IL RUOLO DEL CONTRADDITTORIO ENDOPROCEDIMENTALE NELL’AMBITO DI UNA CORRETTA STRATEGIA DIFENSIVA
Corte di Cassazione Civile, Sez. 5, n. 5715-2016
Ulteriore passo avanti per il contribuente nell’ottica di una valorizzazione dell’attività difensiva svolta in sede endoprocedimentale. La recente sentenza della sezione tributaria della Corte di Cassazione, la n. 5715 depositata lo scorso 23 marzo, conferma l’obbligo in capo all’Agenzia delle Entrate di motivare l’avviso di accertamento derivante dall’applicazione degli studi di settore alla luce delle deduzioni difensive avanzate dal contribuente in sede di contraddittorio preventivo.
La sezione tributaria della Suprema Corte prosegue sul solco tracciato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 26635 del 18 novembre 2009 secondo cui, la pretesa impositiva derivante dall’applicazione della procedura di accertamento standardizzato da studi di settore, costituendo un sistema di presunzioni semplici prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, deve nascere procedimentalmente a seguito di un contraddittorio obbligatorio, il cui esito che deve far parte della motivazione dell’accertamento e nella quale devono essere esposte anche le ragioni per cui i rilievi difensivi del contribuente siano stati disattesi.
Nella vicenda trattata i giudici di ultima istanza censurano l’atto impositivo per carente motivazione, in quanto, negli accertamenti di carattere presuntivo come quelli da studi di settore, l’obbligo di motivazione non può ritenersi correttamente assolto con la sola indicazione dello scostamento dai parametri statistici, ma occorre dar prova dell’applicabilità degli standard al caso concreto, nonché indicare le ragioni per cui le osservazioni difensive del contribuente non sono state accolte.
Gli studi di settore, come tutti gli altri strumenti accertativi che agganciano la pretesa impositiva a delle mere presunzioni, devono sottostare al regime delle prove presuntive, non potendo da soli integrare la prova dell’evasione. Solo il passaggio attraverso il contraddittorio endoprocedimentale consentirà di agganciare le presunzioni semplici al caso concreto, innalzandone il valore e determinando un inversione dell’onere probatorio in capo al contribuente. Insomma, ciò che conferisce sostanza all’accertamento derivante dall’applicazione dei parametri è il contraddittorio con il contribuente e solo a seguito della corretta applicazione di tale procedimento potrà emergere la gravità, precisione e concordanza attribuibile alla presunzione basata sui parametri e la giustificabilità di un onere della prova contraria.
Occorre precisare che non sussiste in capo al contribuente alcun obbligo di partecipare al contraddittorio. La mancata partecipazione, se è vero che legittima l’ufficio tributario all’emissione dell’avviso di accertamento, non impedisce al contribuente di difendersi in sede giurisdizionale fornendo ciò che non aveva a suo tempo fornito in sede amministrativa. Tuttavia bisogna tener presente che, benché il diritto di difesa sia garantito in sede contenziosa, tale difesa subirà un’evidente contrazione: non sarà infatti più possibile per il contribuente censurare l’atto per difetto di motivazione, ma le doglianze dovranno inevitabilmente spostarsi sul merito, ovvero sulla dimostrazione dell’infondatezza della pretesa impositiva. In questo modo il contribuente perderebbe un importante strumento di contestazione dell’atto tributario, cosa di non poco conto se si considera la tendenza degli uffici accertatori a motivare in modo scarno i propri provvedimenti.
Questa recente sentenza, oltre a fornirci un’ulteriore conferma del fondamentale ruolo che riveste il contradditorio procedimentale in termini di strategia difensiva, assume rilievo, non solo in relazione agli studi di settore, ma anche in relazione a tutte quelle forme di controllo per cui la legge prevede l’attivazione di un contraddittorio preventivo all’emissione dell’atto di accertamento.