’immediata applicazione dei principi comunitari alla materia in oggetto.
In ossequio ai principi comunitari, è auspicabile che il nuovo intervento legislativo introduca un sistema che valorizzi la fattispecie concreta, consentendo agli enti concedenti di apprezzare caso per caso le caratteristiche del singolo rapporto concessorio e del tipo di investimento effettuato dal concessionario, autorizzando la previsione di proroghe subordinate alla verifica delle mutate condizioni di equilibrio economico-finanziario.
A tal fine, un modello di riferimento potrebbe essere quello già ampiamente utilizzato nelle convenzioni disciplinanti il project financing. Come è noto, in tal caso, la normativa consente un revisione della durata del rapporto concessorio al verificarsi di eventi previamente individuati nella convenzione di concessione, quali le eventuali modifiche di ordine amministrativo imposte dalla P.A. concedente ovvero da altri soggetti pubblici; l’introduzione di modifiche legislative e regolamentari che stabiliscano nuove condizioni per l’esercizio dell’attività imprenditoriale ovvero il sopraggiungere di eventi imprevisti che non siano direttamente imputabili alle parti.